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Sostenibilità

Bilancio di sostenibilità: che cos’è, a chi è rivolto e a che cosa serve

Per valutare un’azienda non basta il bilancio ordinario: c’è un’altra voce che conta oltre a quella dei costi e dei ricavi: l’impatto sulla comunità.

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Negli ultimi anni, si è parlato molto del bilancio di sostenibilità ma a tanti non è ancora ben chiaro cosa sia, chi lo legga e a cosa serva. Spesso lo si confonde con il bilancio d’esercizio, quello attraverso il quale un’azienda racconta la sua situazione economica. Semplificando, si potrebbe dire che quel documento ne riporta costi e ricavi.

Che cos’è il bilancio di sostenibilità

Il bilancio di sostenibilità gli assomiglia nella forma ma non nella sostanza: è anch’esso un documento che racconta qualcosa in più. Oltre alla situazione economica, racconta l’impatto, sociale e ambientale, che l’attività ha sulla zona in cui opera.

Se un bilancio d’esercizio interessa a quelli che sono gli azionisti di una certa impresa o a coloro che comunque ci hanno investito dei soldi, quello di sostenibilità, detto anche sociale, interessa a una diversa platea di stakeholder: con questa parola ci si riferisce a tutte quelle categorie di persone che vengono toccate dall’attività svolta da una certa impresa, da un ente pubblico o anche solo da un’associazione. Loro sono riconosciute come titolate a sapere qualcosa di più del soggetto in questione.

Bilancio di sostenibilità: chi sono gli stakeholder?

Chi sono questi portatori di interesse? Sono tanti. I cittadini, in primis, ma anche i dipendenti, coloro che hanno rapporti economici con l’impresa, l’ente o l’associazione, come i fornitori, ma anche le autorità locali e i giornalisti. A loro si rivolge il bilancio di sostenibilità, che – come il bilancio vero e proprio – viene pubblicato una volta l’anno.

La definizione standard di responsabilità sociale è quella data dall’Unione europea, nel Libro verde della Commissione, del 2001: “Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Sei anni dopo, anche il ministero dell’Interno ha fissato la sua definizione: “Il bilancio sociale è l’esito di un processo con cui l’amministrazione rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato”.

PERCHÉ NON SI PUÒ FARE A MENO DELLA SOSTENIBILITÀ SOCIALE

Come si redige un bilancio di sostenibilità

Sì ma come si redige un bilancio di sostenibilità? Non c’è una legge che imponga un metodo uniforme ma esistono delle linee guida alle quali ci si può riferire: sono quelle del Global Reporting Initiative, un gruppo no-profit fondato a Boston nel 1997. Dal luglio 2018 entrerà in vigore la versione aggiornata con le nuove 36 linee guida che aiutino i soggetti interessati a fare relazioni comprensibili, esaustive e trasparenti per rendere conto della propria attività per quanto riguarda temi come la politica adottata nei confronti dei propri dipendenti, le emissioni di gas serra, la cosiddetta impronta idrica ecc…

La direttiva numero 95 del 2014 del Parlamento e del Consiglio dell’ Unione europea ha reso questo tipo di bilancio obbligatorio. Non per tutti in realtà. Sono tenute a redigere un bilancio di sostenibilità tutte le “ imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e gli enti di interesse pubblico che sono imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni, in ciascun caso aventi in media più di 500 lavoratori, nel caso di un gruppo, da calcolarsi su base consolidata”. La stessa direttiva, però, aggiunge che “ciò non dovrebbe impedire agli Stati membri di chiedere la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario a imprese e gruppi diversi dalle imprese che sono soggette alla presente direttiva”.