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MC2 Saint Barth: ecco com’è nato il marchio di beachwear Made in Italy

Dall’idea in Sardegna ai prototipi nel quartiere Porta Romana di Milano fino al “treno perso” Yoox. Max Ferrari, imprenditore e creatore del brand MC2 Saint Barth, si racconta al podcast ‘One More time’

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Max Ferrari è l’inventore dei costumi MC2 Saint Barth, brand di capi e accessori che con la tenacia e il coraggio del suo ideatore è oggi un simbolo del Made in Italy. Al podcast One More Time di Luca Casadei, l’imprenditore ha raccontato il percorso di questa azienda italiana, partendo dalle sue origini: «Nasco a Milano, e l’avere una famiglia molto quadrata e con regole rigide mi ha aiutato molto nel corso della mia vita. Quand’ero un ragazzino Milano era come un piccolo paesino, poi è arrivata l’epoca dei paninari. Quello è stato il mio approccio al mondo della moda».

Rompere il monopolio

Poi, dopo gli studi in Giurisprudenza, la grande svolta che ha portato alla nascita di MC2 Saint Barth: «Il progetto nasce in spiaggia, avevo 23 anni. La vita è fatta di treni, devi essere in stazione: ero in Sardegna e ho notato che tutti indossavano la stessa marca di costumi, Sundek, un prodotto iconico. Da lì ho avuto l’intuizione di creare un marchio dedicato ai costumi da bagno che potesse spezzare questo monopolio. Ma avevamo una convinzione: per fare magliette o costumi non bisognava avere un’azienda come i big dell’industria della moda italiana, ma una realtà artigianale. Il nostro primo prototipo lo ha realizzato un indiano in Porta Romana, cucito a mano. Prendeva 12 mila lire a costume. A quei tempi non serviva avere un magazzino, bastava avere un esemplare da mostrare ai negozianti e poi produrre il numero che serviva».

La strategia di successo di MC2 Saint Barth

Ma gli inizi non son stati facili: «In principio ci siamo rivolti a un agente, ma è stata una delusione. Ma avevamo un sogno, quindi io e il mio socio siamo saliti in macchina per girare tra i negozi. Abbiamo preso tantissime porte in faccia, però anche tantissime soddisfazioni. Agli inizi del 2000 i grandi marchi di lusso italiani erano in crisi, i negozianti se n’erano accorti subito e quindi ci stavano ad ascoltare. All’epoca essere in una vetrina dei negozi top di Milano o Porto Cervo era come essere in voga sui social oggi». E poi il boom: «Il tam tam tra i negozianti ci ha aiutato; altri puntavano sui vip che indossavano i loro prodotti, noi abbiamo premuto di più sui negozi e su quelli che oggi verrebbero chiamati “mini-influencer”. Siamo stati in grado di capire chi fossero i trend setter dell’epoca. Poi, col retail diretto, è arrivato il successo. Il nostro primo negozio monomarca lo abbiamo aperto a Porto Cervo, c’era un’atmosfera incredibile. Stavamo aperti fino alle 2 del mattino, riuscivamo a fare anche 7 mila euro al giorno vendendo i nostri costumi».

Il “no” a Yoox e uno sguardo al futuro

Oggi MC2 Saint Barth è un marchio italiano di beachwear diventato popolarissimo a livello globale e che guarda al futuro: «Oggi fatturiamo intorno ai 40 milioni di euro, con 1.500 negozi multimarca e 43 monomarca in tutto il mondo. Ma l’online rappresenta un terzo del nostro fatturato. Anni fa uscivo con una ragazza che si occupava di e-commerce per un altro brand molto importante, da lì ho capito quanto fosse facile. Era il 2007, siamo stati tra i precursori in Italia, tanto che ci contattò Yoox quando ancora non era il punto di riferimento della vendita online; ci proposero di entrare nel loro portale come unico riferimento per i costumi da bagno ma rifiutai per il costo. Dopo pochi anni Yoox esplose, fu uno dei treni persi più grandi della mia vita». Sulla sostenibilità, aggiunge: «Chi ci sta facendo cambiare mentalità sono i giovani. Tutti i nostri costumi oggi sono riciclati e riciclabili, ma quello lo fanno tutti, ormai. Quello che mi fa piacere è che il popolo giovane crede nella tutela dell’ambiente. La mia generazione deve avere voglia di imparare da loro».

Credits Images:

Immagine dalla pagina Facebook di MC2 Saint Barth