Protagonisti
Al servizio dello spettatore: la filosofia di Lucisano Media Group
Osservare con attenzione il mercato per coglierne evoluzioni, esigenze e opportunità. È il mantra che l’a.d. Federica Lucisano ha appreso da suo padre e saputo fare propria per far crescere l’azienda di famiglia. Benché affermare la propria leadership all’inizio non sia stato semplice…
Sessantacinque anni di storia, quotato in Borsa dal 2014, Lucisano Media Group controlla tutte le attività di produzione cinematografica IIF-Italian International Film e le sale del circuito Italian International Movieplex. Una realtà centrale per l’audiovisivo italiano, alla guida della quale, nel ruolo di a.d., siede da vent’anni Federica Lucisano (affiancata dal padre e presidente Fulvio e dalla sorella Paola, responsabile delle produzioni tv).
Cosa significa per una business woman oggi portare il prestigio di un nome pesante come il suo nel mondo del cinema italiano?
È una grande responsabilità. Se poi al fatto di essere “figlia di” aggiungi quello di essere donna, il risultato è che all’inizio ho dovuto fare doppia fatica sia in termini di credibilità all’esterno dell’azienda, sia in termini di affermazione della leadership nella gestione aziendale. Mi sono resa conto che all’inizio alcuni uomini facevano fatica ad ascoltare e, ancora di più accettare, la mia impostazione. Obiettivamente ancora oggi in quanto donna trovi sempre più ostacoli lungo il percorso. Dopodiché riconosco che essere entrata in un’azienda di famiglia mi ha avvantaggiato dal punto di vista dell’avviamento professionale, perché mi sono trovata in una struttura già consolidata e ben funzionante, ma proprio per questo ho sentito e sento ancora il “peso” della responsabilità di non rovinare tutto, ma al contrario di doverne migliorare i risultati.
Dopo il fenomeno Me too, con tutto quello che ha comportato, essere un’imprenditrice donna può rappresentare una marcia in più per far evolvere e cambiare l’immagine del settore audiovisivo?
Il movimento Me too ha accesso un riflettore sul problema, ma non mi sbilancerei fino a dire che abbia effettivamente portato dei cambiamenti. Onestamente non ne vedo. Diciamo che ha portato una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’affermazione della leadership femminile, ma siamo all’inizio di un percorso ancora lungo, soprattutto nel settore audiovisivo. Mi fa ben sperare il fatto che per la prima volta abbiamo in Italia una premier donna e apprezzo che abbia nominato, sempre per la prima volta, una donna – Giuseppina Di Foggia – amministratore delegato e direttore generale di una partecipata pubblica come Terna.
L’Italia è in prevalenza un Paese di aziende a conduzione familiare, che spesso perdono la scommessa del passaggio generazionale. Come lo avete gestito voi?
Devo dire che mio padre è sempre stato molto lungimirante e anche moderno nella sua inclusività di genere, pur appartenendo a un’altra epoca e avendo valori “antichi”. Di conseguenza anche un passaggio delicato come quello generazionale, benché ci possa essere stato qualche normalissimo attrito, è avvenuto in totale serenità, perché si è svolto con la consapevolezza di voler garantire continuità all’azienda e rafforzarne il valore. Dopodiché, visto che mio padre, pur avendo delegato completamente la gestione, ricopre ancora la carica di presidente, rimane sempre una figura molto presente e ascoltata, pronta a dare consigli preziosi fondati sull’esperienza.
Come avete stabilito la divisione dei compiti con sua sorella? Lavorare con un familiare può non essere semplice…
La divisione dei compiti è stata abbastanza naturale, visto che mia sorella si è dedicata all’apertura della divisione tv. Credo che il nostro segreto, se così si può dire, sia stata proprio questa definizione chiara delle rispettive aree di competenza, in cui abbiamo totale autonomia in termini di gestione operativa. Dopodiché ovviamente il dialogo è sempre aperto e ci coordiniamo a monte sia sul fronte del cinema che della televisione.
Che tipo di azienda è diventata la vostra rispetto quella fondata da suo padre?
In 65 anni l’azienda è già cambiata molto. Se nei primi anni ‘60 ha guardato soprattutto al contesto internazionale e lavorato a molte coproduzioni, in seguito si è focalizzata sulla cosiddetta commedia all’italiana e poi ancora sui film d’autore. In sintesi, si è evoluta guardando alle richieste del mercato. Del resto, mio padre ha sempre sostenuto che il nostro datore di lavoro è proprio lo spettatore che paga il biglietto. Tradotto in termini moderni, bisogna guardare con attenzione il mercato, le sue evoluzioni e le opportunità che offre. È chiaro che un’azienda di questo tipo debba prestare particolare attenzione al processo della scrittura, perché è lì che il prodotto trova la sua forza, sia che si tratti di cinema che di serie tv.
Dove vi porterà il mercato nel futuro a breve termine?
A dire il vero stiamo seguendo il mercato già da diversi anni, avendo iniziato a occuparci prima di televisione e poi anche di documentari e docufiction. Abbiamo, inoltre, un rapporto molto organico sia con i tradizionali distributori cinematografici che con le nuove piattaforme Ott. Nel prossimo futuro continueremo a tenere d’occhio le evoluzioni del nostro settore, perché sono davvero velocissime.
Come state vivendo questa “mutazione genetica” dell’audiovisivo che vede convivere cinema in sala e su piattaforma?
È un cambiamento che, al suo arrivo, ha comportato un po’ uno scombussolamento generale. Il mercato è nettamente cambiato e bisogna cogliere le opportunità che ne derivano. È vero che la sala cinematografica ha sofferto, principalmente per la pandemia, ma quest’estate il cinema ha dimostrato di essere ancora un mercato vigoroso, dalla forte capacità attrattiva. Oggi, però, in sala c’è sempre più attenzione verso il film evento, quindi bisogna saper declinare il prodotto in base alle sue caratteristiche e alle esigenze del mercato. Detto questo, i film evento hanno ravvivato l’abitudine di andare al cinema, posso quindi azzardarmi a ipotizzare che un domani anche un film “medio “possa riconquistare la sua fetta di pubblico in sala.
Pensa che nel nostro Paese l’audiovisivo sia un mercato che riceve le giuste attenzioni?
Credo che la legge Franceschini sia stata fondamentale per la nostra cinematografia, perché finalmente ci ha dato adeguati finanziamenti e supporto. Manca, però, il cosiddetto ultimo miglio, cioè la definizione delle quote di investimento da parte sia delle televisioni che degli Ott. Sono fondamentali, perché è in atto un processo di internazionalizzazione importantissimo, ma allo stesso tempo dobbiamo tutelare anche i nostri prodotti nel nostro territorio.
A proposito di internazionalizzazione, cosa manca a noi italiani per conquistare sempre di più i territori internazionali?
C’è ancora molto da fare, ma dobbiamo partire innanzitutto da storie che siano esportabili. E poi puntare su autori riconosciuti a livello internazionale. Anche le coproduzioni internazionali e le opportunità offerte dagli Ott non vanno sottovalutate. Per esempio, ora sto lavorando a un film intitolato La festa della rivoluzione, diretto da Arnaldo Catinari, che narra della conquista di Fiume da parte di D’Annunzio. Questo è un tipo di storia che può avere un appeal internazionale, ma che al contempo ha una forte identità italiana.
Lucisano Media Group è una società quotata sul mercato Euronext Growth Milan dal 2014: come cambia la gestione di una società con la quotazione?
È stata una scelta fatta con l’intento di reperire le risorse necessarie per crescere senza passare attraverso l’acquisizione di un’altra azienda. Proprio grazie a questo passo ci siamo strutturati a livello manageriale evolvendo verso una società più industriale e meno artigianale. Questo ci ha aiutato anche nella pianificazione del lavoro e, quindi, nel cogliere le opportunità offerte dal mercato, oltre che sul fronte dell’internazionalizzazione.
Questa intervista è stata pubblicata su Business People di novembre 2023. Scarica il numero o abbonati qui