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Mi piace lavorare
Le aziende hanno un ruolo sociale e i manager devono avere un sogno da realizzare, un obiettivo che li guidi a rivoluzionare «l’organizzazione e i rapporti all’interno della propria società senza mai perdere di vista il risultato, certi che lo sviluppo di una nuova cultura aziendale permetta di posizionare marchi e prodotti a livello eccelso». È con questa motivazione che qualche mese fa Mario Franzino, amministratore delegato e direttore generale di Bsh Elettrodomestici, è stato insignito del premio Perle di Eccellenza 2007 di Manageritalia. E non poteva essere altrimenti data la passione che ogni giorno mette nel suo lavoro. Una passione che va ben oltre le mansioni tradizionali di un manager e lo rende capace di trasferire il proprio sogno alle persone con cui lavora.
In una recente intervista lei ha affermato: «Negli ultimi anni le aziende hanno privilegiato gestione e controllo rispetto alla creatività generale». Come può essere creativo un manager?La creatività è fondamentale all’interno delle imprese. Essere creativi vuol dire concepire il proprio lavoro come qualcosa che va oltre le proprie mansioni. Vuol dire essere sempre curiosi, attivi, identificarsi in ciò che si fa. Vuol dire saper tradurre in stimoli per il proprio lavoro le esperienze di vita quotidiana. La maggior parte dei ragazzi parla un linguaggio diverso quando è fuori dall’ufficio, parla in modo più confidenziale, informale. Ma perché? Questa è la vita. Il nostro lavoro consiste nel rapportarci ai consumatori per capire che cosa vogliono, ma se poi questo presuppone una traduzione di ciò di cui hanno bisogno in un linguaggio “aziendale” non va bene. È necessario essere molto più percettivi, attenti a ciò che succede. Cercare di capire esattamente le varie situazioni e viverle. È fondamentale che il manager sia attento a ciò che lo circonda, che riesca a costruire un progetto e che abbia un sogno.
Che cosa significa avere un sogno?Vuol dire avere un obiettivo. Il sogno è fondamentale, senza non si può andare da nessuna parte. È la spinta che ti fa svegliare la mattina, che ti appassiona, che ti aiuta a passare i momenti di difficoltà, a superare qualsiasi tipo di ostacolo e frustrazione. E si costruisce nel tempo, con il passare degli anni assume contorni sempre più definiti. Il manager deve essere capace di trasferire il proprio sogno alle persone con cui lavora. L’azienda non è nient’altro che una piccola parte della società, in questo senso ognuno di noi ha la responsabilità di costruire valori attraverso i risultati ma anche attraverso un atteggiamento positivo.
La focalizzazione sulla gestione e sul controllo ha spesso portato, però, a un orientamento a risultati di breve periodo piuttosto che a sviluppare e perseguire strategie di lungo…Il manager deve portare avanti un cambiamento culturale, deve cambiare le regole.
Ma si possono cambiare le regole se la proprietà dell’azienda non è d’accordo?È necessario avere una visione e non delle allucinazioni. Questo significa che è fondamentale puntare al raggiungimento di risultati concreti, tenendo conto degli azionisti e delle variabili economiche, e allo stesso tempo cambiare atteggiamento. Questo presuppone una conoscenza approfondita delle regole su cui si basano l’attività e l’organizzazione. Per questo motivo è difficile che si riesca a realizzare un reale cambiamento nell’arco di poco tempo. Non credo a chi racconta che è possibile ristrutturare e rilanciare un’azienda in due anni.
Di quali caratteristiche deve essere dotato il manager moderno?Oggi il prodotto in sé non basta più, sono necessari anche un modus operandi, una profondità e una capacità di riflessione che vadano a formare un pacchetto unico insieme al prodotto. La rivoluzione tecnologica aiuta, ma noi lavoriamo nel mercato degli elettrodomestici bianchi e di passaggi epocali non ce ne sono. Non c’è la rivoluzione del digitale o del Blu ray. Noi vendiamo lavatrici. Un tempo potevamo dire che erano tedesche e quindi migliori delle altre. Ora sono tutte A+. Per questo motivo il manager deve essere dotato di una grandissima dote di sensibilità e attenzione nei confronti delle persone perchè solo con una fortissima squadra, con un forte spogliatoio, si vincono le gare. La volontà delle persone e la loro dedizione è un vantaggio competitivo enorme.
Ma come si fa a creare un gruppo di persone dedicate e di volontà?Si deve costruirlo. Anche questo fa parte dei compiti del manager. È chiaro che se ogni anno cambia i suoi collaboratori, non ha considerazione delle persone che ha vicino oppure non si impegna a farle crescere, è molto difficile che riesca a creare una squadra. Facciamo un piccolo confronto calcistico. Milano ha due squadre. Quando l’Inter ha comprato tutti i più grandi calciatori del mondo, e nei tempi giusti, io da milanista ne soffrivo. Ma l’Inter non vinceva perché non c’era uno spogliatoio forte. Lo sport insegna moltissimo. Analogamente i manager devono costruire dei gruppi storici, con una cultura di base affermata, grande equilibrio e forza di volontà, e porre vicino a questi dei giovani che possano apprenderne i talenti e integrarli con le proprie competenze. Non ha più senso parlare di ufficio marketing, ufficio vendite e ufficio acquisti come entità separate e autonome. L’azienda ha complessità che riflettono quelle del mondo moderno, non può quindi strutturarsi in compartimenti stagni, ma deve essere trasversale. È una sorta di laboratorio continuo dove i manager lavorano con le persone per il mercato, ci deve essere questo continuo confronto e scambio di esperienze e sensazioni. Ancora di più in congiunture economiche difficili, complicate come quella di oggi, con recessioni in atto e tassi di inflazione alle stelle.
In che modo è cambiato o deve ancora cambiare il ruolo del manager rispetto al passato?Il manager deve capire che non è semplicemente il capo, non controlla dei fogli, ma porta la bandiera della cultura aziendale. Deve lavorare sulla materia umana per creare un gruppo compatto che sia in grado di realizzare risultati e goderne. È responsabile in prima persona della creatività e deve essere in grado di trasmetterla ai propri collaboratori. Il suo cervello deve essere sempre attivo e percettivo. Non deve decidere a priori quanto deve lavorare, perché lavorare è bello.
Qual è il suo sogno?È sempre stato quello di avere una squadra di successo, un gruppo formato da persone che un domani possano portare questo atteggiamento nuovo e creativo in altri contesti. Bisogna sforzarsi affinché le persone che dialogano con noi facciano lo stesso con altre persone, le facciano crescere. È necessaria una grande maturità. A parte che mi dicono che tutti i giovani oggi sono maturi, capaci, istruiti, conoscono le lingue… mi dicono…
È ironico?No, non sono ironico. Ma i giovani devono capire che tutti abbiamo avuto delle difficoltà, tutte le generazioni hanno affrontato problemi ben seri, ma hanno avuto la capacità di reagire. Basti pensare a grandi avvenimenti del passato come l’assassinio di Martin Luther King, John Fitzgerald Kennedy e Gandhi oppure il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. La comunicazione sembra fatta ad hoc per trasformare tutto quanto in banalità e lasciare sopita la coscienza delle persone, ma è necessario riattivarla perché vicino a noi ci sono dei drammi spaventosi e persone che sono riuscite a uscire da questi drammi con grande volontà e caparbietà. Ogni epoca ha avuto delle difficoltà tremende e ci sono state persone giovani che hanno cambiato il modo di fare ed essere della società. La vita è difficile e sarà sempre più difficile. A fronte di sette momenti di frustrazione c’è un momento di grande felicità. Ma che nessuno racconti che non si devono più avere sogni. Sono l’unico stimolo a cambiare la situazione.
Ma la scuola, ad esempio, non aiuta a sviluppare il sogno?Sono i giovani che si devono aiutare da soli. Hanno caratteristiche e personalità, possono cambiare le cose e ci devono credere. Devono avere passione e un obiettivo che non può semplicemente essere quello di lavorare nel marketing strategico, come si sente in molti colloqui. Che cos’è il marketing strategico? I giovani talvolta hanno delle visioni distoniche della realtà.
Colpa dell’università?Ma non dicevamo che i giovani sono intelligenti? Le persone intelligenti credono fino a un certo punto a quello che gli viene detto. Nel ‘68 i giovani non ci stavano. Non so se era giusto o no, ma non ci stavano. È questa la responsabilità civile e vale anche nelle aziende. I giovani non sono più provocatori, si sono impigriti purtroppo.
Dal punto di vista privilegiato di chi lavora in una multinazionale tedesca, quali sono i pregi e i difetti dei manager italiani?In Italia ci sono persone eccelse – soprattutto in ambiti creativi quali la moda e il design – però è importante che queste generino network e diffondano cultura, cioè che insegnino al giovane a indirizzare la propria creatività, a non cedere alla banalità e affrontare le difficoltà. Che i manager, gli architetti, gli attori diventino come dei tutor. Bsh è presente in 70 Paesi, ha 38.000 dipendenti e un giro d’affari di 8,3 miliardi di euro. È presente in Italia dal 1993.
In che cosa il gruppo fa tesoro dell’italianità di Bsh Elettrodomestici?L’Italia è uno dei Paesi più importanti per il mercato dell’elettrodomestico e noi siamo l’unica azienda tedesca che è uscita negli anni a conquistare quote importanti. I nostri marchi sono integrati nella società italiana. Le attività che facciamo sono apprezzate dall’headquarter tedesco. Ma non è questione di essere italiani o tedeschi. È piuttosto espressione di un atteggiamento e di un approccio che sono parte di questa azienda. Dopo 25 anni in Bsh mi rendo conto che questo gruppo mi ha dato moltissimo.
Le infrastrutture e la burocrazia italiane permettono alle aziende di crescere?Negli ultimi anni abbiamo accettato situazioni assolutamente non logiche. Come è possibile che un Paese moderno abbia perso un anno a parlare del problema dei rifiuti a Napoli senza attuare alcun intervento? È una cosa inaccettabile, che non riesco a capire. La politica deve farsi delle domande. Come è possibile che chi ha il comando non sia in grado di esercitarlo? Stimo moltissimo gli italiani. Non credo che un altro popolo avrebbe potuto sopravvivere a così tanti governi come è successo in Italia, dal Dopoguerra a oggi. Con una politica più equilibrata e trasparente credo che questo Paese potrebbe realizzare dei risultati eccezionali.
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Mario Franzino