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Gusto

Vino: Venezia, da bere

Il legame tra la Laguna e il vino a­ffonda le radici in un lontano passato, la cui eredità è ancora viva e tutta da gustare, come dimostrano i frutti dei vitigni coltivati nel territorio, persino in piena città

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Le denominazioni di vino legate alle città hanno avuto una storia complessa e non sempre fortunata, ma la magia di Venezia è riuscita a creare un’eccezione. Oggi non solo la relativa Doc tutela i nettari prodotti sia nella provincia di Venezia che in quella di Treviso, ma il consorzio Vini Venezia promuove anche altre chicche italiane che non avrebbero la forza necessaria per farlo da sole. In particolare, le eccellenze Lison Docg e Malanotte del Piave Docg, le Doc Venezia propriamente dette e le due Doc storiche Lison-Pramaggiore e Piave.

Il legame della laguna con il vino è sempre stato profondo e lo dimostrano i vigneti che stanno rinascendo proprio in città. Pensiamo al grande lavoro portato avanti da Bisol con il progetto di accoglienza e viticoltura Venissa, sull’isola di Mazzorbo, dove nascono i rari Venissa Bianco e Venissa Rosso ma anche il Venusa. Tra i calli e i giardini nascosti di Venezia si svolgono anche i lavori del professor Attilio Scienza, delle Università di Milano e Padova e del Cravit di Conegliano, i cui risultati sono visibili nel convento dei Carmelitani Scalzi, a un passo dalla Stazione Santa Lucia, e sull’isola di Torcello, nella tenuta Baslini. In questi vigneti sperimentali trovano posto antiche varietà, testimonianza degli antichi traffici della Venezia del XIII secolo: Malvasia nera di Lecce, Malvasia di Sitges, Malvasia di Candia, Malvasia di Candia aromatica, Recantina, Dorona, Raboso, Grapariol, Marzemino, Verduzzo, Bianchetta, Turchetta, e in più filari di Friulano, Glera, Luviana, Moscato giallo e altri cloni trovati nei giardini e vigneti di Venezia.

Da questi conventi escono pochissime bottiglie, oggetto di collezionismo, intriganti pezzi di storia liquida del territorio. Ancora oggi in zona si sfruttano molto questi vitigni, come le Malvasie, il Raboso, la Glera insieme ad altri autoctoni o individuati come tali, dal Tocai (nella Docg Lison) al Refosco fino al Verduzzo. Su questa eredità sono stati inseriti i cosiddetti vitigni internazionali che in qualche caso hanno preso davvero tanto spazio come nel caso di Pinot grigio, Chardonnay, Merlot e Cabernet.

Tra i vini più fascinosi, oltre alle Malvasie della Laguna, c’è il Raboso del Piave, il cui primo antenato fu menzionato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Il Raboso può essere fresco come il Potestà di Tenuta Bonotto delle Tezze o il Rosso Convento di Pizzolato, o raggiungere la sua maggiore intensità in nettari come il Malanotte Del Piave Docg, dove viene rinforzato da un processo simile al ripasso. Il Barbarossa della cantina vegana Pizzolato rapisce con il suo sorso energico accompagnato all’abbondante e vivacissimo di tannino, ma restano impressi anche i vini di Ca’ di Rajo, come il Sangue del Diavolo e il Notti di luna piena.

Altri grandi rossi nascono dal vitigno Refosco, come dimostra il Lison Pramaggiore Doc Roggio dei Roveri di Bosco del Merlo. Tra i bianchi eredi dei famosi vini della Serenissima, troviamo oggi il Venezia Doc Manzoni Bianco di Ornella Bellia o il Lison Classico Docg di Villa Bogdano 1880, biologico friulano ricco e opulento. L’importanza dello Chardonnay in questo territorio viene infine dimostrata da vini come il Bianco dell’Arnasa del Castello di Roncade.

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© Mattia Mionetto