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Gusto

Le vin en rose

Né rossi, né bianchi, ma non per questo incapaci di offrire al palato profumi raffinati e accattivanti. Breve rassegna dei migliori rosati della penisola

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I vini rosati sono l’unica tipologia di vino che i francesi sono costretti a chiederci in ginocchio di vendergli. E anche l’unica in cui siamo leader mondiali come export. Tutta una questione di consumi e di mode, soprattutto negli ultimi anni. Anche se su dieci bottiglie stappate al mondo solo una è di rosé, il consumo è fortemente concentrato in due Paesi, Francia e Usa, che da soli ne bevono metà della produzione mondiale (a seguire Germania e Uk), mentre la produzione vede i francesi al primo posto e l’Italia al secondo, inseguite da Usa, Spagna e Germania.

Guardando la nostra penisola e le nostre Doc, il termine rosato, in effetti, compare un numero impressionante di volte. Del resto abbondiamo di uve e vitigni ricchi di sostanze polifenoliche e, quindi, potenzialmente adatti alla produzione in rosa. Senza contare che spesso esistono pratiche enologiche di salasso, ovvero di svinatura di una parte del vino in fermentazione per concentrare il resto della massa, che producono rosati come “sottoprodotto” nella preparazione di rossi, come nel caso del Chianti Classico e di altri nettari a base Sangiovese.

Negli ultimi anni, in Toscana sono nati rosé molto accattivanti come il Rosato di Montemaggio (da Radda) con tappo a vetro per preservare freschezza e intensità di aromi, il Rosato di Castello di Radda, il Rosato da Montalcino di Biondi Santi (che esce sempre due-tre anni dopo la vendemmia, a sottolineare la sua eccezionalità). Sulla costa, da sempre patria dei rosati in Toscana, si mantiene sempre su livelli eccellenti il Rosato di Bolgheri di Michele Satta, con Sangiovese Merlot e Syrah che giocano su note di lamponi e ribes ravvivati da una freschezza impressionante, mentre arriva un nuovo vino biodinamico da DueMani, il Si, uno Syrah tirato in poche bottiglie molto glamour, con effetto ghiaccio e cera lacca sul collo, ma soprattutto una beva incredibile con ribes, rose e fragola carnosissima al palato.

FRANCIA E USA NE BEVONO DA SOLI

METÀ DELLA PRODUZIONE MONDIALE.

SEGUONO GERMANIA E UK

Se invece vogliamo lavorare di finezza, dobbiamo usare la tecnica della macerazione breve di uve appositamente coltivate per i rosati, con risultati più fini eleganti e armoniosi, ma anche con meno energia. In Umbria incontriamo la moderna azienda biologica RoccaFiore, che produce un rosato a base Sangiovese raccolto anticipatamente ai primi di settembre e lavorato a dare un colore rosa antico tendente al ramato, con sentori di melograno e lamponi che in bocca si rivelano molto meno dolci di quanto il naso faccia pensare. Tra le Doc da sempre famose per il genere, ogni anno si conferma ai vertici il Garda Chiaretto, ad esempio con il Ca’ Maiol, il Chiaretto 2013 dell’Agricola Provenza e il Selene Chiaretto 2013 dell’azienda Civielle di Moniga del Garda.

Scendendo al centro, il Montepulciano è un’uva che, se nei rossi deve ancora esprimere il suo vero potenziale, ha già convinto con la tipologia Cerasuolo e per rendersene conto basta assaggiare il Cerasuolo d’Abruzzo di Valentini oppure l’Unico 2013 della Tenuta Ulisse di Crecchio (Chieti) e, ancora, il recentemente premiato Maylea 2013 di Orsogna. Ma la vera patria dei rosati è la Puglia, dove il Four Roses di Leone de Castris è riuscito già da tempo a dimostrare la capacità del rosato di sfidare anche gli anni in bottiglia.

Tra i vini che di recente hanno colpito le giurie internazionali dei concorsi di settore, segnaliamo il Susumaniello Tre Tomoli Rosa, annata 2013, di Vigna Flora (a Castellana Grotte, Bari) alla sua prima annata, ottenuto dall’uva omonima con note irresistibili di melograno e ciliegie e il Rosato 2013 di Polvanera a Gioa del Colle (Bari) ottenuto da Filippo Cassano con uve Aleatico, un piccolo mostro di equilibrio tra materia e freschezza.

Sempre in Puglia, ottimi il Murgia Igt Primitivo Rosato EstRosa 2013 di Pietraventosa, un classico salentino come il Salento Igt Negroamaro Rosato Saturnino 2013 di Tenute Rubino, il sempre affidabile Negroamaro Rosato di Cantele, il Salento Igp Rosato Scaloti 2013 di Taurino e, infine, in quota bio e biodinamica il Castel del Monte Dop Rosato Ponte della Lama 2013 di Cefalicchio, con toni di china, cioccolato e beva da rosso mancato. Se poi amate i rosati affinati in legno (sono pochissimi!) un occhio di riguardo datelo al Castel del Monte Docg Bombino Nero Primaluce 2013 di Cantine Carpentiere; se invece siete dei fan di nicchia della terracotta, il vino da non perdere è il Salento Igp Rosato Magalino 2013.

Per finire con una novità delle isole, citiamo il rosato dell’Etna di Cottanera, un’inedito presentato all’ultima edizione di Vinitaly: il Barbazzale rosato, l’ultimo nato di questa bella cantina di proprietà della famiglia Cambria. Un vino piacevolissimo e al contempo profondo, con una grande sapidità, espressione delle peculiarità del suolo vulcanico. Sempre sull’Etna, ma dal versante Nord della Doc Faro, troviamo la giovanissima ma promettente azienda Le Casematte, coronamento del sogno di sempre del suo fondatore Gianfranco Sabbatino. Il Rosematte è un delizioso vino basato sul Nerello Mascalese delle vigne più giovani, e si presenta con un naso giocoso di fiori di campo e fragoline, e la freschezza del succo di arance rosse. È ideale per un aperitivo leggero, anche a base di verdure. Infine, per un bicchiere da accompagnare a un pranzo altrettanto leggero, c’è il Rosé di Planeta, connubio di freschezza e note fruttate, grazie alle uve Syrah della zona di Menfi vinificate in bianco. Mandarino e melograno, tocchi sapidi e una sensazione briosa di freschi frutti tropicali, contraddistinguono un vino che si presenta anche in bottiglia con tappo a vite, da stappare pure in barca, senza cavatappi.

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