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Lifestyle

Uomini in barba

Passerelle, campagne pubblicitarie e red carpet (così come le strade delle nostre città) sono sempre più spesso popolate da “guance pelose”. Solo i businessman sembrano immuni alla nuova moda. Almeno per ora

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La mia barba non è moda. È pigrizia». L’ha scritto su una t-shirt diventata immediatamente oggetto di culto tra i fan, e così Marco Mengoni, rivelazione di X-Factor, diventato in due anni star internazionale, stufo di sentirsi chiedere le motivazioni del suo radicale cambio di look – barba finto-incolta anziché il faccino glabro figlio dei reality – ha smontato centinaia di dibattiti che, nel corso dell’ultimo anno, hanno impegnato lookologi, psicologi, sociologi e gossippari di ogni tipo. Neomachismo, predominio hipster, ritorno del bello e dannato, neoprimitivismo e rivincita del retrosexual. Le teorie, con tanto di ricerche statistiche a supporto, hanno spaccato il “pelo” in quattro per riuscire a capire come mai, da qualche tempo a questa parte, l’uomo ha deciso di lasciare pennello e rasoio nel cassetto e di godersi compiaciuto la sua primordiale peluria facciale, nelle più diverse gradazioni. Dalle ultime passerelle maschili di Milano Moda Uomo e Pitti Uomo a Firenze (modelli dalla barba ordinata per Ermanno Scervino, folta e selvaggia per Zegna e Trussardi, pizzetto “borbonico” per Dolce & Gabbana) ai red carpet hollywoodiani e nostrani, barbe, barbette, pizzi e baffi hanno contagiato tanto il mondo dello star system quanto le tribù urbane, soprattutto dei 30-40enni. Hanno sfoggiato molteplici modalità di barba tutti i sex symbol del pantheon maschile, da George Clooney (folta, composta, e irresistibilmente brizzolata) all’onnipresente Matthew McConaughey, dall’eterno imberbe Justin Timberlake all’eterno e basta Robert De Niro. E anche tra i divi made in Italy il pelo ha cominciato a tirare: la barbetta incolta, un po’ ribelle e tanto affascinante, è diventata un must-look per tutta la schiera del nuovo cinema italiano, da Alessandro Preziosi ad Alessio Boni (che si è invece presentato nella versione “baffo anni Settanta” nella fiction Gli anni spezzati – L’Ingegnere), da Kim Rossi Stewart a Claudio Santamaria a Raul Bova. Ma si sono convertiti al beard style anche musicisti, chef (avete presente Carlo Cracco?) e sportivi: ad Andrea Pirlo il vello ha dato finalmente personalità, mentre – a sorpresa – pure il ct azzurro Cesare Prandelli ha sfoggiato una barba da vecchio saggio in questi mesi che lo separano dal mondiale.

“Scandalo” a corte

Segno di quanto i tempi siano a-changing, e di come quel dettaglio marginale e cadùco come la barba possa raccontarli meglio di qualsiasi trattato di sociologia, è lo scontro all’ultimo pelo che si è consumato durante le feste natalizie a Buckingham Palace, con il “cazziatone” (così dice il gossip) con cui la Regina Elisabetta ha investito il nipote Henry, lo scapestrato di famiglia, che si è presentato a tavola con un’incipiente barbotta rossiccia. «O la tagli o sei fuori da palazzo», sarebbe stato l’out out dell’imperscrutabile Regina. «Tagliati la barba, e tra noi è finita», pare abbia invece contro-intimato al nobile rampollo la fidanzata, Cressida Bonas (senza contare che su Facebook le fan del principino hanno consumato i pollici a furia di cliccare “mi piace” alla comparsa delle prime foto con il nuovo look). Siamo insomma al passaggio epocale. Altri tempi quelli degli intrighi e degli scandali a corte legati a primazie e successioni: ora anche la dignità della corona britannica si gioca sul filo del rasoio.

GARA A COLPI DI… PELIGARA A COLPI DI… PELI

Si terrà il prossimo settembre a Portland, nell’Oregon, l’11esima edizione (la terza statunitense) del The World Beard and Moustache Championships, il campionato mondiale che vedrà in gara le migliori e più sorprendenti pelurie del globo. Dopo la prima edizione del 1990, dal ‘95 il contest si è tenuto ogni due anni, ma dal 2014, giurano gli organizzatori, complice il risveglio a livello mondiale per barbe e baffi, dovrebbe diventare un appuntamento annuale fisso e itinerante. E infatti l’edizione successiva sarà già, nel 2015, a Leogang, in Austria.

Info: www.worldbeardchampionships.com

Da micio a macho

Che succede? Tutti diventati di colpo pigri, come ha detto Marco Mengoni? Che cosa sta capitando all’uomo contemporaneo se è vero che, come ha riportato un’agenzia economica, addirittura un colosso come Procter & Gamble nel 2013 ha registrato, tra i suoi brand che producono rasoi e creme da rasatura, un calo di fatturato del 16% rispetto all’anno precedente?Più che una scelta consapevole del macho del duemila, secondo i sociologi quella in atto è una reazione obbligata per la mascolinità sotto attacco. La barba, meglio se incolta, è l’ultima possibile – oltre che naturale – frontiera del maschio in un mondo dove le quote rosa dettano le regole e le donne stanno ormai conquistando peso e ruoli che l’uomo considerava suoi per diritto divino. Dalla politica alla finanza alle big corporation, cominciano a essere tante le poltrone che contano in mano a donne decise e autorevoli rispetto a una platea media di uomini bamboccioni che hanno non solo la faccia liscia, ma pure il cervello, nel senso di piatto. E così, se le donne hanno imparato a tirare fuori le palle (ci si passi il termine), gli uomini provano a correre ai ripari sfoderando l’altro loro unico attributo: la barba. Ultima espressione visibile di quel briciolo di testosterone che resta dopo un ventennio, tragico, di uomini efebici e in perdita di carattere, durante i quali la tipologia metrosexual – petto depilato e glabro, sopracciglia scolpite e sfoltite anche per lui – aveva ridotto il macho a un micio. Un vicolo senza uscita, per l’uomo, che si è accorto dell’errore con forse eccessivo ritardo. E così, se fino a cinque anni fa il non plus ultra del figo era un David Beckham rasato, lucido e smutandato con gli addominali ben definiti sui cartelloni pubblicitari nove metri per 16, oggi c’è chi sorride di fronte al suo erede, quel Cristiano Ronaldo scolpito e dal sopracciglio ritoccato che sembra essere arrivato ormai fuori tempo massimo. Un bamboccino che pare più un Big Jim che un ciclone di passione travolgente.

Indiscusso simbolo di virilità

Più che una scelta da ufficio stampa, per dare un volto nuovo alla star di turno, si tratterebbe dunque di un ciclico eterno ritorno del marchio di fabbrica maschile per eccellenza. Un via libera all’istinto, dopo due decenni di natura sottomessa alla razionalità dell’estetica alienante. Dicono gli antropologi, e confermano gli storici, che la barba è un tratto distintivo della virilità fin dall’epoca primitiva. Non solo perché la barba era il mezzo più semplice per mantenere la faccia dell’uomo cacciatore al calduccio e protetta da rami, spine, insetti ecc. (con buona pace delle donne, meno dotate di pelo, non tutte, certo…), ma anche perché una barba folta serviva come deterrente nel confronto tra uomini e animali: quella della folta criniera è ancora la prima arma che il leone sfodera in caso di minaccia, e mica per niente anche il tenero gatto di casa, quando si arrabbia, gonfia il pelo del dorso. L’uomo guerriero doveva per prima cosa avere una barba abbastanza inquietante da tenere “a prima vista” lontani i nemici. Un’affermazione sul campo che lo faceva assurgere a riferimento della tribù e quindi gli rimaneva come tratto distintivo: quando non era più il leader in battaglia, l’uomo barbuto, ormai anziano, debole di braccio ma svelto di testa, diventava così il saggio del villaggio, e la barba, incanutita ma comunque folta, continuava a svolgere un ruolo sociale di riferimento. Tanto che, per tutta l’epoca antica, ai nemici fatti prigionieri in battaglia, come segno di disprezzo e sottomissione veniva tagliata la barba (certo, a volte non si andava troppo per il sottile e si tagliava tutta la testa, ma questa è un’altra storia). A invertire la tendenza – almeno nel mondo Occidentale – fu Alessandro Magno, che nel 345 vietò ai suoi soldati, con apposito editto imperiale, di farsi crescere la barba. Pare per strategia militare, perché la barba lunga poteva essere uno svantaggio nel duello corpo a corpo, dando un appiglio e quindi un vantaggio al nemico (ma, dicono i maligni, anche perché al sovrano dominatore dei mondi i femminielli non dispiacevano, e passare in rassegna decine di migliaia di soldati profumati di bopobarba era per Alessandro un piacevole passatempo). Anche per questo la barba, vietata ai soldati, divenne il tratto distintivo di chi anziché la carriera militare sceglieva quella intellettuale/religiosa (ai tempi, tertium non datur), e così barbuti divennero i filosofi e gli artisti. O i rivoluzionari, quelli che uscivano dai ranghi (dell’esercito) e si mettevano contro il potere costituito. Fino al gruppo dei barbudos al seguito di Che Guevara e Fidel Castro, il cliché ha retto più o meno intatto per secoli.

«MA QUALE GEORGE CLOONEY, LA BARBA VIP L’HO INVENTATA IO»

Parola di Giobbe Covatta

Più sexy, più povero

Oggi, dicono le statistiche sviluppate dai ricercatori dell’università canadese di Lethbridge, coadiuvati da un’équipe di colleghi neozelandesi, il 55% dei maschi nel mondo porta la barba e, sempre secondo le statistiche, l’uomo con la barba è considerato più seducente di uno ben rasato da due donne su tre. L’uomo barbuto è considerato “meno generoso” dal 38% delle donne, “meno gentile” dal 36% e “con meno tatto” dal 51%, e proprio per queste caratteristiche – misteri della psiche femminile – assolutamente sexy e desiderabile. Vero è, però, che ben il 68% di questo stesso panel di donne ha dichiarato che, accanto a un uomo con la barba, si sente “più sicura e protetta”. Riecco emergere dunque quello spirito cavernicolo mai sopito. Adorato e corteggiato dal gentil sesso, quindi, ma se la guancia pelosa dà un indiscusso vantaggio nelle stanze da letto, è ancora, pare, una caratteristica poco gradita in altre stanze, quelle dei bottoni: spulciando con metodo l’intera graduatoria dei 100 World’s Richest Man stilata da Forbes, si nota come il 98% dei paperoni mondiali mantenga un profilo glabro e solo il 2% dei supericchi abbia la barba. Lascito estremo, verrebbe da pensare, di quell’originario spirito maschilista primordiale che vedeva appunto nella barba il carattere del guerriero dominante, carattere che poco si concilia con la remissività necessaria a gestire un cda di oggi. Fuori i barbuti, quindi, carriera aperta ai ben tosati, capaci di marciare ordinati e in branco come pecorelle. Se così va il mondo, prepariamoci al prossimo sviluppo: l’inizio dell’epoca della donna baffuta. Che, da che mondo è mondo, è sempre piaciuta.

À LA CARTE

ECCO LE CINQUE TIPOLOGIE CHE VANNO PER LA MAGGIORE. E CHI LE STA INTERPRETANDO AL MEGLIO

Finto-trasandata È il modello ultimamente più seguito da attori, modelli e celebrity, quello dell’uomo “che non deve chiedere mai”, tanto per capirci. Dà al volto un tono sexy e spavaldo, e permette a chi conserva una faccia troppo da ragazzino di acquistare in credibilità e charme. Perché mantenga quell’effetto disordinato ma chic allo stesso tempo, va spuntata con precisione e metodo ogni cinque giorni, preferibilmente con le forbici a lama intera o con il regolabarba, impostando il distanziatore tra la tacca cinque e la sette (dipende dalla lunghezza acquisita). La disposizione del vello va lasciata al caso, ma bisogna fare attenzione del definire con precisione i contorni della barba, per evitare che sembri della peluria sparsa senza attenzione sul volto. Si abbina perfettamente a un taglio di capelli corto o a un taglio medio e ondulato nel caso si abbiano i capelli mossi. È la scelta di Ryan Gosling, Alessio Boni e Carlo Cracco.

Piena Taglio composto, che indica una raggiunta maturità e dà estremo carattere al volto. La cura deve essere maniacale: quotidianamente, una spuntatina con le forbici, per accompagnare la crescita, e la definizione netta del profilo e della barba (su guance e collo) con rasoio e schiuma. Da curare particolarmente la zona di passaggio tra la basetta e la guancia. Questo tipo di barba richiede un capello di lunghezza media, portato in modo composto e curato (con la riga, per esempio), perché così si esalta la pulizia del volto. Il massimo? Quando la peluria assume quell’irresistibile colorazione “sale e pepe”. La sfoggiano George Clooney e Ben Affleck.

Selvaggia È la scelta dell’artista tout-court, del profeta libero e sicuro di sé che poco bada al mondo. Un taglio selvaggio che richiama ai più antichi istinti primordiali. Si abbina perfettamente a un taglio di capelli medio lungo, senza troppe affettazioni (ma curato, per evitare l’effetto cavernicolo). Sembra la tipologia più facile da portare, in realtà non è da tutti: tende ad arrotondare il viso, quindi chi ha una faccia paffuta e di forma tondeggiante opti per un altro tipo di taglio. Va spuntata, con una forbice a lama sfoltitrice, ogni otto-dieci giorni, per mantenerne una forma che accompagni la fisionomia del volto. L’hanno preferita Lorenzo Jovanotti e Jim Carrey.

Pizzetto È un tipo di taglio nostalgico. Negli anni ‘90, quando la regola era il volto liscio sbarbato ogni mattina, l’abbinata baffi sottili-pizzetto era un segno di (contenuta) ribellione. Oggi rimane come simbolo marcato dell’uomo che vuole differenziarsi, ma senza cedere all’ultima moda della barba a pieno volto. Richiede cura estrema, al limite della maniacalità; più che la manutenzione casalinga, si consiglia il ricorso (ogni due giorni, non di più) al barbiere di fiducia. Il baffo deve esser definito, alla giusta distanza dal labbro superiore, e può seguire il profilo della bocca oppure puntare leggermente verso l’alto nella parte terminale. Il pizzo deve accompagnare il mento, esser ben definito sul collo, può essere tondo o a punta. Sconsigliatissimo a chi ha un mento pronunciato. Il maestro qui è Johnny Depp.

Baffi Categoria di barba che viene dal passato (fino agli anni ‘20 del Novecento, era un dovere per l’uomo di classe), e rimasta in auge, nelle sue varianti, nel marcare le diverse tribù di maschi. È, infatti, il tipo di pelo più identitario. C’è il baffo folto e a ferro di cavallo (“da motociclista”), il baffo a manubrio da gentiluomo d’altri tempi (oggi, “da hipster”), fino all’estremo del “mutton chops”, il baffo folto che scende lungo la bocca e si unisce alle basette, che fa molto anni ‘70. Come il pizzetto, richiede cura e precisione. Se lo può permettere chi ha una ricrescita folta, perché deve marcare con precisione il viso. Sperimentator sono Pierfrancesco Favino e il cantante Elio, degli Elio e le Storie Tese.

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Tra i fan della barba, in senso orario: il calciatore della Juventus e della Nazionale Andrea Pirlo, il cantante Marco Mengoni, gli attori Matthew McConaughey e Robert De Niro, l’eclettico Justin Timberlake, il principe Henry d’Inghilterra, che avrebbe così scatenato le ire della regale nonna, Raul Bova, un giovane Fidel Castro e l’attore Alessandro Preziosi