Lifestyle
Fatti in casa: 8 orologi da uomo davvero esclusivi
La produzione industriale di eccellenza sostiene il mercato grazie ai movimenti prodotti da pochi grandi marchi, mentre solo gli orologi più esclusivi possono vantare ancora oggi una produzione artigianale

Il settore orologiero di alta gamma continua con successo a sfruttare nell’ambito della comunicazione di prodotto l’immagine del maestro artigiano, chino sul banco di lavoro con indosso il monocolo e intento a decorare un movimento che la narrativa del marketing ci fa immaginare fatto a mano. Ecco, bastano alcuni numeri del tutto indicativi a sfatare questo stereotipo un po’ abusato. Rolex produce all’incirca 800 mila pezzi all’anno. Omega e Tag Heuer poco meno. Breitling è sopra i 500 mila pezzi. Insomma, sono cifre industriali, non proprio da “amanuensi”. Sul gradino dell’altissimo di gamma, in quanto a prezzi e percezione degli appassionati, i numeri cambiano di molto, ma le logiche produttive sono pressoché identiche. Patek Philippe è sui 40 mila orologi meccanici prodotti annualmente (senza quindi prendere in considerazione quelli al quarzo della linea femminile). Audemars Piguet è sui 20 mila pezzi, Vacheron Constantin sui 10 mila. E così via dicendo.
Allora la comunicazione è menzognera? No, semplicemente semplifica, perché la produzione artigianale del fatto ancora a mano – intesa soprattutto per le finiture e le decorazioni – esiste, ma è riservata alla nicchia più esclusiva di segnatempo dedicati ad acquirenti molto facoltosi. Adesso, d’altro canto, è opportuno sottolineare il fatto che l’attuale produzione industriale, che vada da qualche migliaio di pezzi fino agli 800 mila di Rolex, non deve destare nessuna connotazione negativa, perché rappresenta un’eccellenza che persegue una costante crescita qualitativa e lavora sempre nell’ordine della precisione in micron. E qui introduciamo lo spartiacque dell’odierna orologeria meccanica di alta gamma. Da una parte abbiamo i movimenti prodotti da poche grandi realtà e che poi vengono incassati nella stragrande maggioranza dei pezzi di pregio. Sono nomi famosi, come i calibri dell’azienda Eta (Gruppo Swatch): su tutti il cronografo Valjoux 7750, l’automatico 2892 e il manuale Unitas 6497, che hanno fatto e continuano a fare la storia del settore. Vanno inoltre nominati anche l’azienda svizzera Sellita e il calibro giapponese Miyota 8215, progettato da Citizen. Dall’altra parte, invece, abbiamo i movimenti di manifattura.
FILIERA CORTA Realizzare un movimento “in house” – che viene per l’appunto definito di manifattura – è oggi considerato un notevole valore aggiunto, perché affranca dal produttore conto terzista e solitamente è utilizzato in esclusiva per il proprio marchio – su tutti abbiamo l’esempio dei calibri Rolex e del recente Coassiale di Omega – o per quelli del gruppo di appartenenza, come può capitare per i tanti brand delle “galassie” Swatch e Richemont. Perché allora tutte le case non producono i movimenti al loro interno? Il discorso è complesso e spesso riguarda la differente visione strategica. Richard Mille, per esempio, con una sinergia riuscitissima, preferisce montare calibri realizzati all’esterno (ma in esclusiva per lui) da Parmigiani Fleurier e da A.P. Renaud & Papi. Possiamo però semplificare il discorso dicendo che molti non lo fanno perché ideare, progettare e realizzare un movimento del tutto nuovo costa diversi milioni di euro. E detto ciò, si nobilita ancor più il processo industriale di Rolex (and company), visto che per i suoi movimenti (e non solo) ha investito centinaia di milioni di euro per una filiera esaustiva, che arriva ad avere persino una propria fonderia per la produzione delle casse. E ancora andiamo ad apprezzare ulteriormente la produzione manifatturiera di tutti i marchi indipendenti, che vanno da piccole realtà quasi artigianali fino a Patek Philippe e, ancora, a Rolex. E non si parla di produzioni dai prezzi sempre alle stelle, perché la Nomos di Glashütte propone ottimi calibri realizzati “in house” a partire da mille euro o poco più.
PICCOLI GIOIELLI Iniziamo dai marchi indipendenti, con cinque “colossi” e un’azienda, piccola e storica (la sua fondazione risale al 1904), che ha le idee chiare, sintetizzate dal suo fortunato slogan pubblicitario, che recita: «Real watches for real people». Si tratta di Oris, che quest’anno ha presentato il Big Crown Pro Pilot Calibre 111, con un movimento manuale che conta su una riserva di carica di dieci giorni (il relativo indicatore non lineare lo trovate a ore 3). Il maestro orologiaio François-Paul Journe, a capo della omonima manifattura da lui fondata nel 1985 nel cuore di Ginevra, per gli appassionati di orologeria meccanica di alta gamma è una vera e propria rockstar. E lo è anche per l’intero settore, fatto testimoniato dagli innumerevoli premi conquistati per i suoi segnatempo (tutti di manifattura nel senso più classico del termine, come il Chronomètre Bleu), comprese diverse “Aiuguille d’Or” vinete ai Grand Prix d’Horologerie de Genève (gli Oscar dell’orologeria). Non meno importante a livello di innovazione è Ulysse Nardin, ed è sufficiente osservare il fantascientifico Freaklab – con ore e minuti che sono mostrati dalla rotazione dell’intero movimento – per rendersene conto. Invece su un solco più tradizionale – ma sempre di eccellenza assoluta – è il percorso intrapreso da Parmigiani Fleurier – che conta sulla enorme solidità economica della Fondazione Sandoz, proprietaria del marchio fondato da Michel Parmigiani – che con il Tonda 1950 Squelette dà una sua straordinaria interpretazione della scheletratura in chiave moderna. Mentre i prossimi due marchi – per l’imperituro successo che riscuotono la gran parte dei loro modelli – sono quelli che tracciano la via del settore nell’alto e nell’altissimo di gamma e, ovviamente, parliamo di Rolex – in foto il nuovo Day-Date con cassa da 40 mm e movimento ridefinito a livello cronometrico e paramagnetico – e Patek Philippe, qui con il Cronografo Sdoppiante Ref. 5370, fantasmagorico pronipote del primo crono-sdoppiante della casa, presentato nel lontano 1920.
CLICCA SUGLI OROLOGI PER LE SCHEDE PRODOTTO
È giusto dare una occhiata anche a un paio di brand ai quali piace vincere facile, nel senso che entrambi possono avvalersi delle sinergie e delle enormi potenzialità del gruppo di appartenenza, Richemont. E va detto che non sprecano l’occasione. Difatti le rispettive produzioni della sassone A. Lange & Söhne – su tutti il Saxonia Dual Time con ponte del bilanciere inciso a mano – e della ginevrina Roger Dubuis sono totalmente di manifattura. E il marchio svizzero su ogni suo modello prodotto – unico caso al mondo – può fregiarsi del prestigioso “Poinçon de Genève”, il top del savoir-faire estetico-meccanico. Perciò merita un’attenzione particolare l’Hommage Millésime, un orologio da tasca prodotto in un unico esemplare per festeggiare i 20 anni della Roger Dubuis, dal prezzo di quasi un milione di euro, che tanto dice sul valore dell’oggetto in questione. La particolarità sta nel movimento – il calibro RD181 – che parte da un ébauche della fine del XIX secolo che lo stesso Roger Dubuis ha scovato da un antiquario, e che inizialmente comprendeva una ripetizione minuti, un calendario perpetuo e un cronografo. E dopo 1.950 ore di lavoro, fra cui 700 ore dedicate al solo restauro del calibro, adesso si presenta, sempre sotto l’egida del “Poinçon de Genève”, con modifiche sostanziali, come i due contatori retrogradi, evocando così i primi modelli con calendario perpetuo sviluppati e prodotti dalla manifattura ginevrina, per un orologio che fa già parte dell’immaginario collettivo.
Credits Images:© iStockPhoto.com/IPGGutenbergUKLtd
