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Lifestyle

Salone di Parigi 2014, il ritorno del Suv

Vituperati, odiati o spesso solo invidiati, i mostri da strada tornano alla riscossa al motor show in versione ibrida. Per consumare di meno e farsi amare di più. Ma anche per non passare inosservati in mezzo alle nuove supercar low cost

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I visitatori della prima edizione del Mondial dell’Automobile di Parigi avevano ben chiaro che cosa chie­dere al futuro delle quattro ruote. In quel lontano 1898, le “carrozze senza cavalli” dovevano dimostrare di essere competitive nei confronti della trazione animale e, per farlo, i vei­coli in mostra erano obbligati a percor­rere senza intoppi, e sotto gli occhi vigili di un commissario, quello che per i tem­pi era un impegnativo long run test: an­data e ritorno dalla capitale a Versailles. Chi ce la faceva aveva spianata la strada del successo, chi falliva era fuori dal na­scente mercato dei motori. Semplice, no? Ma che cosa preparano i costruttori per gli automobilisti contem­poranei? Il totem dell’affidabilità è dato per scontato, il comfort pure, le presta­zioni idem. Eppure, magari sotto traccia, tutto sta per cambiare. Prendete la Por­sche Cayenne, la supercar che ha come unico torto la tipologia antropologica di molti suoi guidatori: le nuove versio­ni presentate a Parigi sono più potenti ma consumano molto meno. Sì, per­ché sono finiti i tempi in cui i proprie­tari di una Rolls-Royce non si degnava­no neppure di sapere quanto bevesse la loro vettura («per chi se ne può permet­tere una, i consumi non sono un pro­blema», dichiarava con una certa spoc­chia la casa britannica) e anche i “diver­samente abbienti” sono costretti a fare i conti con i costi di gestione.

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La cavallina rampante di Stoccarda, che propone un muso aggressivo nuova ma­niera, galoppa di più e mangia meno idrocarburi grazie a un innovativo siste­ma ibrido. E proprio “Metti un elettro­ne nel motore” può essere lo slogan del­la rassegna francese che consente ai vi­sitatori di provare su strada veicoli ibridi ed elettrici di una dozzina di costruttori che puntano sul verde. A volte solo per l’occhio sociale, spesso per ferma con­vinzione tecnologica (si prevedono ol­tre 20 mila eco-prove su strada). Infat­ti, anche un altro mega Suv (a Parigi c’è un sorprendente rilancio delle grandi sport utility), come la nuova Q7 di casa Audi, adotta un propulsore a emissioni zero. Subito imitato dall’ultima Volkswa­gen Passat. Archiviate le benemerite pulsioni green, ecco una cosa che il futuro non po­trà proprio toglierci: il gusto di sogna­re, di desiderare una supercar. Perché tra le regine della rassegna, c’è la versio­ne Speed della Bentley Mulsanne, che ha 550 cavalli, fa i 320 all’ora e passa da zero a 100 in meno di cinque secondi, vero record per una taglia forte (quota­ta 315 mila euro). Meglio, dunque, ridi­mensionare i deliri onirici e concentrar­si sulla nuova Lexus Nx (che, tanto per cambiare, è un’ibrida), un Suv medio ca­ratterizzato da un design innovativo che strizza l’occhio ai giovani per togliere ai modelli di lusso di casa Toyota la nomea di vetture da cumenda. Operazione riu­scita, a giudicare dallo spot realizzato con il rapper will.i.am. Una liaison quella tra gli Usa e la Ville Lumière resa solida dalla decisione del­la Ford di presentare proprio a Parigi ben tre anteprime mondiali, la S-Max, la C-Max e la C-Max7, che fanno da dami­gelle d’onore al Suv Edge e alla sportcar Mustang che debutteranno in Europa nel 2015. E confermata dalla madre di tutte le monovolume, la nuova Renault Espa­ce che sale sulla ribalta parigina, figlia – o meglio nipotina – del modello svilup­pato in contemporanea con Chrysler Vo­yager nel 1984, automobile che diede vita alla nicchia profittevole delle Mpv (multi-purpose vehicle). Un pieno di novità, insomma, che qui è una tradizione: nella scorsa edizione del Salon, quella del 2012, le antepri­me assolute furono un centinaio. E oggi si va oltre quell’asticella. Ma torniamo alla domanda saliente: che cosa ci to­glieranno le vetture di domani? Scorren­do l’elenco delle debuttanti che ballano in passerella dal 4 al 19 ottobre, la rispo­sta emerge forte e chiara: ci toglieran­no l’ansia di dover spendere per man­tenere l’immagine nei confronti di ami­ci e parenti.

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Qualche esempio? Per ostentare le pe­raltro utilissime quattro ruote motrici, si può puntare sulla Suzuki Vitara a un prezzo alla portata di quasi tutte le ta­sche. Ecco anche un crossover made in Italy: la baby Jeep Renegade che na­sce a Melfi sulla linea che darà vita alla Fiat 500X. Per chi, poi, è convinto che un’auto di classe debba per forza essere grossa, la Hyundai ha cucito su misura la nuova i20, cresciuta nelle dimensio­ni per dimostrare che anche nel segmen­to B del mercato (quello delle utilitarie) si possono ostentare muscoli da culturi­sta e un design grintoso.

A proposito, la Land Rover ha deciso di scrollarsi di dosso la nomea di mar­ca molto British, adatta a ritmi scanditi da tè, latte o limone. Il pugno nello sto­maco ai tradizionalisti dell’Union Jack si chiama Discovery Sport che inaugura un brand del quale il futuro Freelander costituirà la base: con motori diesel da 119 grammi di CO2 al chilometro e cambi automatici a nove marce sbriciola tut­ti i record fatti segnare in passato dalle compagne di colori. Agli squilli di mar­mitta che arrivano dall’Inghilterra rispon­dono i tedeschi della Mercedes con la Amg Gt, frutto di 32 mesi di duro e teu­tonico lavoro. Nel mirino della stella a tre punte ci sono chiaramente le ultimis­sime declinazioni della Porsche 911 e il guanto di sfida pesa 510 cavalli. Già, ma mentre da una parte all’altra della Manica volano scintille l’Italia cosa fa? 500 a parte, Parigi sarà la vetrina per la versione di serie dell’Alfa Romeo 4C. Una supercar a tutti gli effetti, che ha il compito difficile, ma non impossibi­le, di far dimenticare l’insensata popo­larizzazione del marchio che ne annac­qua l’immagine da quasi quarant’an­ni. Lei, la 4C, ha tutte le carte in rego­la per competere ai massimi livelli sul ring del mercato del futuro. Certo, i pas­sati proclami sulla possibilità di far co­struire le Alfa in Serbia, Polonia o chis­sà dove non le hanno fanno bene e ne­gli anni scorsi altre vetture d’élite del Bi­scione hanno mostrato limiti inaccetta­bili nelle finiture. Ma il futuro dell’automobile non può to­glierci un’altra speranza, quella di pen­sare che l’eccellenza del made in Italy possa muoversi anche su strada. Perché il pianeta, parafrasando lo slogan o Expo 2015, va nutrito anche con delizie che viaggiano su quattro ruote tricolori.