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Passione vela: una sfida al mare
Fonte di riflessione per i filosofi di ogni tempo, ispirazione inesauribile per i poeti a qualunque latitudine, il mare è l’oggetto del desiderio costante di ogni amante della vela. Ma che cosa cerca chi sfida il vento con fiocchi, nodi e virate?

«Di fronte al mare, la felicità è un’idea semplice», scrive Jean-Claude Izzo nel suo Chourmo. Il cuore di Marsiglia. Sarà forse per questo che gli italiani da sempre guardano alla vela come un rifugio sicuro, un modo per lasciare a terra pensieri e preoccupazioni del quotidiano. La ricerca della felicità in mezzo all’acqua è soprattutto un modo per riallacciare il rapporto con un elemento che è nel Dna del nostro popoli di santi, poeti e – appunto – navigatori. Accerchiati dal mare sulla nostra stretta e lunga Penisola, non potremmo starne lontani nemmeno volendo. Rinnegheremmo la nostra storia, la nostra cultura e le tradizioni secolari. In un Paese dove ci sono oltre 350 mila natanti non registrati e utilizzati soprattutto dalle famiglie per il diporto, i numeri della Federvela raccontano questa passione quasi da soli: 660 circoli e 480 scuole vela, 110 mila tesserati e tanti progetti nelle scuole per trasmettere la cultura del mare ai più piccoli.
Pirati ed esploratori, avventurieri o semplici pescatori: quello tra l’uomo di ogni tempo e quell’immenso specchio d’acqua senza fine – che lo si chiami mare o oceano, poco cambia – è un rapporto profondo e inestricabile. Ce lo ricorda il film Il mistero di Donald C., di recente uscito al cinema. La pellicola racconta la storia di Donald Crowhurst, il velista amatoriale che volle affrontare la Golden Race del 1968. Lasciò casa, famiglia e lavoro per tentare di diventare il primo uomo a circumnavigare il pianeta in solitaria e senza scali. Certo, c’era un grosso premio in denaro messo a disposizione dal Sunday Times, ma non poteva essere solo quella la spinta che lo portò ad affrontare un’avventura nettamente oltre le sue possibilità. C’è poco da svelare sul finale della storia: la sua barca fu ritrovata al largo delle Bermude e in seguito abbandonata su una spiaggia della Cayman. I suoi ultimi frammenti di lucidità, o i primi segnali della follia, sono impressi sul diario di bordo dell’Electron: «La libera volontà è il solo obbligo morale che l’individuo deve al progresso del sistema. Progresso verso cosa? Perché? Verso l’integrazione cosmica, naturalmente, dove altro pensi che stiamo andando?».
D’altronde, il mare ha rappresentato da sempre un mistero, un’attrazione e uno specchio dove annegare riflessioni sul mondo e immersioni nell’anima. Dal leopardiano «naufragar m’è dolce in questo mar» alle sacre sponde di Zacinto, così care a Ugo Foscolo. Per non parlare della Provvidenza che abbandona i Malavoglia insieme col naufragio dell’omonima barca, nel romanzo di Giovanni Verga. Per arrivare fino ai versi di Mare di Giovanni Pascoli: «M’affaccio alla finestra, e vedo il mare / vanno le stelle, tremolano l’onde. / Vedo stelle passare, onde passare; / un guizzo chiama, un palpito risponde». Stupore, mistero, armonia: sono gli stessi sentimenti indagati dai filosofi di ogni tempo davanti all’acqua, elemento creatore di tutto per Talete, mentre la forza delle onde per Nietzsche era l’immagine perfetta della bramosia umana.
Forse anche per questo, tra i protagonisti della scena velica tricolore troviamo dei massimi imprenditori della nostra economia, che ripropongono in mare le tante battaglie vinte sulla terraferma. Il più in vista è sicuramente Patrizio Bertelli di Prada, che ha lanciato con la sua Luna Rossa la sfida per la 36esima America’s Cup (attesa nel 2021). Sta pensando al ritorno nella massima competizione velica anche Vincenzo Onorato (Moby Lines), mentre continua a mietere successi a livello mondiale con il suo Mascalzone Latino (anche al timone). La famiglia Agnelli-Elkann è a sua volta in prima linea nelle acque di tutto il mondo, grazie soprattutto al legame con Giovanni Soldini: il navigatore genovese ha da poco realizzato il primato del mondo nella Hong Kong-Londra a bordo del suo Maserati 70.
Che cosa cercano, dunque, i capitani di impresa, così come le persone comuni, quando salgono su una barca a vela, tra fiocco e randa, sempre pronti a virare o strambare? «L’attività manageriale è un continuo training per nutrire il proprio l’ego. Se hai bisogno di qualcosa la compri. In mare è già tanto imparare a navigare come si deve: scoprendo l’umiltà. Sul mare non conti niente, ti trovi in un elemento enormemente più potente di te. Devi sapere quali cose puoi fare e quali evitare. Puoi al massimo proporre un patto di alleanza temporaneo sperando che l’acqua lo accetti». A parlare è Simone Perotti, ex manager che ha mollato la sua vita aziendale per inseguire ciò che lo rendeva felice: la letteratura e la navigazione. Un altro che ce l’ha fatta è Marco Nannini, che ha lasciato un lavoro sicuro nella City di Londra per navigare il mondo con la sua barca Financial Crisis. Ha raccontato la sua esperienza in Dalla banca all’oceano (Longanesi) e oggi coordina il Centro Italiano Vela d’Altura a Cecina.
Quello di Perotti, invece, è stato un percorso preparato per oltre dieci anni. Nel weekend navigava, mentre continuava a lavorare ogni giorno per pagare il leasing della sua barca in attesa di poter invertire definitivamente la rotta rispetto a una vita «alienata» perché priva di senso. «Durante le riunioni disegnavo barche a vela, ho una pila di schizzi a casa. Il mare è sempre stato il riflesso della mia provenienza, nonni naviganti che viaggiavano sulle rotte Genova-Sud America», racconta oggi tra un successo letterario e l’altro cui unisce all’impegno nel Progetto Mediterranea (progettomediterranea.com). «Lo definisco il mio “libero di”. Perché tutti vogliono essere liberi da qualcosa, dai legami di una vita monotona, ma per fare cosa poi?», chiarisce l’autore di Adesso basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita (Chiarelettere, 2009), ma anche di romanzi come Un uomo temporaneo e Rais (Frassinelli). «Il mio “libero di” è girare per il Mediterraneo alla ricerca di umanità, risposte, idee e della diversità della nostra cultura. A Milano come a Roma pensiamo tutti allo stesso modo, facciamo tutti le stesse cose. Sono amico di Giovanni Soldini, abbiamo navigato anche insieme da Madeira a New York. Lui ha sempre bisogno di uno sponsor per realizzare i suoi sogni, e deve pagare un prezzo per questo. Il nostro co-sailing, invece, è un progetto di scoperta in piena libertà, senza obblighi verso nessuno».
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