Orologi & Accessori
Perché è scoppiata la bolla nel mercato degli orologi
Come il mercato delle lancette si è trasformato in una speculazione e perché oggi sta tornando alla normalità
Fino a pochi mesi fa, acquistare un orologio importante sembrava essere il miglior investimento possibile. In termini economici era fin troppo appagante pensare che quel piccolo oggetto comprato per 10 o 20 mila euro, una volta uscito dal negozio, potesse per magia aumentare il suo valore fino a raddoppiarlo o persino triplicarlo.
Oggi questa situazione si è ridimensionata: le vendite vanno bene, non hanno subìto flessioni, ma la smania del secondo polso è quantomeno mitigata da quotazioni che stanno rientrando nella normalità degli anni passati. Vediamo di capire, almeno in parte, le ragioni di quanto è successo.
Alle origini della bolla nel mercato degli orologi
Il mercato degli orologi contemporanei negli ultimi tre o quattro anni era divenuto un “centro” per spendere i soldi nell’ottica di una speculazione spesso a breve o brevissimo termine, scegliendo quasi sempre modelli commerciali, in regolare produzione da anni e in quantitativi davvero elevati. Certo, c’era poca reperibilità del prodotto, ma in termini collezionistici mancava la rarità e l’iconicità: due caratteristiche, specie la prima, che neanche tra qualche anno potrebbero trasformare i pezzi più comuni in modelli da collezione. Il risultato è che si è creata una grandissima bolla, che ha attirato una fetta importante di persone, tutte guidate dalla stessa domanda: bello questo orologio, quanto varrà il prossimo anno? Tanti operatori di vario titolo e competenza nel settore del secondo polso hanno garantito ai loro clienti degli aumenti che non avevano nessun fondamento, questo perché si può garantire sulla qualità e sull’originalità di un segnatempo, non certo sulla sua rivalutazione futura.
Dal mercato B2B al B2C
Come siamo arrivati alle quotazioni che solamente lo scorso anno erano stratosferiche e oggi si sono ben più che dimezzate? Lo chiediamo a Maurizio De Angelis, che guida una realtà importante per l’orologeria d’epoca, con sede in via del Gesù a Milano: «Bisogna partire da una considerazione: fino a qualche tempo addietro, il mercato è stato essenzialmente B2B (quindi con transazioni commerciali esclusivamente tra imprese, ndr) e gli aumenti erano proporzionali alla crescita degli scambi, le quotazioni in continua ascesa. Con la diffusione di internet, le voci sui social, l’avvisaglia che il prodotto era in consegna e non così esclusivo, gli scambi si sono spostati sul B2C e qualcuno ha immesso questi pezzi sul mercato reale nel tentativo di fare cassa, salvo accorgersi presto che nessuno era propenso a spendere le cifre astronomiche che le quotazioni dettavano. A quel punto si è scoperto che il mercato “reale” è ben altra cosa».
Orologio come strumento finanziario
Di conseguenza, anche se non è proprio uno strumento finanziario, l’orologio in questi ultimi anni si è comportato come tale. Inevitabile, quindi, che abbia subito delle necessarie e inevitabili correzioni di prezzo. Certo, i grandi commercianti che hanno acquistato con il loro capitale sono i primi a volere e poter sostenere il mercato: se è in discesa tengono i pezzi importanti da una parte e non hanno alcuna intenzione a svendere. C’è però chi, specie alcune grandi realtà americane o asiatiche, ha acquistato dei pezzi importanti utilizzando fondi d’investimento e in questo caso la volontà di realizzare si potrebbe trasformare in necessità impellente, con tutte le negatività del caso.
La differenza tra investimento e speculazioni
A Paolo Cattin, collezionista, antiquario e autore del libro Orologi di Lusso – Il valore di mercato oltre il prezzo listino, chiediamo la differenza tra investimento e speculazione: «Sono due facce della stessa medaglia. Abbiamo la percezione che chi specula sia il cattivo, mentre che investe è un buono. Non è così. Chi compra investe. Chi specula entra nel mercato perché vede che ci sono delle opportunità. Quello che noi abbiamo visto succedere in questi ultimi anni è che sono entrati nel mercato tantissimi soldi disinvestiti da altri “mondi” e investiti sulle lancette.
Secondo me, lo scenario mostra una certa flessione di mercato e ci sta». In tanti parlano di una “bolla” legata all’orologeria contemporanea. «Non credo sia una bolla che poi esplode e non rimane nulla. L’interesse è troppo alto. Inoltre, il coinvolgimento nell’orologeria è molto ampio in questo momento e anche di tipo culturale: le persone che hanno investito nelle lancette hanno iniziato anche a “studiare”, scoprendo che più ampliavano il loro orizzonte culturale più apprezzavano questo mondo ticchettante. Va da sé che poi sostengano la loro passione».