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Non solo nostalgia

I costruttori d’auto hanno finalmente scoperto il grande valore del loro patrimonio storico, capace di regalare credibilità ed emozioni, indispensabili per vincere la concorrenza che arriva dal Far East

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Anni ‘90. Lui, il venditore di pagine pubblicitarie per conto di una rivista dedicata alle auto d’epoca, crede di fare una di quelle proposte che non si possono rifiutare. «Sul prossimo numero», dice, «dedicheremo la copertina alla vostra sportiva del 1960…». L’altro, responsabile della pianificazione di una grande casa, lo stronca subito: «Dobbiamo vendere le macchine di adesso, non quelle che hanno già comprato i nonni…». Risultato: nessun introito per la casa editrice che porta (meritoriamente) avanti i valori motoristici del passato, un pensiero in meno per il mago del marketing. Rivisto con le lenti del 2014, quel dialogo ha però un buco di sceneggiatura. Allora le macchine “si vendevano da sole”, come recitava un dossier a uso interno di uno dei più grandi costruttori, mentre oggi i concessionari sono vuoti come i reparti delle carceri riservati ai rei confessi. E allora gli illusionisti del marketing hanno dovuto tirare fuori gli attributi. Scoprendo che avere nella cantina della storia modelli che fanno ancora sognare a decenni di distanza dal loro pensionamento, può e deve essere un plusvalore. Anche perché i numeri parlano chiaro: durante il ponte del 25 aprile, per esempio, sono stati più di 40 mila i visitatori di Milano AutoClassica, manifestazione dedicata esclusivamente alle quattro ruote d’antan, che ha visto la presenza ufficiale di case come Alfa Romeo, con la nuova 4C, Jaguar, con l’ultima F-Type, McLaren, Abarth e Maserati. La Casa del Tridente, in particolare, ha esibito un pezzo unico come la Tipo 420M che, guidata da Stirling Moss, prese parte alla 500 Miglia di Monza del 1958; è meglio nota come Eldorado (esemplare della Collezione Panini) perché, portando le insegne del produttore di gelati, fu la prima vettura sponsorizzata interamente da un’azienda esterna al mondo dell’automobile. «A stupirmi non è tanto la scoperta del valore del patrimonio storico da parte dei costruttori italiani quanto la loro miopia del passato», chiosa Marco Makaus, responsabile della valorizzazione del marchio Mille Miglia. «I tedeschi, invece, credono da sempre nel valore della loro storia e hanno creato al loro interno apposite divisioni con budget milionari. Del resto, che cosa proprio non hanno i marchi del Far East che fanno concorrenza ai nostri? Ma è ovvio, a loro manca proprio un passato! ». Tra le più attive a sfruttare l’effetto traino del motorismo d’epoca c’è Mercedes, che quest’anno ha fatto precedere la Mille Miglia da 40 vetture guidate da altrettanti clienti top. «È un modo per poter esibire davanti al grande pubblico delle splendide vetture che non possono partecipare alla rievocazione della gara, riservata ai modelli che hanno corso tra il 1927 e il 1956», dice Makaus, «e, ovviamente, per fidelizzare dei clienti importanti. Certo, ci vuole l’intelligenza di capire che investimenti in immagine come questo danno i loro frutti sul lungo periodo. Mi creda, ne danno moltissimi». Storiche “in” anche per Daniele Maver, presidente di Jaguar Italia, casa protagonista di spicco di tantissimi rally storici ed eventi. «È un modo per dare un forte segnale di come per noi la passione per le belle auto e per la storia non sia solo uno strumento di marketing», dice Maver. «Il discorso è semplice: oggi un marchio di lusso deve avere solide fondamenta. E deve vivere soprattutto della sua storia, in Italia ancora più che altrove. Basta guardare come alcuni marchi eccellenti, che in Usa fanno faville, da noi non riescano a decollare. C’è necessità di una credibilità che solo la storia ti può dare».

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Passione Alfa Romeo

Emozioni imbattibili

Di sicuro non si sentirà solo chi a ottobre andrà a Padova per visitare il Salone auto e moto d’epoca, che nel 2013 ha attirato 70 mila persone. «Nel nostro settore non solo non esiste crisi, ma le classiche trainano alla grande altri settori», dice l’organizzatore dell’evento Mario Baccaglini. Oltre ai benefici effetti sull’immagine dei costruttori, dunque, c’è anche un movimento economico che nell’Unione europea pesa circa 16 miliardi di euro l’anno. Si stima, poi, che il settore dia lavoro a 55 mila persone, anche se resta lontano l’esempio della Gran Bretagna, le cui campagne sono punteggiate da micro-aziende specializzate in ogni cosa, dalla rivitalizzazione di vecchi cerchioni alla costruzione ex novo di capote, passando per la produzione in piccola serie di ricambi ormai introvabili. Come dire che, se vi serve un pezzo che si cela nel cuore del motore di una Lancia Fulvia Coupé avete più probabilità di trovarlo nel Kent o nell’Oxfordshire piuttosto che a Chivasso. Lo ha capito Aida Ben Jannet, tunisina, 43 anni, ex dipendente di un autoricambi laziale che stava chiudendo. Ha investito la liquidazione nel negozio, cominciato a fare incetta di pezzi d’epoca et voilà: l’impresa va a gonfie vele, lei ha pagato tutti i debiti e sverna nella sua villa di Hammamet. Eppure, nella miriade di gare di regolarità riservate alle auto storiche, di ricambi ne vengono macinati a quintali, un altro potenziale business snobbato da molti costruttori. Ma non da Porsche: la vostra 911 Targa 2.7S del 1974 non ha il volante originale? Con una telefonata lo si ordina, naturalmente a prezzo di affezione, ovvero a un cifrone che premia la lungimiranza del costruttore. Nessuna cifra, invece, potrebbe compensare l’impegno dei tanti appassionati che, con la presenza a raduni, gare e manifestazioni di ogni tipo, tengono alta la bandiera del made in Italy a motore. Meritano una citazione particolare i membri del Club Italia, un sodalizio di gentleman driver che hanno nei loro garage modelli che fanno parte del Gotha della produzione automobilistica italiana. «Cose da nababbi? Nemmeno per sogno », dice il segretario Luigi Tura, «accanto a Ferrari e Maserati da milioni di euro non sfigura certo un’Abarth 750 berlina, che ne vale 12 mila».

Credits Images:

Paolo Luciano e Andrea Venturelli a bordo della loro Bugatti T 35A del 1926 in occasione della Mille Miglia 2014, tenutasi dal 15 al 18 maggio