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L’Italia vista da fuori e da dentro, il nuovo libro di Lucio Stanca

L’autore racconta il Paese attraverso due punti di vista: quello del top manager, che ha lavorato per molti anni all’estero e che ha osservato il Paese dall’esterno, e quello del ministro e del politico, che ha potuto guardare il sistema Italia dall’interno

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È già in vendita il libro L’Italia vista da fuori e da dentro – Wrong or right, it’s my country di Lucio Stanca, uno dei più famosi politici e manager italiani che in questo volume racconta e si racconta per aiutarci a capire chi siamo e come ci vedono gli altri. Una fotografia puntuale, acuta, reale. Una radiografia, a tratti amara e disillusa, di un Paese che sembra essersi perso nel sonno di un benessere ormai lontano, ma che può e deve ritrovare la spinta per ripartire e disegnare il proprio futuro culturale, politico ed economico.L’Italia vista da fuori e da dentro, non è solo un libro che fotografa una nazione attraverso due diverse prospettive, frutto di due diverse esperienze dell’autore: la prima prospettiva, dal “di fuori”, vissuta cioè negli oltre 30 anni in cui Lucio Stanca ha lavorato all’estero (Europa e Stati Uniti) e in Italia per una delle più importanti società internazionali nel campo delle tecnologie dell’informazione, l’Ibm; la seconda, maturata invece dal “di dentro”, nel cuore della vita politica e istituzionale del Paese, nei 12 anni trascorsi come ministro e parlamentare. L’Italia vista da fuori e da dentro è molto di più. Perché non si limita a raccontare la realtà empirica da angoli contrapposti, ma analizza, denuncia, critica e infine propone “nuove soluzioni a vecchi problemi”.

Il top manager Diviso in due parti, la prima prevalentemente economica, dal “di fuori”, la seconda più politica, dal “di dentro”, il volume ha pagine che aprono un divario culturale tra l’Italia e altri Paesi, in particolare quelli anglosassoni a cui l’autore rimanda costantemente come modello. A cominciare dal lavoro. Raccontando la sua esperienza come manager vissuto per i due terzi del tempo all’estero, Stanca mostra non solo lo specchio di una nazione ferma al palo dei cambiamenti, ma descrive l’Italia agli occhi degli altri Paesi, sottolineandone le differenze. A partire dalla cultura aziendale, “in Italia spesso del tutto inesistente o se esiste, è meno esplicita, sottintesa e quasi mai riconosciuta ufficialmente”, passando per il merito che “non ci piace”, la cui mancanza sfocia inevitabilmente in una “scarsa qualità del processo di selezione dei leader, sia nel mondo delle imprese che in quello del settore pubblico”, fino ad arrivare alla credibilità e affidabilità internazionale, una “barriera invisibile” tra l’Italia e gli altri Paesi, decisamente scarsa perché minata “dall’opacità delle regole”, la certezza nel tempo delle norme, la troppa discrezionalità, la corruzione, la difficile esecuzione nei contratti, i tempi infiniti per avere semplici risposte dagli uffici pubblici, per non parlare dei tempi della giustizia”. Andando dal particolare, cioè dalle aziende italiane, al generale, cioè “all’azienda Italia”, il libro descrive una nazione che arretra nella corsa sempre più spinta dell’economia mondiale e che, negli ultimi venti-venticinque anni, è rimasta immobile in un contesto internazionale che fin dagli anni novanta richiedeva risposte, mai arrivate o arrivate in modo inadeguato, a sollecitazioni di cambiamenti politici ed economici. Il tutto aggravato da un mercato del lavoro considerato non solo troppo rigido, in entrata e in uscita, ma anche “inefficiente e iniquo”, reo da troppi anni di un “odioso dualismo tra chi è iper-protetto e chi di salvaguardia sociale ne ha poca o niente”. Lo stesso grave dualismo che si traduce nel divario, culturale, sociale ed economico, tra Nord e Sud “che non abbiamo saputo affrontare nei passati decenni” e che penalizza l’Italia come nessun’altra nazione d’Europa.

L’esperienza politica Nell’Italia “vista da dentro”, attraverso la sua esperienza come uomo politico, o come preferisce descriversi, come uomo “prestato” alla politica, la fotografia di Lucio Stanca non appare meno amara. “La mattina dell’11 giugno 2001 al Quirinale eccomi a giurare come ministro”, scrive l’autore. A Lucio Stanca politico bastano pochi giorni e due episodi appena (la presa di coscienza della mancanza di una base dati delle competenze dei dirigenti statali per la selezione dei collaboratori e l’apprendere che tutti i dirigenti avevano ricevuto il premio retributivo dell’anno passato, senza alcuna valutazione meritocratica) “per accorgermi che ero davvero atterrato in un mondo diverso e distante da quello da cui provenivo, su un altro pianeta”. In questa seconda parte critica l’inefficienza delle istituzioni, evidenzia gli sprechi della pubblica amministrazione (“la grande ammalata”), ritrae personaggi politici negativi, denuncia ingiustizie. Com’era vista da fuori, se possibile, l’Italia che viene raccontata “da dentro” è ancora più immobile, arretrata, inefficiente e iniqua. La politica vista come strumento personale, piuttosto che un servizio da rendere alla nazione, non può che produrre cattivi politici, è il pensiero di Stanca. E oggi la sfiducia nella politica è aggravata dai “costi troppo elevati” della politica stessa, la crisi interna ai partiti figlia di una “forte, troppo forte, direi feroce contrapposizione tra il centro destra e il centro sinistra, a seguito dell’entrata in politica di Silvio Berlusconi”.

Una possibilità c’è Un capitolo del libro s’intitola “Eppure ce la possiamo fare”, perché questo libro vuole dimostrare che, con politiche radicali di cambiamento, l’Italia può ancora “disegnare un nuovo percorso” e uscire dalla crisi ancora più ottimista di prima. Perché l’Italia ha un patrimonio storico, artistico, culturale e paesaggistico unici al mondo. Perché l’Italia resta ancora “il secondo Paese manufatturiero in Europa e il quinto al mondo”. Perché l’Italia è ancora percepita come il Paese del design, delle forme moderne, della moda, del bello. Perché l’Italia è il Paese del buono, cioè del buon mangiare, con un’industria enograstronomica e alimentare così ricca, diversificata e di grandissima qualità da suscitare l’indivia dei nostri diretti concorrenti. “Al centro della nostra strategia di sviluppo ci dovrebbe perciò essere il made in Italy e la way of italian living”, è la convinzione di Stanca. Strategia a cui deve essere affiancata un ri-bilanciamento dell’equilibrio tra “la spesa pubblica e lo spazio lasciato all’economia privata”, senza per questo smantellare il nostro Stato Sociale, e una drastica riduzione della spesa pubblica. Secondo l’autore la rimonta è possibile, a patto che si abbia finalmente la consapevolezza che “le vecchie formule non funzionano più, le politiche già usate risultano impotenti, le passate idee non producono più risultati”.