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Lifestyle

Let’s swing

Lo sport e la moda mostrano un legame davvero indissolubile e lo stile “smart but casual” di golfisti e non, che lo esibiscono sia sul green sia su strada, è davvero il segnale di un mondo, quello dello sportswear, che in questo momento va per la maggiore

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Un dress code davvero ineguagliabile e delle regole un tantino rigide non hanno comunque impedito al gioco del golf di divenire negli anni il più quotato tra i “set” dell’alta società. E il green è diventato da tempo il luogo cui molte aziende ambiscono per il lancio non solo di new style, ma soprattutto di linee di abbigliamento dedicate. Certo oggi si possono indossare bermuda, calzini e T-shirt a maniche corte, mentre un tempo era severamente vietato entrare in campo senza una bella camicia a maniche lunghe e dei classici pantaloni con pinces, ma ciò non toglie che il fascino di questo sport, che risale addirittura alla fine del 1200, sia strettamente legato a una certa “intransigenza” non solo nelle regole sul campo ma anche nell’atteggiamento stilistico che detta i must di un abbigliamento che oggi appartiene non più solo al green, ma anche alla “strada”.

GOLF E FASHIONGolfisti o non golfisti, è difficile resistere al british golf style, forse perché esprime un sobrio mix “tradition-innovation” che ben si addice al green come anche allo sportswear quotidiano, forse perché a un’impronta stilistica pulita e minimal abbina materiali pregiati, dal cachemire alla pura lana, dal cotone alle migliori fibre man-made, o forse, semplicemente, perché le cose belle di solito piacciono. E in molti casi, ben al di là della ristretta élite di appassionati dello swing. Si gioca quasi sempre sui contrasti di colore, con gusto e misura però, perché l’accuratezza, per chi ama il golf, è insita nel Dna: geometrie in technicolor e scollo a V con fondo grigio o blu non possono mancare, così come anche i colori accesi per giochi di equilibrate strutture rigorose; o ancora i rombi evergreen che rimangono sempre un must have. Sono tante le maison che si sono lanciate e tuttora si affacciano al “golfwear” per passione e scoprono un business cui non si può rinunciare. E la leggenda dei Graham insegna: appena fuori Dukinfield, dove già nel 1769 era in funzione una macchina per filare la lana, Graham senior comincia a farsi conoscere producendo calze di qualità, fino a che i compagni di passione del figlio Friedrich gli chiedono di studiare la divisa per il Golf Club locale, in vista di un importante evento golfistico. È il 1941, ed è così che nasce la leggenda dei Graham oggi incarnata da un marchio che ha fatto la storia del golf nel mondo. Ma le aziende di casa nostra non sono certo da meno. Da sempre appassionato del green, Luciano Barbera, imprenditore tessile, stilista biellese e dal 1999 presidente del Golf Club Courmayeur ha proposto quello che si è classificato tra i 21 regali più esclusivi al mondo: una fornitura di 36 capi da golf e 7 abiti esclusivi realizzati su misura più un viaggio di una settimana tra Courmayeur, Chamonix e Crans-sur-Sierre. Una proposta di elevato prestigio, del valore di 1 milione e 650 mila dollari. E che dire di quando il golf esce dal green per assecondare i gusti di coloro che magari amano solo lo stile o il mood che incarna questo gioco, ma non le regole e la ferrea disciplina? Conte of Florence, ma anche Laura Biagiotti, Burberry e molti altri – oltre ai classici Chervò, Ralph Lauren, Lacoste e Nike – escono dal green e conquistano chi ama vestirsi in modo sportivo e dinamico, ma sempre raffinato e distinto. Addirittura un marchio come Borsalino, il cui nome richiama alla tradizione, alla classicità e all’eleganza senza tempo, si è buttato nello sportwear. Ma non in uno sport qualsiasi, nello sport più chic per eccellenza, il golf. Dettagli in tessuto tecnico, cashmere sottile per i pullover a rombi argyle, cotone per i pantaloni dalle linee fluide, lino per giacche destrutturate, ma soprattutto una linea di cappelli – come il porta-tee – che reinterpretano il tema dell’outdoor in chiave ingentilita e disinvolta, fanno parte della collezione. Ça va sans dire, ogni capo della collezione può e deve essere indossato anche fuori dal green.

CAMBIAMENTI IN ATTOAl di là delle vere e proprie passerelle, gli usi e i costumi del golf sono cambiati negli anni tanto da richiedere un vero e proprio “dress code” applicato dai vari club sparsi in tutto il mondo. È infatti strettamente raccomandato ai soci di seguire uno stile “smart but casual”, perché sebbene il gusto nel vestire sia una caratteristica altamente soggettiva, questo sport prevede alcuni standard d’abbigliamento che devono essere per tutti identici. Per esempio non è assolutamente permesso indossare jeans o pantaloni cargo con tasche laterali o coulisse in vita; i bermuda non devono superare la lunghezza del ginocchio e le calze, se si utilizzano gambaletti – naturalmente sempre bianchi, al massimo è permesso il logo del club – e non il calzino corto, devono restare sempre tesi e non “sciogliersi” sul polpaccio; il cappellino con visiera in nessun caso può essere portato al contrario e infine la maglietta deve avere il colletto tipico delle “polo” e non il classico girocollo che, anche se sdoganato molti anni fa dal Re Giorgio Armani che lo indossa come sottogiacca, risulta molto meno elegante se indossato da solo. Anche se nel tempo le rigide regole di un abbigliamento forse un po’ troppo ingessato hanno lasciato spazio a personalizzazioni indicativi del nostro tempo, ciò non significa che le norme vigenti andranno via via sparendo. Anzi, solitamente i golfisti amano questa severità quasi militaresca ma tanto chic. In ogni caso sono molti i giocatori, soprattutto tra i più giovani e “ribelli”, come ad esempio Ian Polter o Greg Norman, che hanno da tempo creato delle vere e proprie linee di abbigliamento, in primis per ovviare in qualche modo ai dettami di club che si ostinano a voler mantenere in vigore usanze un po’ “attempate”, ma in secondo luogo perché gli sponsor sono sempre alla ricerca di giocatori in grado di farsi notare e far parlare di sé.

GLI ESORDIMa da quando noi comuni mortali abbiamo incominciato a far entrare nelle nostre vite, e nel nostro guardaroba, capi di abbigliamento legati a questo affascinante mondo? Beh, forse proprio dagli esordi: da quando il golf, sport nel quale un giocatore deve apparentemente solo far entrare una pallina in una buca scavata nel terreno colpendola con differenti tipi di bastoni e impiegando il minor numero di tiri possibile, vede le sue origini. Origini peraltro estremamente controverse. Si ritiene infatti che il golf sia originario della Scozia da dove si è poi diffuso nelle isole britanniche e di lì nel resto del mondo, tuttavia alcuni appassionati e storici citano l’esistenza di documenti scritti, la cui evidenza testimonia la pratica di un gioco chiamato golf in Olanda già dal 1297. È difficile in ogni caso porre fine alla diatriba che si protrae da secoli, quel che è certo è che il gioco praticato dagli Olandesi risulta ben documentato sia da editti cittadini sia da sentenze di tribunali che punirono con ammende i golfisti ante litteram che causarono danni e disturbarono la quiete arrivando a giocare entro le mura delle città. Bisogna tuttavia sottolineare che, sul finire del XIII secolo, l’alfabetizzazione non era diffusa in Europa e in particolare in Scozia. Questo potrebbe spiegare l’assenza di documenti scritti in quanto è possibile che nessuno ritenesse necessario trascrivere di un passatempo praticato da pochi. In ogni caso la polemica su chi ha inventato il golf è esistita ed esisterà sempre. Tra le poche certezze vi sono i traffici commerciali tra l’Olanda e la costa orientale della Scozia che erano diffusissimi e fiorenti. Quindi, qualora un gioco un po’ stravagante avesse preso piede in Scozia come in Olanda, la notizia avrebbe impiegato assai poco tempo a diffondersi in ambo le direzioni attraverso il Mare del Nord. Altro fatto certo fu poi l’importazione in Scozia di palline provenienti dall’Olanda.