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La Versailles italiana

Fatta costruire da Carlo III di Borbone, la Reggia di Caserta doveva competere per dimensioni, sfarzo e bellezza con il palazzo reale francese. Ora un restauro da 20 milioni punta a rinnovarne i fasti, facendola tornare a splendere

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Dal 1997 fa parte della World Heritage List dell’Unesco. Appena tre anni prima di questo riconoscimento, nel luglio 1994, incantò la scena internazionale come sede del vertice G7. Sontuosa e imponente, la Reggia di Caserta, considerata l’ultima grande espressione del barocco italiano, è stata anche set d’eccezione di molti lungometraggi nazionali e stranieri: non solo I tre aquilotti (1942, con un giovanissimo Alberto Sordi), La Maja Desnuda (1958, con Ava Gardner), Il Pap’occhio (1980, con Renzo Arbore e Roberto Benigni) o Io speriamo che me la cavo (1992, con Paolo Villaggio), ma anche, più di recente, Star Wars (i primi due episodi, 2002-2005, di George Lucas), Mission Impossible (2006, con Tom Cruise) e Angeli e demoni (2008, di Ron Howard), solo per citarne alcuni. Eppure il complesso vanvitelliano è diventato, nel tempo, uno dei simboli del degrado e della cattiva amministrazione dei Beni culturali nel nostro Paese, risultando sovente poco agibile ai visitatori e, di recente, pure al centro di un’ispezione ministeriale. Tuttavia, proprio questa primavera sembra essere stato inaugurato un nuovo corso nella gestione della struttura, con l’insediamento di Fabrizio Vona in veste di sovrintendente per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico del Polo museale di Napoli e, appunto, della Reggia. Una svolta importante, in segno di netta discontinuità con le politiche precedenti. E, soprattutto, in ottica di un forte rilancio del capolavoro settecentesco, di cui è stato già avviato l’atteso restauro che, a quanto riportato dal Corriere del Mezzogiorno, supererà complessivamente i 20 milioni di euro. A questi si aggiungono altri 5 milioni per le emergenze, annunciati lo scorso mese dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, in seguito a un crollo parziale del tetto della Reggia.

GLI ALTRI GIOIELLI PARTENOPEI

Ma quali aspetti rendono unico questo fiore all’occhiello della Campania e, più in generale, di tutta la Penisola? Sicuramente la maestosità e lo sfarzo, voluti fortemente da Carlo III di Borbone, re di Napoli e di Sicilia, quando lo commissionò nel 1752. Fu il sovrano a ordinare la costruzione di un palazzo lontano dalla costa (quindi meno vulnerabile agli attacchi via mare) e dai capricci del Vesuvio – Caserta dista circa 30 km da Napoli – ma, soprattutto, in grado di competere per dimensioni, bellezza e ricchezza con le principali regge europee dell’epoca: tra tutte la parigina Versailles, lustro di Luigi XIV, il Re Sole, di cui Carlo III era pronipote, e la viennese Schönbrunn. La sua realizzazione (che durò oltre un secolo, fino all’Unità d’Italia nel 1861) fu affidata in principio a uno dei migliori architetti dell’epoca, Luigi Vanvitelli (1700-1773), nato nel capoluogo partenopeo da una famiglia di artisti olandesi; probabilmente dal padre, Gaspar Van Wittel, eccezionale pittore vedutista dell’epoca, ereditò la straordinaria capacità di resa scenografica e l’estrema bravura nella valorizzazione del paesaggio.

VANVITELLI SEGRETO

Allestita negli appartamenti storici del Palazzo Reale di Caserta, dove rimarrà fino al 31 ottobre, la mostra Vanvitelli segreto: i suoi pittori da Conca a Giaquinto – la Cathedra Petri mette in luce due aspetti dell’architetto poco conosciuti: la bravura nell’arte decorativa e in quella pittorica, e il sostegno che diede ad artisti della scena romana e napoletana, come Sebastiano Conca e Corrado Giaquinto. Una raccolta di lettere provenienti dall’archivio della Reggia mostra invece la sua grande passione e la notevole competenza in campo musicale.

Una prima dimostrazione di ciò si ottiene appena varcato l’ingresso della gigantesca struttura dalla pianta rettangolare (con un’estensione di ben 47 mila mq). Il lungo portico che attraversa l’asse centrale della Reggia si trova in linea con le vasche delle fontane del parco e costituisce un ideale collegamento tra questo e la straordinaria cascata, posta al culmine della fuga prospettica così creata, regalando un “effetto cannocchiale” molto suggestivo. All’interno, tra stanze private, cappelle, teatri, saloni da ballo e bagni lussuosi, si susseguono più di mille ambienti dotati di 1.742 finestre e disposti su cinque piani, oltre a due sotterranei. Al cuore del Palazzo si accede risalendo il grande scalone d’onore centrale, che collega il vestibolo inferiore a quello superiore, fino agli appartamenti reali. Il più grande tra questi è la Sala del Trono, lunga 15 metri e larga più di 40, con un elevato soffitto a volta su cui si può ammirare ancora oggi l’affresco di Gennaro Maldarelli che rievoca la posa della prima pietra. Di fronte al vano dello scalone d’onore, sovrastato da due leoni di marmo, simboli regi, e tre importanti statue – Verità, Maestà Regia e Merito – si trova la Cappella Palatina, che più di ogni altro luogo della residenza mostra un’evidente analogia con Versailles.

Sul lato occidentale, invece, sorge un magnifico teatro, una sorta di copia in miniatura del celebre San Carlo di Napoli, con ben 42 palchi su cinque livelli diversi, tra cui svetta per dimensioni e altezza quello reale, sormontato da una gigantesca corona. Il palcoscenico ha una particolarità: oltre il fondale, c’è un ampio portale che dà direttamente sul parco; in questo modo, durante le rappresentazioni, si potevano sfruttare le vedute, ma anche l’ambiente naturale per ricreare effetti speciali, dai getti di fontana a piccoli incendi. Nei circa 120 ettari di verde, tra prati e viali, anch’essi progettati da Vanvitelli (dopo la sua morte, fu sostituito prima dal figlio Carlo, poi da vari architetti), le famiglie reali si svagavano con la corte e i loro ospiti. Vasche, cascate e fontane, che coprono in tutto 3 km, fanno parte di un laborioso sistema idrico. Per fare arrivare l’acqua, Vanvitelli realizzò un altro dei suoi capolavori, l’acquedotto Carolino, che si snoda lungo un percorso quasi interamente sotterraneo, tranne nel punto in cui emerge con una struttura imponente a tre ordini di arcate. Per costruirlo ci vollero 16 anni di lavoro e oltre 621 mila ducati dell’epoca (svariati milioni di euro attuali). Ultima suggestione che la Reggia regala ai visitatori: il giardino inglese, costruito a partire dal 1785 per volontà di Maria Carolina, consorte di re Ferdinando IV, sulla scia della moda che dall’Inghilterra si stava diffondendo in tutta Europa e che prevedeva spazi en plein air dedicati allo svago e al ristoro dei reali, tra serre botaniche e profumati aranceti. In concomitanza con la scoperta di Pompei ed Ercolano, tra fine ‘700 e inizio ‘800, i Borbone fecero realizzare alcuni ambienti, utilizzando rovine e pezzi originali provenienti dai primi scavi dell’epoca. Incantato, stupito, avvolto da un senso di reverenza di fronte alla magnificenza architettonica ed estetica: ancora oggi chi entra nella Reggia e ne percorre i cortili può rivivere appieno i fasti delle corti borboniche e ammirare lo sfarzo estremo dell’età barocca.

FABRIZIO VONA SOVRINTENDENTE POLO MUSEALE NAPOLI E REGGIA DI CASERTA

Sovrintendente, qual è l’attuale stato della Reggia vanvitelliana?

Purtroppo la cattiva tenuta del complesso e dei cortili è sotto gli occhi di tutti, ma a breve riprenderanno i lavori – la prima tranche è iniziata sotto la precedente gestione – per la messa in sicurezza di tutte le facciate e di alcune zone del Parco. È difficile fare oggi una stima della durata complessiva del restauro, ma prevediamo che tutto sia completato entro un anno e mezzo al massimo. Il 2015, ricco di avvenimenti culturali di primaria importanza in tutta Italia, dall’Expo di Milano all’ostensione della Sacra Sindone a Torino, rappresenterà anche per la Reggia un’importante occasione di riscoperta.

Il suo obiettivo primario?

Io e i miei collaboratori vogliamo rilanciare l’immagine della struttura. A tal fine stiamo cercando di intervenire per porre rimedio al degrado esistente e alcuni disservizi. Qualche esempio? Stiamo lavorando attivamente per l’eliminazione delle automobili all’interno della Reggia. E abbiamo già stretto un accordo con prefettura e questura per non consentire l’ingresso ai venditori abusivi. Quest’anno, inoltre, dopo un periodo d’interruzione, riproporremo una nuova edizione di “Percorsi di luce”: illuminazioni, spettacoli teatrali e musiche animeranno le notti della Reggia lungo i viali del Parco e del giardino all’inglese da luglio a ottobre, per attirare sempre più persone.

Negli ultimi anni si è registrato un calo significativo di pubblico…

Sì, una diminuzione progressiva, lieve ma inarrestabile: si è passati dal 1 milione e 200 mila ingressi di fine anni ‘90 ai 450 mila nel 2013. Ma ci sono piccoli segnali di ripresa, che fanno ben sperare: a marzo, in concomitanza con il nuovo insediamento della sovrintendenza speciale, il pubblico è aumentato del 10% sullo stesso mese dell’anno scorso. Tra Pasqua e i giorni di festa tra fine aprile e i primi di maggio i visitatori sono stati oltre 10 mila.

Altre iniziative dei prossimi mesi?

Grazie anche a formule integrate per i biglietti all’entrata, potenzieremo la sinergia tra i capolavori di tutta la rete museale tra Napoli e Caserta. Organizzeremo manifestazioni e mostre mirate, per valorizzare il patrimonio italiano. Auspico la collaborazione della prefettura, degli enti e delle istituzioni locali e delle Forze dell’ordine. E poi sono favorevole a una maggiore apertura ai privati: per fare cassa, che nel nostro caso significa poter avere soldi da reinvestire nella manutenzione ordinaria e nel restauro artistico, ritengo importante e utile concedere spazi a set cinematografici e televisivi, associazioni, case di moda. Il rilancio della Reggia parte anche da qui.

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La Reggia di Caserta fu fatta costruire da Carlo III di Borbone