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Lifestyle

La seconda vita green del Suv

Non più brutti, sporchi e cattivi: la nuova generazione di sport utility vehicle sembra rispondere colpo su colpo alle critiche dei detrattori della categoria, sfatando molti luoghi comuni

architecture-alternativo

Nei forum dedicati al mondo delle quattro ruote il popolo del Web ha un nemico pubblico numero uno: i Suv. «Pesano troppo e hanno il baricentro troppo alto», scrivono in molti, «e poi chi li guida si crede il padrone della strada», fanno eco altri, mentre molte anime verdi invitano a tenere d’occhio i consumi che, a loro parere, sono troppo spesso sopra le righe.

E gli sportiveggianti? Apriti cielo: «La guidabilità è pessima e il beccheggio troppo elevato», sentenzia uno dei blogger più cliccati. Secondo la pubblica accusa, insomma, si tratta di veicoli nella migliore delle ipotesi inutili e, nella peggiore, dannosi.

Eppure l’acronimo Suv sta per sport utility vehicle, ovvero veicolo utilitario sportivo. Possibile che le caratteristiche dichiarate nel certificato di nascita siano state tradite in un modo così clamoroso? Se il giudice unico fosse il mercato, l’assoluzione sarebbe totale: il fatto che le station wagon tradizionali si siano ormai trasformate in prodotti di nicchia avrà pure un motivo…

Jaguar Land Rover

Hyundai

Forse la verità si nasconde nei listini delle case automobilistiche: scorrendoli si scopre che i Suv non sono più gli stessi e che i migliori tra quelli dell’ultima generazione sembrano progettati apposta per sfatare molti luoghi comuni.

Partiamo dalla presunta avversione per l’ecologia di chi guida un Suv: cosa dire della Lexus Nx Hybrid che dalla combinazione tra motori tradizionale ed elettrici tira fuori 197 cavalli? Percorre in media circa 19 chilometri con un litro nonostante pesi quasi 19 quintali.

E meglio ancora fa la Porsche Cayenne, sì proprio l’auto trasformata in macchietta qualche anno fa da Marco Ranzani di Cantù (ovvero da dj Albertino). Lei oggi parla il linguaggio green nella versione plug in che si carica alla spina, capace di sfiorare i 30 con un litro e, soprattutto, di emettere solo 79 grammi di CO2 al chilometro.

Un po’ più assetata risulta la Mitsubishi Outlander Phev, un’altra plug in che, in compenso, dichiara di poter percorrere in modalità totalmente elettrica fino a 52 chilometri, mentre i polmoni di chi frequenta i centri cittadini fanno la ola.

GLI ULTIMI MODELLI

SONO SPECIALISTI

NELLE CURE DIMAGRANTI.

MENO PESO SIGNIFICA

MENO CONSUMI, MA NON

MENO TECNOLOGIA

Passiamo al secondo capo d’accusa, quello che dipinge i Suv come macchinoni sempre ansiosi di mettere a repentaglio l’integrità fisica di pedoni e ciclisti usando le dimensioni extralarge come arma.

Roba vecchia, si direbbe leggendo il numero 425, che sta per i centimetri di lunghezza della nuova Fiat 500X, che verrà prodotta a Melfi e avrà un prezzo d’attacco intorno ai 20 mila euro, tanto per dare il benservito a chi in Rete identifica tutti i Suv driver come ricconi.

Chi la critica dice che all’interno lo spazio è un po’ poco, ma Roberto Giolito, responsabile del design Fiat, risponde: «Su questa vettura non c’era la necessità di avere il massimo spazio possibile a bordo, come invece accade per la 500 L, così abbiamo puntato su proporzioni più armoniose, ottenute anche con le grandi ruote e con i bordi neri sui passaruota, che amplificano l’impatto ottico della vettura».

I nuovi modelli sono anche specialisti nelle cure dimagranti. La nuova Renault Espace non solo si trasforma da monovolume a crossover, ma lo fa perdendo 250 chilogrammi rispetto alla versione precedente. Ed è addirittura di quattro quintali il miglioramento alla prova della bilancia della Land Rover Discovery Sport, una compatta talmente ben riuscita da convincere i vertici della Casa a farne un brand autonomo come in passato era accaduto, per esempio, alla Mini.

Meno peso non significa però minore tecnologia. «Sulla Espace, per esempio, basta schiacciare il tasto del sedile che vuoi che si pieghi e questo scompare elettricamente nel pavimento», dice Laurens van den Acker, responsabile del design della casa francese. Versatilità geniale, come quella che si trova sulla nuova monovolume compatta Honda Hr- V, anche se purtroppo ha perso i tre posti singoli nella fila davanti cha la caratterizzavano un tempo insieme con la Fiat Multipla.

A questo punto la procedura processual-giornalistica prevede che la parola torni all’accusa. Che l’affida a un assiduo frequentatore dei forum: «I Suv sono ferri da stiro che non hanno nulla a che vedere con la guida sportiva», sentenzia.

Affermazione d’altri tempi, potrebbe ribattere con successo la difesa, perché oggi siamo nell’era dei crossover, cioè di macchine dai tanti volti come le Bmw X4 e X6 che, neanche a dirlo, sono mezze utility e mezze coupé. Certo, i prezzi non sono popolarissimi e partono da quota 49 mila euro, ma le prestazioni su strada non lasciano spazio a contestazioni di sorta: sono da sportive di razza pura.

SIAMO NELL’ERA DEI CROSSOVER,

CIOE’ DELLE AUTO DAI TANTI VOLTI.

ALCUNE, MEZZE UTILITY

E MEZZE COUPE’ HANNO PRESTAZIONI

DA SPORTIVE DI RAZZA

Sul banco dei testimoni salgono, allora, ciclisti e pedoni. Su una certa tendenza dei guidatori di Suv a farsi prendere la mano dal senso di potenza che deriva dalla posizione di guida rialzata c’è poco da eccepire, basta farsi un giretto in città per maledire almeno una mezza dozzina di maleducati.

Già, ma che cosa c’entrano le macchine? Per esempio, la Volvo Xc 90 si ferma da sola se “vede” un ostacolo ed è in grado di rilevare la presenza di ciclisti e pedoni anche negli angoli morti di visibilità per il guidatore.

La vettura svedese, oltre a essere amica degli altri utenti delle strade, si segnala anche per la qualità degli interni: «Abbiamo scelto materiali come il legno e la pelle secondo un concetto di lusso scandinavo semplice e raffinato», dice Thomas Ingenlath, capo del centro stile Volvo. Si è invece concentrato sulla carrozzeria il lavoro dei designer che in casa Volkswagen hanno rifatto il look alla Touareg.

Alla faccia di chi odia le forme extralarge dei Suv, le nuove linee fanno apparire la vettura ancora più imponente e larga, grazie soprattutto al muso, caratterizzato dai grandi fari profilati. Esattamente opposta la filosofia applicata dalla Toyota alla C-Hr, una crossover “quasi coupé”, un’ibrida dalle forme tanto moderne quanto compatte.

«Abbiamo puntato molto sull’aerodinamica», spiega Roberto Falasca, l’italianissimo progettista della vettura, «e le grandi forme sono nemiche del Cx. Poi abbiamo lavorato sui particolari: per esempio, lo specchietto retrovisore si è trasformato in un piccolo flap che contiene la minitelecamera controllabile dallo schermo di bordo. In questo modo anziché essere un problema diventa uno dei tanti piccoli vantaggi che ci permettono di ridurre i consumi».

Capito, cari forumisti? I vostri strali erano giustificati un paio di lustri fa, oggi lo sono molto meno. Ma anche i Suv vecchio stile hanno diritto alla difesa e potrebbero dire nell’arringa finale: «Noi non eravamo cattivi, è che ci disegnavano così…».

Credits Images:

La nuova Discovery Sport di Jaguar Land Rover