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Gusto

Valdarno di Sopra: una Doc a tutta bio

La denominazione Valdarno di Sopra è giovane ma ha radici antiche. E punta a diventare la prima denominazione italiana interamente biologica per disciplinare

architecture-alternativo Credits: © iStockPhoto

Ai tempi di papa Giulio III, nel Valdarno di Sopra si producevano alcuni dei vini preferiti dal pontefice, e i suoi bianchi spuntavano prezzi da capogiro per l’epoca. Oggi la situazione si è rovesciata con i rossi a farla da padrone, benché non manchino alcuni bianchi di squisita fattura e intensità. Questa doc storica fu tra le prime al mondo a essere protette da Cosimo III dei Medici – alla pari di Chianti Classico, Carmignano e Pomino – ma ha visto diminuire il proprio prestigio fin quasi ad azzerarsi nel secondo Dopoguerra, quando il Valdarno ha intrapreso una vocazione industriale e di servizi.

Solo di recente è tornata a fiorire, forte di una particolarità vincente: tutti i soci del Consorzio sono già certificati biologici o in fase di conversione, in un panorama mondiale dove la sostenibilità e l’attenzione all’ambiente sono molto apprezzate dai consumatori.

A contribuire al suo rilancio è stata anche una forte attenzione per la comunicazione del territorio e delle sue specificità, senza però puntare su singoli vitigni, anche se le varietà più importanti sono il sangiovese e il trebbiano.

Assaggiando i rossi si ha spesso l’impressione di ritrovare una struttura simile al Brunello, ma con tensione e freschezza più da zone alte del Chianti Classico. Sono, quindi, quasi sempre presenti note di sottobosco, terrosità e salinità sottile. Altra caratteristica tipica è l’acidità del sangiovese, sempre pulsante anche negli altri vitigni, conseguenza del fatto che il clima è più fresco e le escursioni termiche più forti che altrove in Toscana.

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Da sinistra: l Bòggina B di Petrolo, da uve trebbiano; Alessandro dal Borro, il vino più importante de Il Borro di proprietà Ferragamo; il Pugnitello di Mannuncci Droandi, vitigno autoctono recuperato e vinificato in purezza; il Ruschieto de La Salceta; il Vigna dell’Impero di Tenuta Sette Ponti

Esempi ormai classici del territorio di Valdarno di Sopra sono i vini de La Salceta, come il Vigna Ruschieto, ma è ottimo anche il sangiovese di Migliarina e Montozzi. Tra i nomi più celebri c’è Tenuta Sette Ponti, che dedica alla doc la sua Vigna dell’Impero, un vino dal frutto deciso, corposo ed esplosivo, dove terra e frutto giocano bene insieme: il tannino è ricco e pepato, sostiene bene il corpo e la struttura, e il finale è memorabile per la sua ampiezza balsamica.

Fattoria Fazzuoli si ritaglia uno spazio con la sua Riserva e con il pugnitello, vitigno autoctono recuperato e vinificato in purezza anche da Mannuncci Droandi. Sul sangiovese altri acuti ormai classici sono quelli di Petrolo con il suo Bòggina sempre elegantissimo, di Tenuta San Jacopo con la Vigna Mulino e dello squillante Bagnolo di Podere La Madia.

I riconoscimenti più importanti della critica sono stati, però, ottenuti sul versante delle varietà internazionali e, in effetti, le prove sono “maiuscole” in questo campo. Parliamo del cabernet sauvignon di Campo del Monte e soprattutto del merlot di Galatrona.

Spazio anche alla syrah che anima il vino più importante de Il Borro di proprietà Ferragamo, ovvero Alessandro dal Borro. Tanta notorietà per la zona anche dalla particolarità ampelografica caberlot con cui la famiglia Rogosky produce solo in magnum un vino potente e avvolgente, ma di un’eleganza principesca.

Tra i bianchi il rilancio è ripartito da poco, ma offre già ottimi prodotti, come il Bòggina B di Petrolo, da uve trebbiano. Podere la Madia produce una malvasia lunga in purezza, mentre Clio Cicogni, con un’originale gamma di etichette basata su un mazzo di tarocchi creato ad hoc, punta su riesling, su un orange dalle sfumature sorprendenti e un cabernet franc originale e intenso.