Gusto
Ristorante Une: la cucina secondo Giulio Gigli
Dopo un lungo periodo di formazione, lo chef Giulio Gigli ha scelto la sua Foligno per aprire il suo ristorante
All’ombra della Rocca dei Trinci a Capodacqua (Foligno) c’è un vecchio mulino quattrocentesco ed è qui che ha scelto di tornare Giulio Gigli, talento umbro e prossima star della cucina italiana, dopo 15 anni di peregrinazioni d’eccellenza comprendenti il Pagliaccio di Anthony Genovese a Roma, Le Cheval Blanc di Yannick Alléno, il tre stelle Benu di San Francisco e il Disfrutar a Barcellona. La sua è una cucina fatta di creatività mai fine a sé stessa ma sempre al servizio del territorio, della materia prima, della tradizione da raccontare e dell’eccellenza agricola da valorizzare.
Cosa ha ritrovato della regione che aveva lasciato?
È stato un ritorno positivo, ho lasciato l’Umbria a 19 anni per fare esperienza e sono tornato in una Regione dalla qualità di vita molto elevata. A livello culinario ho riscoperto tanti prodotti e i valori gastronomici della tradizione locale. Le materie prime come il pesce di lago e di fiume e crostacei. Ho ri-conosciuto tanti allevatori e agricoltori che lavorano seriamente e in modo coerente con la mia filosofia. E poi l’Umbria è regina dei legumi, penso al cece nero, la roveja di Cascia, la fagiolina del lago, la lenticchia di Castelluccio: un mondo vario e di alto livello in cui c’è solo da scegliere. Il bello è che questa Regione oggi è piena di ragazzi con idee, voglia di fare, competenze, anche colleghi ristoratori che non si scoraggiano per il piccolo bacino di utenza. Quello che manca è la visibilità, le iniziative sono tante ma insufficienti a farne conoscere davvero qualità ed eccellenza.
La valorizzazione degli ingredienti come avviene nel suo locale?
Valorizzare un ingrediente significa partire dal sapore tradizionale guardandolo con altri occhi e modificarlo nella consistenza, con un diverso abbinamento o una cottura alternativa. La stessa materia prima filtrata dalla sensibilità dello chef fa sì che il cliente riconosca i sapori dell’Umbria pur mangiando qualcosa di completamente nuovo in termini di impostazione e presentazione del piatto. Nel nostro orto abbiamo vari “letti” tematici da cui otteniamo conserve, lavoriamo per avere giardiniere stagionali e non miste. E poi abbiamo tanto aglione, per fortuna visto che è richiestissimo. Ci siamo dedicati anche alla raccolta di elementi “selvatici” come fiori di acacia e di sambuco, lillà, germogli di pino, fichi verdi: il bosco in questa stagione è ricco di sorprese!
La sua cucina in questo momento guarda più all’Europa o a Oriente?
Le ispirazioni maggiori sono il territorio e la stagionalità (cambiamo otto menu l’anno, due per stagione). Seguiamo tutte le stagioni del tartufo, dal nero al bianchetto fino all’estivo, facciamo foraging in stile nordico, ma in realtà siamo mediterranei ed è quello il riferimento principale della nostra cucina. Dovendo scegliere, direi che come influenze guardo al Nord Africa, alla Turchia e Mediterraneo orientale con il melograno e spezie particolari come il sumak, tutti elementi che portano un’acidità che si innesta bene sui sapori umbri.
Quanto sono coinvolti i suoi collaboratori?
Siamo una squadra e una brigata molto ridotta, tre in cucina e due in sala, più un ragazzo nell’orto. Siamo tutti coinvolti e ciò rende le spiegazioni al tavolo più efficaci e spontanee. Facciamo tante prove e a turno veniamo serviti dal resto della brigata per comprendere il giusto ritmo della cena. Il momento più importante della giornata è la rassegna quotidiana su quanto è stato raccolto nell’orto.
Distillati in casa, fermentati e preparati alcolici: cosa prevede il futuro in casa Une?
Abbiamo preparato una sfera di Margarita bianca al melone, la kombucha di carciofi dai suoi gambi, un rum macerato con cachi e semi di zucca, un gin fizz fatto al sifone con l’achillea e i fichi verdi come benvenuto, e via via li abbiamo inseriti nel corso del pasto o con i dolci. Prossimamente aspettatevi qualcosa a base di sambuco…
Come si sposa la sua cucina con i vini umbri?
Da qualche mese abbiamo l’abbinamento su tre o cinque calici, quasi sempre su vini umbri con aggiunte eccellenti e mirate. In questo periodo ci appassionano, e si sono rivelati ottimi a tavola, bianchi come il grechetto di Andrea Pilar, il Calaverna e il Trebbiano Spoletino Poggio del Vescovo di Cantina Ninni, mentre tra i rossi spicca Le Scese di Collecapretta, un sangiovese sorprendente, perfetto per valorizzare la nostra ricerca.