Gusto
Sogno di una notte di mezza estate
È quello vissuto, da Sorrento a Forte dei Marmi, dallo chef Cristoforo Trapani de La Magnolia all’interno dell’Hotel Byron: con la sua cucina tosco-campana ha conquistato la Versilia – e la stella Michelin – in un solo anno
Una storia davvero molto italiana, ma perfetta per un sogno di (fine) estate che prosegue anche più in là nel tempo. Cristoforo Trapani parte da Castellammare di Stabia (Napoli) e dal negozio di ortofrutta di mamma Felicia a Piano di Sorrento per arrivare in una delle piazze più esigenti d’Italia, ovvero Forte dei Marmi, in Versilia, al ristorante La Magnolia dell’Hotel Byron, ritrovo di tutto il jet-set internazionale e sempre più meta gourmet di livello. Tra gamberi rossi di Mazara, anguille, nero di seppia, moscardini, arselle, triglie, ed elementi vegetali forti come sedano rapa, mela verde, finocchio, polvere di rapa rosa, baccelli di soia e gli immancabili limoni di Sorrento, la sua cucina ha sedotto palati da ogni parte d’Italia e la stella Michelin ha confermato ancora una volta l’intuito del direttore del Byron, Salvatore Madonna, nello scegliere gli chef per i suoi alberghi. Ci facciamo raccontare il suo primo anno al Forte con qualche idea per i prossimi…
Un anno al Forte dei Marmi dopo Castellammare di Stabia, sembra un triplo salto mortale: come è andata con gli esigenti clienti della Versilia?
Sembra passato solo qualche giorno, ma ormai è più di un anno fa che sono arrivato in Versilia, nella tarda primavera del 2015. È stato un po’ improvviso come incontro quello con Salvatore Madonna, ma dopo le esperienze con Heinz Beck, Antonino Cannavacciuolo, Moreno Cedroni e Davide Scabin ho capito che poteva essere importante per la mia crescita professionale. Si è rivelata da subito una bella esperienza, e per fortuna il feeling con i clienti è stato immediato, mi sono concentrato molto sul capire i loro gusti e le loro esigenze, poi lo spirito campano ha fatto il resto.
Qual era l’aspetto che credeva più difficoltoso, e che invece si è rivelato semplice, nel prendere in mano le redini di un ristorante già affermato e “stellato”?
Devo dire che non c’era solo un aspetto che io pensavo fosse difficoltoso, ma molti. La gestione di un albergo cinque stelle lusso, il cambiamento della cucina dopo undici anni sotto la direzione di un altro chef (Andrea Mattei, ora al Meo Modo del Relais Borgo Santo Pietro, in provincia di Siena, ndr), la riconferma della stella Michelin cui tutti tenevano molto… Di fronte a queste sfide ci siamo concentrati nel fare quello che sappiamo fare meglio, ovvero cucinare esaltando al massimo gli ingredienti, e giocando con il potere dei profumi e delle emozioni che possono suscitare, odori e sapori universalmente capaci di sedurre e catturare il piacere delle persone. Il riscontro è stato grande e immediato, e siamo rimasti piacevolmente sorpresi nel centrare subito tutti gli obiettivi.
Ingredienti toscani e campani, quali le maggiori differenze in termini di uso e gusto?
La Campania e la Toscana sono due regione ricche di grandi materie prime. Ed è per questo che abbiamo deciso di scegliere il meglio delle due regioni per fare una cucina tosco-campana, che cerchi la materia prima anche a 600 km di distanza. Sono fortunato, perché tutto quello che non trovo qui posso farmelo spedire due volte a settimana dal negozio di ortofrutta di mamma e papà, che selezionano le migliori materie prime per noi. Parlo dei limoni di Sorrento, delle mele annurche e soprattutto del pomodoro: grazie alla collaborazione con il produttore Dario Montoro, ricevo i miei pomodori San Marzano direttamente qui in albergo. Per uno chef delle mie parti, equivale a sentirsi a casa e permette di lavorare con molta serenità.
Il mar Tirreno le ha riservato qualche sorpresa? Qual è il pesce che ha stimolato la sua creatività?
All’inizio, in effetti, è stato un po’ difficile: non riuscivo, ovviamente, a trovare il pesce che mi era familiare. Con il tempo, e dopo una lunga ricerca e tante prove, ho trovato una grande materia prima che non mi fa rimpiangere il mare delle mie parti. Il pesce è un elemento talmente ricco di sfaccettature e sapori, che non ha bisogno di tanti ingredienti ma solo di una cottura precisa e attenta. In questo periodo si usa tanto la ricciola di fondale o pesce nero, noi la prepariamo con una salsa di pomodori arrosto e asparagi di mare.
Ci racconti la storia di un piatto nato in quest’ultimo anno.
I miei piatti nascono da un’ispirazione, o da un input di Salvatore o dei miei ragazzi, perché senza di loro non potrei fare nulla. Un esempio classico della nostra cucina tosco-campana è la Mescafrancesca (pasta di vari formati cotti separatamente e serviti insieme) con vongole, arselle, maruzzelle, fagioli schiaccioni: un piatto che rievoca, in versione gourmet, la pasta mista cozze e fagioli che faceva la nonna.
E a quale vino, toscano o meno, abbina un simile capolavoro?
Mi piace molto accompagnarlo con il Vermignon di Tenuta Lenzini, un bianco biodinamico e naturalissimo, fresco, sapido e pulito che esalta i sapori del piatto con le sue note di frutta bianca e tratti balsamici che “pescano” il meglio del Vermentino (agrumi, erbe aromatiche) e del Sauvignon (floreale, fruttato bianco, note balsamiche). Mediterraneo nel piatto e nel bicchiere, una meraviglia capace di parlare da solo al gusto di chi si sieda al nostro tavolo.