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Flotte aziendali, lo stato del mercato italiano

Una delle poche luci nel momento buio del mercato dell’automotive tricolore è il settore del leasing e del noleggio a lungo termine. Ma potrebbe performare molto meglio se le regole del gioco fossero più favorevoli alle aziende. Così affrontano la congiuntura le principali case automobilistiche

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Nella Caporetto del mercato dell’auto c’è un settore che mantiene eroicamente le posizioni anche se è costantemente sotto attacco. È quello delle flotte aziendali. E se pensate che si tratti di una nicchia sbagliate di grosso, perché rappresenta il 17% del mercato italiano dell’auto. Come dire che su dieci vetture nuove di fabbrica quasi due sono destinate al noleggio a breve o lungo termine. Nei primi mesi di quest’anno il fatturato del comparto ha fatto registrare, rispetto al corrispondente periodo del 2012, un +0,4%, risultato particolarmente brillante se confrontato al crollo verticale del resto della filiera delle quattro ruote. Il rovescio della medaglia è però costituito da un calo del 18% delle immatricolazioni di veicoli, che nel caso del noleggio a lungo termine tocca un secco -23%. Dati che si traducono, in concreto, nell’aumento dell’anzianità media del parco circolante. Stabile, invece, il numero delle componenti delle flotte, attestato poco sopra quota 600 mila. Quasi un miracolo, se si considera che le divisioni corazzate del fisco continuano a dispiegare tutta la loro potenza di fuoco. Per prima cosa la deducibilità è stata ridotta nel corso di pochi mesi dal 40 al 20% (il colpo di grazia è arrivato dalla legge di Stabilità 2013), mentre in altri Paesi dell’Unione europea arriva al 100%. Anche l’Iva ci mette del suo, dato che è detraibile solo al 40%, mentre anche in questo caso nel resto d’Europa spesso si arriva al massimo della scala da uno a 100. Il risultato, secondo un recente studio dell’Aniasa (è l’Associazione nazionale industria dell’autonoleggio e servizi automobilistici), è che su una vettura aziendale media del valore di 30 mila euro in Italia si possono detrarre e dedurre esattamente 5.697 euro, cioè poco meno di un quinto di quanto possono scaricare le aziende tedesche e spagnole e circa un quarto di quelle francesi e britanniche. A forza di picchiare duro, però, il fisco rischia di fare harakiri. «Questo regime di tassazione fa sì che in Italia la quota di mercato rappresentata dalle vetture aziendali sia ben lontana da quella di altri Paesi», spiega Paolo Ghinolfi, direttore dell’Aniasa. «Qualche esempio? Il 62% della Germania, il 55% della Gran Bretagna, il 49% della Spagna, il 43% della Francia… Il risultato paradossale è che da noi il calo delle immatricolazioni delle auto aziendali è costato all’erario 350 milioni di euro solo tra imposte dirette e indirette. L’allineamento ai parametri europei garantirebbe più competitività alle aziende e libererebbe risorse per gli investimenti», continua Ghinolfi, «senza contare la boccata di ossigeno che arriverebbe al mercato dell’auto e, soprattutto, ai modelli più ecologici e sicuri». La tendenza delle aziende è quella di puntare su modelli di cilindrata e classe inferiori rispetto a quelle di qualche anno fa. Si tratta, ancora una volta, di un effetto della politica fiscale che, in questo caso, somma i suoi effetti alla crisi economica, che consiglia l’acquisto di automobili che costano e consumano meno. «È vero», conferma Maurizio Ambrosino, Corporate&Direct Sales Director Bmw Group Italia, «le aziende pressate dalla necessità di contenere le spese e dal caro-carburante hanno cominciato a chiedere modelli di dimensioni più ridotte. O, in alternativa, auto ad altissimo contenuto tecnologico: il nostro jolly sono i 3 mila ingegneri che lavorano a Monaco di Baviera, che hanno aumentato la sicurezza equipaggiando ogni modello con una sofisticata elettronica di controllo e prevenzione che salva la vita, che hanno perfezionato l’EfficientDynamics, cioè un insieme di tecniche che vanno dall’aerodinamica al recupero dell’energia in frenata, allo start&stop in modo da dare alle flotte vetture di alta gamma con bassi consumi e basso inquinamento, ma anche dotate di grande confort».

PARLANO LE AZIENDE

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Vetture che non devono più necessariamente essere nuove di zecca: Alphabet Italia Fleet Management, la società del gruppo Bmw che si occupa di servizi di mobilità e noleggio a lungo termine punta, per esempio, sui pacchetti Fresh e Hot, che offrono vetture della casa bavarese usate con un massimo di tre-sei mesi di vita, garantite e completamente revisionate nelle concessionarie. Secondo Marco Girelli, nominato di recente Sales Director della società, questi prodotti centrano un obiettivo strategico: offrire ai clienti l’emozione di guidare auto sicure e affidabili, offerte a canoni interessanti. Insomma, la parola d’ordine di chi vuole restare con successo sul mercato è innovare. Magari anche la gamma dei modelli: tra quelli emergenti nelle classifiche di settore le Mazda Cx 5 e 6, una crossover e una berlina o station wagon molto apprezzate dal middle management nostrano grazie all’ottimo rapporto prestazioni-consumi. A proposito di caro benzina, uno studio condotto da Aniasa e Deloitte, una tra le più grandi realtà nei servizi professionali alle imprese in Italia, rivela che l’80% dei veicoli elettrici immatricolati nel 2012 è finito nei garage dei noleggiatori. Intendiamoci: si tratta di numeri in formato lillipuziano, di 524 vetture in tutto, ma le possibilità di crescita in questo settore sono enormi. «Il noleggio potrebbe fare da trampolino alla diffusione delle auto elettriche e, soprattutto, di quelle ibride», conferma Paolo Ghinolfi. Sì, perché il 60% delle società di noleggio e delle flotte ha già in squadra almeno una vettura bimotorizzata. E in questo campo, purtroppo, il tricolore non solo non sventola, ma non ha neppure iniziato ad arrampicarsi sull’asta della bandiera. Perché, fuor di metafora, per le aziende italiane le ibride a quattro ruote sono considerate una nicchia dal presente mediocre e dal futuro incerto. Sarà, ma più dell’80% selle aziende intervistate da Aniasa e Deloitte le guarda con grande interesse. La più desiderata? L’Opel Ampera, con i suoi quasi 70 chilometri con un litro, vero schiaffo ai rais del petrolio. Costa molto, è vero, ma le aziende sono ancora disposte a investire in tecnologia anche quando si tratta di rendere più efficienti le loro flotte.

La Top 10 (con podio tricolore)

Il Gruppo Fiat avrebbe da guadagnare più degli altri dal rinvigorimento delle flotte aziendali italiane: anche se la sua quota del mercato è scesa dal 42.8% del 2010 al 37,1 dello scorso anno, i primi tre modelli nella hit parade degli acquisti sono tutti della scuderia di Sergio Marchionne. Un podio completamente monopolizzato grazie alle ottime performance della Fiat Panda (11.830 esemplari piazzati nel 2012), della Grande Punto e dell’Alfa Romeo Giulietta. Quarta e quinta due tedesche, la Volkswagen Passat e l’Audi A4, che precede di un’incollatura la Ford Focus e un’altra Fiat, la 500. A chiudere la top ten la Opel Astra, la Lancia Ypsilon, che è il modello che ha fatto registrare la crescita più sostanziosa (dalle 898 vetture del 2011 alle 3.723 dell’anno scorso), e le Bmw della Serie 3.