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Gusto

La cucina secondo lo chef Andrea Berton

Stile, tecnologia, sensibilità: è questo il matrimonio perfetto ai fornelli secondo lo chef stellato che rivela: «Adoro l’induzione a casa e al ristorante. E con le soluzioni per il sottovuoto, preparare grandi piatti è davvero semplice»

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«Tornare in cucina dopo la chiusura per il lockdown è stato come aprire un nuovo ristorante», racconta Andrea Berton nel corso della sua estate on the road. A inizio giugno la riapertura dei fornelli con il pubblico in sala – «l’essenza stessa del nostro lavoro» –, poi per lo chef stellato sono arrivati due progetti pop up all’Hotel de Paris di Montecarlo e al Forte Village in Sardegna. Fino al 3 settembre, quando è arrivato il momento del ritorno a casa nel ristorante milanese che porta il suo nome.

Com’è stata la risposta a questa proposta estiva così accattivante? La risposta è stata entusiasta. L’Hotel de Paris a Montecarlo ci aveva già ospitato nei mesi di dicembre e gennaio e il direttore generale Ivan Artolli ha voluto riproporla in estate. Per noi, in un anno così al rallentatore – in una Milano che aveva voglia di evadere dopo tanti mesi di sofferenza e con un turismo ancora frenato dalle restrizioni sanitarie – è stata l’occasione per dividere la nostra brigata in due squadre che hanno lavorato in contemporanea. Il ristorante di Milano è rimasto chiuso, pronto a ripartire con rinnovata energia quest’autunno.

L’intervista allo chef Andrea Berton è parte de L’Anima della cucina, terza edizione dell’allegato di Business People dedicato al mondo delle cucine. Scaricalo in versione digitale

Da una delle zone più belle del capoluogo meneghino a una terrazza strepitosa del Principato. La sua cucina ha bisogno anche di luoghi emozionanti? Il quartiere di Porta Nuova, ex Varesine, per me rimane il centro di tutto, la zona più bella della città. Anche quando era chiuso, il Berton era il centro dei miei pensieri. È solo lavorando bene lì che nascono le occasioni per collaborazioni più o meno lunghe, attività in hotel straordinari che danno grande soddisfazione a me e al mio team. L’Hotel de Paris per me è l’hotel per antonomasia, un luogo eccezionale dove poter lavorare. Allo stesso modo il Forte Village è un resort d’eccellenza, dove abbiamo una collaborazione in atto da tanti anni che nel 2021 si è trasformata in un’esperienza di maggiore continuità.

Il piatto di quest’estate, quella della ripartenza auspicata? È stato un piatto fresco, che rispecchiasse il nostro momento. Mi sono buttato su uno spaghetto al pomodoro, un piatto storico, il più conosciuto al mondo tradotto nella mia visione. Quindi ho scelto lo spaghetto alla chitarra fresco; poi datterino crudo – quindi nella sua massima espressione di freschezza e di gusto – semplicemente frullato con olio extravergine d’oliva, basilico, sale e pepe. Il connubio tra la salsa fredda e lo spaghetto caldo mescolati insieme diventa un’insalata di spaghetti alla chitarra che rappresenta il nostro Paese, la nostra cultura, i nostri ingredienti, la nostra anima culinaria.

Qual è la tecnologia che ha cambiato il suo modo di vivere la cucina, a casa e al lavoro? Avere gli strumenti giusti è fondamentale per la nostra operatività, anche se poi nel nostro lavoro a fare la differenza è la manualità, la nostra sensibilità. La tecnologia ci aiuta nel migliorare i nostri piatti, ma il tocco dello chef è indispensabile. In casa le giuste apparecchiature possono davvero dare una grande mano. Collaborando con Siemens Home, ho il privilegio di testare direttamente gli strumenti prima che arrivino sul mercato. Amo molto le piastre a induzione, le ho sempre utilizzate nei miei ristoranti e così anche a casa. C’è questa nuova piastra con la cappa aspirante integrata che è veramente un’idea geniale, cambia l’aspetto della cucina e fa felici tante persone: quelli come me che amano avere il soffitto libero sopra i fornelli, ma anche chi non ha lo spazio per installare una cappa e chi cerca una soluzione esteticamente perfetta per una cucina a vista.

La bellezza della cucina è fondamentale come nei piatti? L’ambiente deve avere un design piacevole, le cucine oggi vanno nei salotti, negli open space, sono un elemento di arredamento. E i prodotti che testo sono funzionali e altrettanto belli.

E per chi in cucina ci lavora, qual è stata la rivoluzione decisiva negli ultimi anni? Le tecnologie sono tante, e tutte importanti. Anche se hanno qualche anno, dal mio punto di vista le piastre a induzione sono state un passaggio decisivo nel nostro lavoro: si scaldano più in fretta, permettono di essere più rapidi nelle cotture e soprattutto più precisi nelle temperature, senza dispersione di calore. Sono aspetti fondamentali per chi fa cucina di qualità. La cottura sottovuoto è un altro passaggio importante, anche se va gestita nel modo corretto: non basta buttare tutto nei sacchetti e lasciar cuocere sottovuoto. Bisogna farla nel modo corretto, però grazie alla tecnologia dei forni di oggi la si può fare anche a casa. È straordinario vedere una tecnica da cucina professionale portata così facilmente nelle cucine domestiche.

La tecnologia permette inoltre di ricreare una grande cucina professionale anche fuori dalle strutture tradizionali: penso al catering, all’esperienza dei temporary restaurant appena passata… Con l’induzione in particolare si può cucinare ovunque, le piastre si possono portare anche in quegli spazi protetti dove la fiamma libera era vietata. Anche da questo punto di vista, l’innovazione ha portato grandi possibilità per chi ha fantasia e voglia di stupire.

Come avete preparato il ritorno a Milano quest’autunno? L’idea è di far bene quello che abbiamo sempre fatto, il nostro obiettivo è migliorare ancora con un dehors esterno in linea con il nostro stile e il design del ristorante per dare al cliente un’offerta ancor più interessante dal punto di vista degli ambienti. A tutela della sicurezza dei nostri ospiti abbiamo avviato una collaborazione con Silanos, azienda leader in ambito warewashing professionale, ideatrice del Sistema Secura A060 in grado di abbattere la carica batterica delle stoviglie in soli 120 secondi. Il menù come d’abitudine si arricchirà di idee nuove mese dopo mese. Anche se ci siamo dovuti frenare, noi non ci siamo mai fermati. Con la speranza che le istituzioni prendano in maggiore considerazione il mondo del food riconoscendogli il ruolo fondamentale che ha nell’offerta turistica e non. Il costo del lavoro rimane il peso maggiore, che penalizza gli imprenditori e allo stesso tempo i dipendenti.

Il brodo rimarrà il protagonista assoluto del suo menù. Qual è il segreto di questo ingrediente fondamentale nella sua visione? Il segreto è riuscire a mantenere il gusto dell’elemento principale, rendere liquido il sapore. Se faccio il brodo al prosciutto crudo devo “bere” prosciutto crudo, così per la cicala di mare: bisogna estrarre l’essenza. In questo caso la tecnologia aiuta, ma alla base c’è la conoscenza profonda di ogni singolo ingrediente.

Credits Images:

Classe 1970, Andrea Berton ha iniziato la sua avventura in cucina a Milano nella brigata di Gualtiero Marchesi per poi proseguire la sua formazione nei migliori ristoranti del mondo: prima da Mosimann’s a Londra, poi all’Enoteca Pinchiorri e Firenze, e infine al Louis XV di Montecarlo sotto la guida di Alain Ducasse. Ha guadagnato la sua prima stella Michelin come chef della Taverna di Colloredo di Monte Albano, dove ha lavorato dal 1997 al 2001. Il ristorante che porta il suo nome ha debuttato nel dicembre 2013 e ottenuto la prima stella meno di un anno dopo