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America’s Cup, una coppa per pochi
Budget superiori ai 45 milioni di euro per catamarani progettati sul modello delle monoposto da Formula 1. Il campionato, nel complesso, varrà circa un miliardo di euro. In acqua anche Luna Rossa, grazie a una alleanza tecnologica (ed economica) tra Prada e i neozelandesi

Sarà una America’s cup riservata a magnati da classifica di Forbes (il noto periodico americano che stila, ogni anno, la top 500 degli imprenditori più ricchi al mondo). In acqua a San Francisco, nel prossimo mese di settembre, potrebbero arrivare appena quattro sfidanti. È una vera e propria Champions League della vela, dove i migliori interpreti di questa competizione fanno parte esclusivamente delle squadre più forti. Quasi tutti i campioni olimpici di Londra, infatti, sono stati ingaggiati nei quattro team partecipanti: un detentore della Coppa (Oracle Racing) e tre sfidanti (Team New Zealand, Luna Rossa e Artemis racing, di quel Paul Cayard che fece impazzire gli italiani nel ‘92 con il Moro di Venezia). Complessivamente sono previsti investimenti per 245 milioni di euro, solo considerando i diversi sindacati velici. Se a questa cifra si aggiungono i 600 milioni previsti dagli organizzatori dell’evento californiano, si tratta di una operazione vicina al miliardo di euro, praticamente due terzi del volume d’affari (1,4 miliardi di euro) dell’intero campionato di Serie A, spalmato però – è bene ricordarlo – su nove mesi. La promessa dello skipper Russell Coutts, il “Maradona della vela”, di trasformare l’America’s cup in un evento per tutti si è sciolta al sole, ancor prima dell’inizio di questa 34esima edizione. Oracle, il defender ufficiale, mette in campo un budget di 80 milioni di euro ed è legato a filo doppio alle fortune economiche di Larry Ellison, proprietario dell’omonimo colosso dell’It; Luna Rossa ha dietro la passione per la vela di Patrizio Bertelli, ma anche un “tesoretto” da 45 milioni per sviluppare l’immagine worldwide del marchio Prada; Team New Zealand è sostenuta da un consorzio di aziende (Nespresso, Camper, Toyota, Fly Emirates, Omega), oltre che dal governo neozelandese per 60 milioni di euro, mentre Artemis è il sogno velico dell’armatore-petroliere scandinavo Torbjon Tornqvist. Per i partecipanti, il ristretto numero di equipaggi in gara è una grande opportunità di visibilità televisiva, perché solo la Louis Vuitton cup (l’evento prologo dell’America’s cup) durerà 55 giorni, ma è pur vero che, tra la crisi economica mondiale e le rigide regole imposte dal defender americano, non c’è stato mai spazio per team “low cost” o per consorzi in stile Azzurra (team tricolore, che, nel 1983, trasformò gli italiani in appassionati di vela).
ARISTOCRAZIA VELICA. L’adozione di multiscafi con l’ala rigida, costruiti con la stessa tecnologia delle monoposto di Formula 1, ha generato immediatamente costi, per ciascun team, pari a nove milioni di euro. Troppi per improbabili “carneadi” della vela alla ricerca di visibilità o per semplici armatori con la passione del mare. Patrizio Bertelli, patron di Luna Rossa, per esempio, ha deciso di mettere in questa sfida un budget da 45 milioni di euro. Per recuperare il tempo perso, nella fase di sviluppo progettuale, ha stretto una “santa alleanza” con i neozelandesi decidendo per questo di allestire la base nel porto di Auckland. Oltre ai multiscafi, la vera novità è la creazione della “Red Bull Youth America’s cup”, un evento parallelo che si svolgerà con catamarani di 45 piedi, del tutto analoghi a quelli da 72 che saranno protagonisti nella Louis Vuitton (nella fase preliminare) e nella America’s cup 2013. La caratteristica di questo evento, come suggerisce il nome, è che i team sono composti da ragazzi di età inferiore ai 25 anni. I trial di selezione si sono svolti dal 9 al 24 febbraio a San Francisco e tra i protagonisti c’è anche “Team Italia” dell’armatore Alessandro Rombelli che, sfruttando la complicità logistica dello Yacht club Marina di Loano e la main sponsorship della casa di orologi GaGa, sta preparando i giovani talenti che sfideranno gli altri 20 equipaggi in rappresentanza di 17 nazioni per la partecipazione finale di settembre prossimo.
NAPOLI REGINA DEI MATCH RACE. Prima tappa del 2013 dell’America’s cup World Series, e unica europea, sarà quella di Napoli nel prossimo mese di maggio. Dopo il successo dello scorso anno, i team si sposteranno tutti a San Francisco per il debutto dei catamarani da 72 piedi. Infatti quella di Napoli (16- 21 aprile) sarà l’ultima apparizione di alcune squadre che sono riuscite a ottenere i fondi per arrivare fino al gradino precedente alla Louis Vuitton cup. Vedremo ancora in acqua cinesi, coreani, francesi e il team inglese del fortissimo Ben Ainslie, vincitore di quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi e indicato recentemente dalla regina Elisabetta come l’atleta più rappresentativo nel mondo della Union Jack. Ainslie, inoltre, sta gettando le basi per riportare l’Inghilterra, quanto prima, a partecipare alla Coppa America. L’America’s cup World Series è un circuito separato dalla Coppa America di vela, che si disputa a bordo degli AC72. Eventi di successo sono stati organizzati in quest’ultimo biennio in Portogallo, Regno Unito, Italia e sulla costa orientale e occidentale degli Stati Uniti; manifestazioni che hanno catturato oltre due milioni di spettatori, presentato la grafica d’avanguardia LiveLine, premiata con un Emmy per la Tv, e sul network Nbc conquistato un audience televisiva di quasi 2,9 milioni di contatti, combinata tra gli eventi di Newport e San Francisco.
GLI SPONSOR DELL’EVENTO. Gli organizzatori di San Francisco sono già da tempo al lavoro per sfruttare al massimo la mediaticità di uno degli eventi sportivi più suggestivi del mondo della vela. Significativo il ritorno di un marchio del lusso come Louis Vuitton, che sarà anche il cronometrista ufficiale di tutte le sfide in acqua. Sarà affiancato dalla casa di abbigliamento sportivo Puma (già presente in misura massiccia a supporto della Volvo ocean race), dalla casa di automotive Lexus e dall’azienda di investimenti americana Charles Schwab. A questo gruppo di aziende partner si aggiungono una decina di realtà fornitrici in diversi settori, come lo champagne Moet & Chandon, il caffè Nespresso (famoso in Italia per la campagna pubblicitaria con testimonial George Clooney), Garmin, i vini Napa Valley e l’energy-drink Red Bull.
UN FORMAT STRAVOLTO DAI CAPRICCI DEI TYCOON. L’America’s cup 2013 rischia di diventare un format di successo, ma troppo lontano dagli interessi dell’Europa, sia per un discorso di fusi orari (otto ore in meno rispetto all’Italia), sia per le esclusive con i network Tv americani oltre che dell’emisfero australe. Potrà anche catturare l’attenzione dal vivo di centinaia di migliaia di fan dei match-race a San Francisco, ma rischia di diventare un prodotto di difficile fruizione per il mercato italiano (nonostante l’utilizzo dello streaming video sul sito ufficiale) e ancor più per gli spender pubblicitari. È chiaro però che, al di là del nome del vincitore finale, non si può continuare a pensare che questa sfida sia aperta a un numero così ristretto di sindacati velici. Non aiuta la diffusione e la popolarità dell’evento e, soprattutto, non permette che importanti aziende del largo consumo possano avvicinarsi a questa tipologia di sport. L’estenuante querelle giudiziaria, a colpi di carte bollate, poi, tra Ernesto Bertarelli (patron di Alinghi) e Larry Ellison (Oracle racing), nella precedente edizione, ha stravolto definitivamente lo “spirito” di questa manifestazione nata con altre regole. Oltre a ciò si impone una riflessione finale nel nome del business: quanto potrà continuare a sopravvivere un circus di questo tipo, che, a differenza, per esempio, della MotoGp o della Formula 1, produce più perdite che ricavi? È da stravolgere sicuramente il modello di business insieme alle regole di base, che devono essere condivise da tutti i soggetti coinvolti e non accettate come editti imposti dal team vincitore in carica, anche se proprio quest’ultima è la regola su cui è stato costruito il fascino, e insieme il successo, dell’evento sportivo nato nel lontano 22 agosto 1851. Dopo l’appuntamento di San Francisco si conoscerà anche il futuro della competizione più antica nel mondo della vela, magari con un tavolo attorno al quale siederà finalmente un numero maggiore di investitori e di imprenditori-appassionati.
