Editoriale
Ho fatto un incubo…
Al mondo c’è chi sogna a occhi aperti, a me è capitato di fare un incubo. Che si è dipanato davanti ai miei occhi quando ho letto la definizione che OpenAI fa di ChatGpt, ovvero «abbiamo addestrato un modello chiamato ChatGpt che interagisce in modo colloquiale. Il formato di dialogo consente a ChatGpt di rispondere a domande di followup, ammettere i propri errori, contestare le premesse errate e rifiutare richieste inappropriate… ». A quel punto mi è sorto un dubbio: e se non fossero solo i ruoli operativi a rischiare di essere sostituiti dalla tecnologia? Se anche i manager corressero il rischio di essere soppiantati dall’intelligenza artificiale? A pensarci bene, nel tempo cosa impedirebbe a una multinazionale di sostituire certi Ceo locali con un software, debitamente allenato? Perché – una volta inserito un budget e un risultato di riferimento – non soppiantare il direttore marketing o quello commerciale con una bella funzione hi tech? Il fatto di essere spesso demandati ad applicare strategie decise altrove, li relega nei fatti a semplici esecutori di ordini…
La mia ovviamente vuole essere più di una semplice provocazione (e, infatti, l’ho definita appunto un incubo…), per dire che per poter fare la differenza in un contesto di business tecnologico e globalizzato, paradossalmente il ruolo del manager – nella sua essenza più congeniale – ne risulta addirittura galvanizzato. Perché se nell’immediato futuro una resa dirigenziale media o mediocre potrebbe certamente essere fornita dal semplice inserimento di dati in un computer, le capacità di un bravo manager che sappia percepire gli “umori” del mercato, della competizione commerciale e dei propri collaboratori, non solo sono impagabili ma, soprattutto, non sarebbero sostituibili attraverso l’AI.
Credo che sempre più, e l’AI in questo solleciterà una veloce evoluzione in tal senso, sarà l’intuizione a fare di un manager un ottimo manager: e l’intuizione, come ebbe a dire il padre della robotica Isaac Asimov «è l’arte, peculiare della mente umana, di elaborare la risposta corretta da dati che sono, di per sé, incompleti o addirittura fuorvianti». Che è quello che da sempre, in definitiva, sanno fare meglio i manager. Quelli bravi, ovviamente.
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