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Lavoro

Precariato stop: lavoratori a tempo indeterminato, ma licenziabili

È la proposta coraggiosa di Pietro Ichino, senatore Pd ed esperto di diritto del lavoro. Un disegno di legge, una rivoluzione dell’articolo 18 in chiave meritocratica, ma con una tutela ai licenziamenti

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“Stipulare tutti i contratti a tempo indeterminato, tutti con le protezioni essenziali, ma nessuno dev’essere più inamovibile”. Pietro Ichino ha le idee chiare: per ridurre abusi e precariato serve una riforma radicale del contratto di lavoro. Serve aprire gli occhi e capire che il mondo del lavoro è cambiato: i vecchi contratti a tempo indeterminato – che rendono il lavoratore inamovibile – sono diventati insostenibili per le aziende, che si ritrovano così a non assumere più nessuno stipulando, invece, contratti di collaborazione e a tempo indeterminato. Per risolvere questa situazione di stallo Ichino, senatore Pd ed esperto di diritto del lavoro, propone in un’intervista a ItaliaOggi la sua ricetta: “Dobbiamo imparare a fare come fanno in Gran Bretagna, nei Paesi scandinavi, negli Stati Uniti di Obama: tutti i nuovi rapporti, d’ora in avanti, devono essere stipulati a tempo indeterminato, tutti con le protezioni essenziali, ma nessuno dev’essere più inamovibile”. Protezioni essenziali che comprendono discriminazioni, salvaguardia della salute e sicurezza sul posto di lavoro e il sostegno del reddito per il caso di malattie serie, mentre tutto il resto “deve essere oggetto di contrattazione collettiva, non di norme legislative”. Per Ichino l’intento di porre tutto sotto norme legislative comporta il forte rischio di diventare una protezione per i lavoratori già assunti contro i disoccupati, i precari e coloro che sono in cerca di prima occupazione. “Il precariato di oggi – spiega – non è che l’altra faccia dell’iper-protezione dei lavoratori regolari”.

Lo strano mondo dei raccomandati

Al quotidiano economico il giuslavorista spiega che per superare la contraddizione tra i protetti e i precari “bisogna riscrivere il diritto del lavoro in modo che sia realmente applicabile a tutti i rapporti di lavoro sostanzialmente dipendente che si costituiranno da qui in avanti”. Ma questa rivoluzione non porta a licenziamenti discriminatori e a un’assenza di tutela per il lavoratore? Risponde Ichino: “Nel caso dei licenziamenti discriminatori, il disegno di legge n. 1843/2009, che ho presentato con altri 54 senatori, prevede l’applicazione di una norma simile all’articolo 18. Stessa cosa per i licenziamenti disciplinari, quando la prova della mancanza grave non venga raggiunta: in questo caso, però, la proposta è di lasciare l’alternativa tra la reintegrazione e il risarcimento del danno. Nel caso, invece, di licenziamento per motivi economici od organizzativi, la nostra proposta è di sostituire drasticamente il controllo giudiziale con una responsabilizzazione economica dell’impresa”. In pratica chi licenzia deve assicurare al lavoratore una indennità proporzionata all’anzianità di servizio e – in caso di anzianità superiore ai due anni – un trattamento complementare di disoccupazione e un servizio di outplacement. Una ricetta che permetterebbe all’impresa di “operare l’aggiustamento industriale in modo più immediato” anche se attraverso un esborso di denaro, o di sostituire i fannulloni con lavoratori più motivati.

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