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Lavoro

L’uomo giusto che tutti vogliono in azienda

Parlano i capi delle più importanti società di Executive Search. “Ecco cosa le aziende si aspettano dai dirigenti”

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Un manager più flessibile, capace di gestire il business in maniera dinamica e creativa. Un manager più internazionale, che sappia muoversi con destrezza in contesti culturali differenti. Un manager che sappia fare team, che sia dotato del giusto spirito di squadra e che abbia una visione dell’azienda nel suo complesso, non limitata alle sue competenze specifiche. È questo il profilo del dirigente che, secondo i vertici di alcune delle principali società di executive search presenti in Italia, le aziende vogliono assoldare oggi al proprio servizio. «Le imprese», spiega Maurizia Villa che guida la sede italiana di Korn Ferry, «non ci cercano solo per selezionare i manager, il nostro approccio deve per forza di cose assumere una valenza sempre di più consulenziale. È come se le aziende avessero la necessità di essere “accompagnate” in alcune delle loro scelte strategiche. Così ci chiedono consigli e noi dobbiamo identificare bene le loro reali esigenze e porci nei loro confronti come veri e propri advisor». L’importanza della consulenza è divenuta così centrale, «che ormai l’advisoring è sulla bocca di qualsiasi realtà che opera nel mercato dell’executive search. Il problema è che fare consulenza richiede grande sacrificio e professionalità, non è un lavoro che si impara da un giorno con l’altro», rivendica Villa. «In effetti», le fa eco Maurizio Panetti, amministratore delegato di Heidrick & Struggles, un’altra delle società top del mercato, «il nostro lavoro, le nostre professionalità aumentano: non siamo più meri cacciatori di teste; dobbiamo rispondere alle mutate esigenze delle aziende. In questo modo, per fortuna, il nostro business non soffre, anche perché la crisi non ha penalizzato il nostro settore, e mi riferisco a quelle società come Heidrick & Struggles che lavorano nel mercato dei top executive». «Oggi le aziende», aggiunge Alberto Amaglio, managing director di Russell Reynolds, altra società tra le più prestigiose del comparto, «ci chiedono molta più consulenza di un tempo. A un manager non basta disporre di un buon curriculum: le imprese sono più selettive, non vogliono sbagliare e per questo cercano persone con spiccate qualità anche dal punto di vista caratteriale». Russell Reynolds così, venendo incontro alle richieste dei suoi clienti, ha reso più accurato il lavoro di selezione, anticipando l’assessment all’inizio della valutazione del candidato. La società “intervista” i candidati a posizione di vertice, ovvero i numeri uno e le cosiddette prime linee, già nella prima fase di selezione e non più, come avveniva in precedenza, esclusivamente nel secondo step della selezione. «I manager devono essere abili sia nella politica di riduzione dei costi sia nella definizione della corretta strategia di rilancio: due funzioni prima affidate a diversi professionisti all’interno dell’impresa e oggi richieste ad un unico manager», commenta Pietro Valdes. Il vice direttore generale di Michael Page International (realtà che opera sul mercato con due brand, Michael Page Executive Search per le prime linee e Michael Page per le seconde linee) concorda con i suoi colleghi sul profilo ideale di chi aspira ad assumere un ruolo di vertice in una società: sulla necessità dell’internazionalità, sull’abilità nel scegliere i propri collaboratori e sulla determinazione nel raggiungere i risultati. «Rispetto agli anni precedenti la crisi», dice a sua volta Gianluigi Russo, membro del Supervisory Board di Alexander Hughes International e amministratore delegato di Alexander Hughes Italia, «oggi ai manager è richiesta un’attenzione persino maggiore ai risultati, ma specialmente devono essere in grado di pensare i progetti aziendali strategicamente, coniugando quindi la gestione quotidiana con la prospettiva dello sviluppo e della crescita, fattori che costituiscono l’essenza propria di una azienda e la sua ragione d’essere».Cambiano dunque le esigenze delle aziende e cambiano, per forza di cose, i profili dei candidati manager. Per Alberto Amaglio (Russell Reynolds), il manager che si pone sul mercato «deve saper lavorare in situazioni “ambigue”, dove per “ambiguità” intendo contesti economici molto più volatili di un tempo e uno scenario internazionale caratterizzato da equilibri economici in rapida evoluzione. E deve disporre di una flessibilità mentale che un tempo non gli era richiesta, di una spiccata curiosità e di un approccio al lavoro e alla vita poco rigido; e poi deve volere operare in Paesi e continenti diversi». Parole che riecheggiano nelle considerazioni di Maurizia Villa (Korn Ferry Itay): «Al manager viene richiesta molta più crea tività, più spirito di squadra e il giusto coraggio nelle decisioni da prendere. Deve pensare al business italiano riferendosi al contesto internazionale, tenendo in considerazione quei mercati in forte espansione, penso per esempio al Brasile. La visione d’insieme è d’obbligo, un manager non può permettersi di avere solo delle competenze specifiche, ma deve agire sapendo che un’azienda ha una redditività ma anche dei costi da sostenere». I compiti delle prime linee sembrano inoltre trascendere la sola attività imprenditoriale. «Chi guida un’impresa», ritiene Maurizio Panetti (Heidrick & Struggles), «deve saper gestire non solo relazioni di natura economica, ma anche rapporti dal valore più politico e sociale, il manager deve possedere l’arte della diplomazia. Una forte propensione al servizio e la disponibilità a mettersi a disposizione del Paese e dello sviluppo: questo lo spirito che deve animare il dirigente dello scenario odierno». Un chief executive deve saper poi allineare la strategia dell’azienda alle mutate condizioni di mercato: la tenuta dei ricavi, la riduzione dei costi, l’attenzione alla finanza e l’internazionalizzazione (con un occhio di riguardo al boom di Cina e India) sono questioni a cui bisognare dare risposte rapide ed efficaci.

I TREND DEL MERCATOAll’inizio di un 2011 che si annuncia ancora ricco di insidie, quali sono i settori che si dimostrano più dinamici sul mercato dell’executive search? «Stanno rispondendo molto bene», è il parere di Alberto Amaglio (Russell Reynolds), «quelle aziende che hanno dalla loro un brand molto forte e riconosciuto. Non parlo solo del fashion e del lusso, ma anche del settore industriale: la discriminante è la forza della marca, che soprattutto grazie al traino dell’export, Asia in testa, permette loro di reagire in maniera positiva al contesto economico attuale». Dal suo osservatorio privilegiato, Maurizia Villa (Korn Ferry Italy) vede movimento nell’investment banking e nel private equity, a livello di top management e di direttori finanziari. Un certo dinamismo è presente poi nel largo consumo (sia per le direzioni generali sia per quelle figure chiamate ad occuparsi del rebranding), nel mercato farmaceutico e nell’industria (logistica e operations). Per Maurizio Panetti (Heidrick & Struggles), i settori più dinamici sono quelli che hanno che fare con il retail, largo consumo in testa, e tutte le aziende che vivono di export. «Le figure più ricercate – dice Panetti – sono i direttori finanziari, per ristrutturare, e i direttori marketing, per rilanciare i brand». «Registriamo molto movimento a livello di prime linee (direttori generali, direttori operativi, amministrativi, finanziari) alla luce dell’attivismo delle società di private equity, che stanno conducendo in porto parecchie acquisizioni», aggiunge Pietro Valdes (Michael Page International).Per Gianluigi Russo, nel corso del 2010 alcuni mercati hanno intravisto i primi segni di ripresa. «Mi riferisco in particolare al made in Italy e quindi al fashion and luxury e al design, ma anche al settore dell’energia e più in generale delle utilities, comparti, questi ultimi, che hanno molto spazio di crescita nel nostro Paese». E i manager a spasso? «La nostra società ed io personalmente riceviamo mensilmente centinaia di curriculum – conclude Russo – e questo indica il reale bisogno per molti manager di rendersi visibili a un interlocutore professionale e per altri, comunque, di cercare un confronto e un supporto per meglio orientare le proprie scelte di carriera: tutto ciò è comprensibile in un momento così complesso. Il mio consiglio è quello di governare, per quanto possibile, l’ansia rispetto al proprio futuro al fine di evitare scelte affrettate che potrebbero avere ripercussioni negative sul percorso professionale; magari in qualche caso potrebbe rivelarsi utile prendere esempio dai molti manager che nei Paesi anglosassoni, ma non solo, dedicano il tempo a loro disposizione per completare e arricchire la propria formazione, in modo da ottenere un vantaggio competitivo molto prezioso.