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Lavoro

Lavoro, l’articolo 18 sui licenziamenti resta un tabù

Da Confindustria si sottolinea che l’argomento non verrà trattato al tavolo con il governo, ma il presidente Marcegaglia definisce le modalità di reintegro “un’anomalia nel sistema italiano”. L’opinione del senatore Pd, Tiziano Treu

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La riforma del mercato del lavoro annunciata dal governo porterà modifiche all’articolo 18? Forse no, almeno dalle ultime dichiarazioni dei protagonisti del tavolo che il ministro del lavoro, Elsa Fornero, ha istituito con le Parti sociali. Se i sindacati non vogliono neanche sentire parlare di interventi sull’articolo dello Statuto dei lavoratori che prevede il reintegro obbligatorio del lavoratore in caso di licenziamento senza una giusta causa o un giustificato motivo, anche Confindustria – che vorrebbe una maggior flessibilità per le sue aziende – conferma, attraverso il suo vicepresidente Alberto Bombassei, che l’argomento non verrà trattato nell’incontro con i rappresentati del governo. Il dibattito, però, resta acceso. Al suo arrivo al ministero del Welfare, Emma Marcegaglia non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ma nel pomeriggio aveva annunciato di voler presentare al ministro Fornero un confronto tra il mercato del lavoro italiano e altri Paesi, un ampio documento di benchmark su flessibilità in entrata, ammortizzatori sociali, e flessibilità in uscita. I dati raccolti da viale dell’Astronomia, secondo il presidente Marcegaglia, evidenziano “anomalie nel sistema italiano” sulle flessibilità in uscita, il reintegro in altri Paesi europei esiste formalmente, ma non viene quasi mai utilizzato”. Secondo Marcegaglia non ci sarebbe un eccesso di flessibilità in entrata nel mondo del lavoro e che “il nostro sistema degli ammortizzatori sociali tutto sommato è buono”. In pratica, una visione completamente opposta a quanto sostenuto dalla Cgil che si dice pronta a costruire una piattaforma unitaria con gli altri principali sindacati, e chiede al governo di sfoltire “drasticamente le 46 forme contrattuali di ingresso nel mondo del lavoro (per Confindustria sono 15-16, ndr), facendo dell’apprendistato il contratto di ingresso nel mondo del lavoro”.

In tema di riforma del mercato del lavoro è arrivato anche il commento del senatore Pd e vicepresidente della commissione Lavoro, Tiziano Treu: “Prima pensiamo ai disoccupati e a migliorare il sistema degli ammortizzatori sociali. Poi, possiamo discutere di tutto il resto: del contratto unico, del salario minimo garantito e persino dell’articolo 18 che per me non è mai stato un tabù”. Intervistato da panorama.it Treu ha sottolineato la necessità di allargare le indennità per i lavoratori “che hanno perso il posto, o lo perderanno nei prossimi mesi”, e che oggi “non sono coperti dal sistema degli ammortizzatori sociali. Innanzitutto – continua – bisogna estendere le indennità di disoccupazione a molti lavoratori che oggi non possono beneficiarne, garantendo un reddito minimo soprattutto a chi ha appena perso il posto o a chi sta per perderlo. L’emorragia di licenziamenti è la prima emergenza da affrontare e il governo deve farsene carico”.Sulla revisione dell’articolo 18, l’ex ministro del Welfare del governo Prodi, sostiene che “il Ddl Nerozzi può rappresentare un buon punto di partenza, capace di trovare un ampio consenso in Parlamento. La proposta rende più flessibili le tutele contro i licenziamenti ingiusti, distribuendole progressivamente nel tempo, cioè nei primi tre anni successivi all’assunzione. Ma la modifica dell’articolo 18 non rappresenta una priorità in questo momento”.

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Il ministro Elsa Fornero e il premier Mario Monti al tavolo con le Parti sociali