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Lavoro

Iscriversi all’Università? Gli obiettivi sono ben altri

Quattro italiani su dieci preferirebbero investire in un corso di “crescita personale”, piuttosto che in una laurea o un master. Una ricerca dell’Istituto Piepoli evidenzia nuove esigenze legate alla formazione e mette in luce chi, nel panorama attuale della politica e nell’economia, mostra già le giuste caratteristiche di leadership

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Laurea? No, grazie. Se un tempo l’agognato “pezzo di carta” era considerato un traguardo fondamentale per la propria posizione sociale e lavorativa, oggi gli obiettivi da raggiungere in campo professionale, e non solo, sono considerati ben altri. Tanto che il 40% degli italiani dichiara che sarebbe più disposto a pagare per un corso di crescita personale piuttosto che in titoli universitari. In particolare, le lauree di tipo tecnico/scientifico sono scese al 30% delle preferenze. E su quelle di stampo umanistico investirebbe solo il 9%.È questo il quadro delineato da una ricerca dell’istituto Piepoli realizzata per conto di Hrd Training Group, società guidata da Roberto Re, mental coach e master training aziendale, che quest’anno festeggia i vent’anni di attività. Crolla, dunque, la fiducia nell’istruzione tradizionale e cresce l’interesse per forme di sapere più pratiche e facilmente spendibili. In particolare, tra coloro degli intervistati che non hanno mai frequentato corsi di crescita personale, il 77% desidererebbe iscriversi a uno di essi. I motivi? In primis la volontà di raggiungere fiducia in se stessi (35%) e sviluppare positività verso la vita (34%), quindi il desiderio di raggiungere una maggiore leadership personale (14%).«È evidente che siamo di fronte a un cambiamento enorme a livello socio-culturale,», ha dichiarato Roberto Re durante la presentazione. «Assistiamo al passaggio dall’insegnamento teorico all’apprendimento pratico, quello che è richiesto dal mondo di oggi, che richiede risultati immediati in tempi brevi. Fa pensare, per esempio, che nel percorso scolastico attuale, nei 15 anni che vanno dalle elementari alle superiori, non sia ancora prevista nemmeno un’ora di lezione dedicata alla comunicazione». Nella formazione aziendale, inoltre, le imprese italiane manifestano arretratezza. Basti pensare che il 40% degli intervistati, tra coloro che hanno già un lavoro, ha affermato di non aver mai potuto usufruire di corsi organizzati dalle proprie realtà lavorative. E solo il 40% ha dichiarato di aver seguito corsi organizzati per i dipendenti, ma di natura settoriale, cioè esclusivamente legati all’attività svolta.

L’indagine dell’istituto Piepoli, inoltre, mostra altri aspetti interessanti, come quello legato a una nuova concezione di “benessere”, considerato un prerequisito fondamentale per assumere le redini della propria vita così come di un gruppo lavorativo. Per quasi la metà degli italiani la parte migliore della giornata, quella che consente di star bene con se stessi, è il momento dedicato alla casa e alla famiglia (46%), seguito dalle uscite serali in compagnia (43%). Subito dopo, però, prima dello sport (32%), delle letture (29%) o dello shopping (22%), con il 40% delle preferenze s’impone la navigazione su Internet e l’uso dei social network.A conclusione del sondaggio, è stato chiesto agli italiani chi tra alcuni nomi conosciuti, nel panorama attuale della politica e dell’economia, dimostra capacità da leader. Il 46% le riconosce in Beppe Grillo, seguito da Silvio Berlusconi (31%), Luca Montezemolo (25%), Mario Monti (22%), Matteo Renzi (17%), Sergio Marchionne (16%). Dunque la leadership resta ancora, nell’immaginario collettivo, una componente maschile: sono solo tre le donne che hanno ricevuto preferenze, ovvero Emma Marcegaglia (15%), Susanna Camusso (10%) ed Elsa Fornero (5%).«Spesso, in passato, si è associato il concetto di leadership ai vertici della scala sociale e professionale», ha commentato infine Re. «Ora non è più così, in ogni settore c’è bisogno di una guida carismatica». Un pensiero specifico, infine, sull’attuale periodo di recessione: «In questo momento di crisi le aziende tagliano dove non dovrebbero, e cioè nel personale, nella comunicazione e nel marketing, e nella ricerca e innovazione. Proprio nei settori, cioè, che potrebbero fare la differenza rispetto ai competitor e permetterebbero di resistere alle difficoltà. Essere leader, per un individuo o per un gruppo, significa anche questo».