Lavoro
Intelligenza Artificiale: ecco com’è percepita dai lavoratori italiani
Un sondaggio globale di LinkedIn offre una fotografia sulla percezione dell’A.I. da parte dei professionisti. Nove lavoratori su 10 entusiasti di questa tecnologia, i più giovani sono anche i più preoccupati
Con la diffusione su larga scala dell’Intelligenza Artificiale generativa, il 2023 si è aperto tra entusiasmi e incertezze per i lavoratori di tutto il mondo. Nel giro di pochi mesi, i professionisti si sono ritrovare a dover fare i conti con una tecnologia in grado di cambiare radicalmente il modo di lavorare, senza però aver compreso chiaramente il potenziale di questi strumenti. Una nuova indagine condotta a livello globale da LinkedIn , ha fatto il punto sulla percezione dell’A.I. in ambito professionale, facendo luce su alcuni aspetti cruciali come le differenze generazionali nella visione dell’intelligenza artificiale. Sembra, infatti, che siano i più giovani a temere l’avvento dell’Intelligenza Artificiale nel mondo del lavoro.
Intelligenza Artificiale: più una preoccupazione o un’opportunità?
Dai dati aggregati dell’indagine – condotta su circa 30 mila lavoratori a livello globale – è emerso come l’A.I. abbia già avuto un forte impatto sulla vita professionale degli intervistati, con il 60% che si dice convinto che l’Intelligenza Artificiale porterà, già nel corso del prossimo anno, all’introduzione di nuove modalità di lavoro e, in generale, ad altri cambiamenti significativi. In questo contesto, il 39% degli intervistati si dichiara sopraffatto da questa trasformazione: ciò nonostante, 9 su 10 siano curiosi ed entusiasti di poter utilizzare l’A.I. sul lavoro.
Restano, però, importanti differenze di percezione, sia tra singoli Paesi sia di genere. Lavoratori e lavoratrici negli Stati Uniti, ad esempio, sono tra i più ottimisti: il 66% è convinto che l’Intelligenza Artificiale avrà un impatto significativo sul proprio modo di lavorare e il 69% di tutti gli intervistati pensa all’A.I., nei prossimi cinque anni, come a un “aiutante invisibile” che li aiuterà a portare a termine le proprie mansioni.
In Europa, invece, la percentuale di lavoratori e lavoratrici che si dice persuasa dell’apporto positivo che l’A.I. potrà portare nello svolgimento del proprio lavoro, da qui a 5 anni, è significativamente minore: interessante notare, tuttavia, che nel Vecchio Continente spagnoli e italiani sono tra i più entusiasti – con gli intervistati che rispondono positivamente per il 62% e 59% rispettivamente.
Le preoccupazioni degli italiani
Se si guarda invece alle preoccupazioni più diffuse nei confronti dell’A.I. in Italia, quasi 2 intervistati su 10 (19%) si sentono in difficoltà a causa della barriera linguistica, visto che gli strumenti a disposizione sinora sono in larga parte più efficienti e fruibili se utilizzati in lingua inglese.
Ed è forse per via di una maggiore consapevolezza della vastità delle possibili applicazioni dell’A.I., dei suoi pro e contro, che la GenZ teme maggiormente – rispetto a tutte le altre generazioni – di rimanere indietro rispetto ai colleghi nell’apprendimento delle skill necessarie per utilizzare questa tecnologia al meglio: il 29% degli intervistati nella fascia di età 16-26 anni si dichiara preoccupata, mentre solo il 22% dei Millenial, il 16% della GenY e il 15% dei Baby Boomer afferma lo stesso.
Il nodo formazione
Timore che trova riscontro anche nelle risposte che gli intervistati in Italia hanno fornito sul tema specifico delle opportunità di formazione, con il 58% dei giovanissimi (GenZ) che vorrebbe imparare a utilizzare al meglio l’A.I. sul lavoro, ma che non sa come accedere a questo know-how (a dichiarare lo stesso è solo il 49% dei Baby Boomer).
Il bisogno di formarsi e ampliare le proprie skill per integrare al meglio l’Intelligenza Artificiale nel proprio flusso di lavoro è quindi fondamentale per la GenZ. Non sembra esserci tuttavia un riscontro adeguato di fronte a questa esigenza: in Italia 3 intervistati su 5 (57%) dichiarano di non aver ricevuto dal proprio datore di lavoro né delle linee guida né un training specifico volto a migliorare o ottimizzare il ricorso all’A.I..
L’impatto dell’AI sul lavoro in Italia: generazioni a confronto
In Italia, come accennato, l’entusiasmo tra i lavoratori per le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale sembra un po’ più diffuso che in alcuni Paesi europei, con il 60% dei nostri connazionali che si dice persuaso del fatto che l’A.I. diventerà un “alleato invisibile” nello svolgimento del lavoro quotidiano.
In particolare, le aree in cui gli italiani vedono più opportunità di progresso grazie al ricorso all’Intelligenza Artificiale sono: accesso più veloce al sapere e all’informazione (29%), aumento della produttività (28%), velocizzazione dei lavori di sintesi (23%).
Non mancano, tuttavia, i timori. In particolare, a preoccupare professioniste e professionisti italiani, è l’aspetto dell’adeguamento delle skill e, in senso lato, la mancanza di opportunità di formazione specifica in questo ambito.
Se il 33% degli intervistati nel nostro Paese dichiara di ricorrere già all’A.I. per lo svolgimento delle proprie mansioni, sempre il 33% si sente sopraffatto dal cambiamento che questa potrebbe portare e una percentuale quasi equivalente (30%) condivide il timore di non riuscire a tenere il passo con l’innovazione.
Se poi si analizzano i dati aggregandoli per generazione, emerge una contraddizione che potrebbe stupire: i nativi digitali, e nella fattispecie la GenZ, sono i più preoccupati dell’impatto dell’A.I. sul proprio lavoro, con il 44% degli intervistati nella fascia di età 16-26 anni che dichiara di sentirsi sopraffatto. I baby boomers e la GenY sono decisamente meno allarmati, con rispettivamente il 31% e il 32% che condivide lo stesso senso di sopraffazione nei confronti dei cambiamenti dettati dall’A.I..
Le soft skill diventeranno ancora più importanti
Quali sono invece l’insieme di capacità che i lavoratori percepiscono come più importanti per gestire al meglio e sfruttare le potenzialità dell’A.I. sul lavoro? Ecco le 10 skill essenziali/fondamentali secondo i nostri connazionali:
- Problem solving (58%)
- Capacità di gestione del tempo di lavoro (54%)
- Capacità di adattamento e resilienza (53%)
- Capacità di comunicare (51%)
- Pensiero strategico (50%)
- Creatività (49%)
- Capacità di gestire le persone (48%)
- Capacità di lavorare in team e di collaborare (47%)
- Decision making (47%)
- Leadership (45%)
In conclusione, se è difficile stimare quale sarà l’entità reale dell’impatto dell’A.I. sul lavoro quotidiano dei professionisti e delle professioniste di tutto il mondo, nei diversi settori, è chiaro invece che le imprese per poter crescere e attrarre nuovi talenti dovranno cercare di guidare questo cambiamento, concentrandosi in particolare sull’offerta di nuove opportunità di formazione.