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Lavoro

Indovina chi mente

Anche se i bugiardi di professione – anzi, per professione – sono sempre più scaltri, coglierne i punti deboli per capire quando vi stanno prendendo per il naso è possibile. Lo dice la scienza, oltre che l’esperienza. E vi assicuriamo che non si tratta di frottole…

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Mettiamoci il cuore in pace: tutti mentono. Secondo uno studio del professor Robert Feldman, docente di psicologia dell’università del Massachusetts, quando due persone si presentano per la prima volta, nei primi dieci minuti si raccontano in media tre bugie. Nulla di grave, spesso si tratta di piccole verità omesse per il bene della conversazione e il quieto vivere. Ma se il ballista fosse il vostro prossimo fornitore? Oppure il candidato che avete appena assunto? Molto probabilmente è così: a dar retta alla psicologa francese Claudine Biland e al suo studio trentennale, impariamo a mentire fin da bambini e quando cresciamo raccontiamo frottole due volte al giorno. In amore, ma anche sul posto di lavoro, dove la bugia, scrive il giurista Luc Loquen, si è generalizzata e insinuata in tutti gli ingranaggi dell’impresa. È possibile scoprire con certezza assoluta se la persona che abbiamo davanti ci sta ingannando? «È più facile con i novellini perché si lasciano scappare segnali inequivocabili, mentre i professionisti dell’inganno e della bugia», spiega Giampaolo Perna, direttore del dipartimento di neuroscienze cliniche a Villa San Benedetto Menni (Como) e professore all’università americana di Miami e di Maastricht (Olanda), «hanno una consapevolezza di se stessi e della loro comunicazione non verbale tale da riuscire a far sembrare vera e spontanea una comunicazione ingannevole». E di queste persone se ne incontrano sempre più spesso, nella vita e sul lavoro. Non che tutti siano bugiardi, ma ciascuno gioca la sua partita per ottenere un obiettivo preciso, il posto di lavoro, una promozione, un nuovo contratto. E troppo spesso conta più il fine dei mezzi. «Più che raccontare bugie vere e proprie, molto spesso nella trattativa vengono omessi dati e dettagli importanti, ma anche tacere è un po’ come mentire», continua il professore.

LIE TO ME, DAL TELEFILM ALLA REALTÀ

Nella finzione: il dottor Lightman (Tim Roth) è un professionista infallibile, capace di risolvere i casi polizieschi più complicati usando sofisticate tecniche anti-bugiardo. La realtà: è tutto vero e possiamo farlo anche noi. Come? Si tratta di applicare i metodi messi a punto dallo psicologo Paul Ekman, il più famoso esperto al mondo di emozioni e linguaggio del corpo, che ha fatto da consulente scientifico della serie Tv. Per saperne di più: I volti della menzogna (Giunti Editore, 2013). Come scoprire gli indizi della menzogna nei volti e nella voce di chi sta davanti. La seduzione delle bugie (Di Renzo Editore, 2011). Per non lasciarsi ingannare dai bugiardi di professione.

È possibile smascherare gli impostori? «L’osservazione del comportamento, lo sguardo, i segnali di nervosismo o la postura hanno sicuramente un ruolo principe nello scovare l’ingannatore. Oltre a ciò è possibile riformulare la stessa domanda più volte durante il colloquio e verificare la coerenza delle risposte. Altri segni possono metterci in allarme: sudorazione, nervosismo, difficoltà a guardare negli occhi, tendenza a muoversi troppo, toccarsi il viso oppure cambiare il tono della voce. Sono tutti segnali di stress che spesso, ma non sempre, indicano una comunicazione non serena che potrebbe nascondere qualcosa».

LA TECNICA DELL’FBI

La usano anche gli headhunter quando vogliono mettere a dura prova il loro candidato: è la famosa “tecnica Inbau, Reid e Buckley” dal nome degli studiosi che l’hanno elaborata, un interrogatorio pressante, suddiviso in nove fasi, usato anche dall’Fbi per mettere sotto torchio i presunti colpevoli. L’obiettivo è portare l’assassino, pardon, il candidato su un cammino obbligato che alla fine non gli lascia scelta e lo obbliga ad ammettere la sua colpevolezza. Come funziona? Potete farvi una idea col romanzo Il cacciatore di teste di Jo Nesbø (Einaudi, 2013), poi approfondire leggendo Criminal Interogation and Confessions, di Fred E. Inbau, John E. Reid, Joseph P. Buckley (Jones & Bartlett, 2011). Su internet: reid.com

Ma le tecniche anti-bugiardo funzionano davvero? Le abbiamo provate con l’aiuto dello psicologo Stefano Verza, che le insegna nei suoi corsi anti-fregature, l’ultimo per Asac, l’associazione delle agenzie di conciliazione e mediazione. «Se è la prima volta che vedo una persona, devo innanzitutto capire quale è il suo comportamento normale quando è rilassato per poi cogliere tutto ciò che si discosta: è qui che si annidano le bugie. Come fare? Incontrate il candidato o il futuro partner in una situazione tranquilla: sarà più facile andare a caccia delle differenze di comportamento quando si parlerà di business». E solo in quel momento, al tavolo della trattativa, andrete a caccia dei segnali che svelano l’impostore: il linguaggio del corpo, le reazioni, le aperture o le chiusura, le espressioni del viso e tutto ciò che viene detto senza parole. «In generale», continua lo psicologo, «se vi accorgete che una risposta determina una reazione che si discosta dalla norma è opportuno cambiare discorso e magari riprenderlo in un secondo momento, osservando se lo stesso atteggiamento negativo si ripropone». Insomma, non affidatevi a un solo segnale, la conferma di un atteggiamento negativo è data da più indicatori che solo messi insieme rivelano lo stato emotivo di una persona. Quali sono i più semplici da cogliere? Ecco una breve carrellata:

CONTATTO DEGLI OCCHI: solitamente si mantiene un contatto visivo degli occhi per i due terzi della durata della conversazione, mentre un imbroglione guarda la sua vittima negli occhi più del dovuto, perché sta mentendo e vuole avere la certezza di darla da bere.

BATTITO DELLE CIGLIA: il bugiardo batte le ciglia più velocemente quando sta improvvisando di sana pianta. «L’inconscio è consapevole che ciò che esce dalla bocca non corrisponde al vero», spiega Verza, «quindi cerca di bloccarlo chiudendo gli occhi, come a volerne prenderne le distanze». Quando invece la bugia è stata preparata a tavolino con molto anticipo, allora il battito delle ciglia è lento. «Questo perché lo sforzo di raccontare alla lettera la storiella che ci siamo studiati a memoria è talmente alto da ridurre ogni altra fatica al minimo, compreso il battito delle palpebre. In questo caso gli occhi restano aperti e vigili per captare quante più informazioni possibili sulla riuscita della messa in scena».

MOVIMENTO DELLE MANI E DELLE BRACCIA: il bugiardo, a prescindere dalla proprietà di linguaggio, di solito tende ad azzerare i movimenti delle mani e delle braccia. «Non vuole essere scoperto e quindi cerca di dare meno informazioni possibili, cercando di bloccare il linguaggio del corpo».

TOCCARSI IL VISO, GRATTARSI: è sintomo di un disagio prodotto dallo stress o dall’ansia. In questo caso, si tratta però di reazioni facilmente controllabili anche dagli ipocriti alle prime armi. «L’impostore che prova prurito al naso potrebbe decidere di non grattarsi ben sapendo che si tratta di un gesto rivelatore. Non è difficile, è la prima tecnica che imparano tutti i disonesti».

RISPONDERE, MA SENZA RISPONDERE: quando ci viene fatta una domanda difficile la soluzione a portata di mano è di non rispondere e riprendere il filo del discorso precedente come se nulla fosse. Qualcuno risponde come se la domanda fosse stata un’altra. «È la strategia usata da chi mente», conclude Stefano Verza, «per sviare il discorso e guadagnare il tempo necessario per riorganizzare i pensieri e inventare la risposta giusta».

Nel frattempo la scienza progredisce e non è escluso che prima o poi qualcuno inventi una App della verità. «La ricerca sta cercando di trovare dei parametri sempre più oggettivi che misurino le risposte del corpo e del sistema nervoso periferico. E se la famosa macchina della verità non faceva altro che valutare la conduttanza cutanea, cioè un indicatore dello stress», ritorna sull’argomento il professor Perna «in futuro verranno trovate tecnologie più semplici, a portata di mano, che ci permetteranno di capire quanto una persona è stressata mentre risponde». Sarà vero?

LE IMPRONTE DIGITALI DEL BUGIARDO

Le hanno scoperte da poco: sono le impronte digitali della menzogna ed è impossibile cancellarle. Un metodo infallibile per smascherare chi mente messo a punto da Alice Proverbio, Maria Elide Vanutelli e Roberta Adorni del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Rispetto alla macchina della verità, che si basa sulla misurazione di sudore e battito cardiaco, il nuovo sistema misura anche l’attività mentale ed è molto più preciso perché vede le aree del cervello che si attivano quando raccontiamo bugie.

A sinistra Queste mappe topografiche mostrano come, prescindendo dalle emozioni, la risposta N400, che rappresenta il marker neurale della menzogna, è più marcata (area blu più scura che si espande) quando si mente (sotto) piuttosto che quando si è sinceri (sopra)

Al centro In questa immagine, una tomografia elettromagnetica a bassa risoluzione. Si possono vedere le aree cerebrali che si attivano quando si mente (sopra) e quando si dice la verità (al centro). In basso sono evidenziate le strutture neurali implicate nell’atto di mentire, la corteccia prefrontale e orbitofrontale sinistra e cingolata anteriore. Le frecce rosse indicano i picchi di attività elettromagnetica

A destra Queste mappe topografiche mostrano come, quando si è ansiosi o agitati, l’attività cerebrale che segue l’atto di mentire (sotto) o di dire la verità (sopra) tende ad assomigliarsi a causa delle emozioni, col rischio di trarre in inganno chi deve giudicare