Lavoro
I giovani? Sono la materia prima
Il passaggio generazionale e la mancanza di nuove leve rischiano di mettere in crisi un settore vitale del made in Italy. Ecco perché FederlegnoArredo ha deciso di costruirsi una scuola tutta sua. Che sfornerà artigiani, ma anche tecnici commerciali ultra specializzati
Era già da un po’ di tempo che in FederlegnoArredo ci stavano pensando. Qualcuno aveva la sensazione che si trattasse di un’emergenza, qualcun altro invece immaginava che non fosse una situazione così stringente. Oggi che la crisi dei consumi italiani ha proiettato con ancora più forza praticamente tutto il settore del legno e dell’arredo verso l’export nei Paesi emergenti, e soprattutto oggi che molte delle professionalità che hanno fatto grande il comparto negli scorsi decenni stanno per raggiungere il limite dell’età pensionabile senza aver lasciato il testimone a una nuova generazione altrettanto preparata, il partito degli scettici si è come dissolto. E così hanno tirato tutti un sospiro di sollievo quando la Federazione ha rotto gli indugi, presentando questa estate, durante il Meeting di Rimini di agosto, il progetto per un Polo formativo dedicato ai mestieri del legno e dell’arredo. L’obiettivo? Soddisfare entrambe le esigenze delle imprese della filiera: avere personale giovane ma già qualificato per sostituire la vecchia guardia e integrare la manodopera e gli agenti tradizionali con figure tecniche commerciali in grado di comunicare e fare affari con gli interlocutori dei mercati esteri. Se tutto procede secondo i piani, i primi corsi cominceranno a settembre 2013, in una struttura messa a disposizione dalle Ferrovie Nord a Lentate sul Seveso (MB), e l’istituto, una volta a regime, dovrebbe arrivare a sfornare una cinquantina di giovani professionisti della trasformazione del legno, tra addetti alla meccatronica e diplomati Its. Questo giusto per cominciare, visto che il Polo ha l’ambizione di diventare un centro di eccellenza anche per la formazione superiore, con master e corsi di aggiornamento continui. L’istituto dovrebbe inoltre essere il primo di una serie, da aprire gradualmente a partire dal 2015 negli altri distretti del mobile italiano. Ci sperano in molti. Perché se i giovani non tornano nelle officine e nei laboratori, l’unica alternativa è la delocalizzazione.Ne è convinto Pietro Bellotti, titolare dell’azienda che porta nell’insegna il suo cognome, e tra i primi artefici del Polo formativo. «L’idea è nata circa tre anni fa, quando abbiamo valutato e deciso di sfruttare un finanziamento della regione Lombardia per effettuare con l’aiuto dell’università Cattolica di Milano un’indagine sulle figure professionali ricercate dalle aziende del territorio», spiega Bellotti. «I risultati furono molto interessanti: in un momento di grossa crisi e di difficoltà occupazionale, risultava evidente che c’erano nicchie di mercato che cercavano professionalità specifiche, senza riuscire a trovarle. Anche se le posizioni offerte erano ben remunerate e di una certa responsabilità. La prima ipotesi è stata quella di avviare piani di formazione continua all’interno delle aziende. Ma per mentalità o ritrosia o a volte semplicemente per difficoltà nella comunicazione, chi lavora nelle officine non è in grado di trasmettere il proprio know how. E anche quando l’affiancamento funziona, il giovane impiega almeno due anni per essere formato. Con la possibilità di frequentare un corso specifico con stage aziendali, invece, i ragazzi potrebbero entrare in fabbrica sapendo già cosa fare».L’alternativa, per l’appunto, è andare a cercare manodopera fuori dai confini nazionali. «Ma vorrebbe dire impoverire tutti: il territorio, il settore, il concetto stesso di made in Italy», dice Alessandro Besana, dell’omonima azienda. «L’aspettativa di tutti quanti noi per questo progetto è altissima, io personalmente sono uno di quelli che l’hanno sempre sostenuto, questo polo. A noi non servono solo dei buoni tecnici per la produzione, ma anche ottimi operatori commerciali, che conoscano l’inglese, che sappiano muoversi sullo scacchiere internazionale. Oggi i mercati in cui ci stiamo espandendo domandano qualità e arredamenti di alto livello, certo, ma hanno bisogno anche di in terlocutori con cui dialogare. E a noi», continua Besana, «al momento mancano persone in grado di andare a parlare, di mostrare i prodotti, di interagire con gli studi di architettura e spiegare ai nostri tecnici qual è la richiesta del cliente per un contract, per esempio. Questa è la figura professionale a cui speriamo di dare vita attraverso il secondo stadio di preparazione previsto nel Polo». Il reclutamento dei ragazzi nelle scuole medie della Brianza comincerà a novembre. La sfida è prima di ogni altra cosa culturale: si tratta innanzitutto di dare nuova dignità a un percorso che in Italia, negli ultimi anni, è sempre stato visto come una scelta di serie B. Il modello di riferimento è inevitabilmente la Germania, dove le scuole professionali non sono solo il fiore all’occhiello dell’offerta formativa, ma rappresentano una delle ragioni, forse la più importante, dell’inarrestabile successo dell’industria teutonica. È proprio dall’esempio d’Oltralpe che prende spunto l’iniziativa della Provincia di Monza e Brianza, coinvolta sia sul piano economico che organizzativo. Enrico Elli è assessore ai Beni culturali, alla cultura e alla formazione professionale della Provincia, e non nasconde il suo entusiasmo per il modello tedesco: «In passato ho lavorato a stretto contatto con realtà produttive della Germania, e ho potuto toccare con mano i risultati dell’impostazione che hanno lì. I ragazzi fanno letteralmente scuola nelle aziende, imparano la cultura del lavoro, e soprattutto il rispetto e l’educazione nei confronti delle attività che svolgono. È giusto che i giovani siano creativi, ma durante la fase produttiva occorre una disciplina che solo la pra tica può insegnare». È in qualche modo l’approccio che la Provincia ha già sperimentato nei suoi corsi all’avviamento professionale (gestiti a Meda dall’Afol, Agenzia Formazione lavoro) e che, oltre a essere serviti da base d’appoggio per l’iniziativa di FederlegnoArredo, si sono già fatti una certa fama. «Grazie alla nostra scuola di restauro ligneo abbiamo avuto dei riconoscimenti significativi anche al di fuori del nostro territorio», spiega Elli. «Siamo stati chiamati per partecipare al restauro delle chiese danneggiate dopo il disastro dell’alluvione a Genova, e abbiamo lavorato all’interno della cattedrale di San Marco, a Venezia, oltre che in alcune commesse all’estero». L’altro braccio operativo del progetto è l’Aslam (Associazione scuole lavoro alto milanese), coinvolta nella creazione del Polo formativo vista l’ormai pluridecennale esperienza nell’insegnamento di mestieri che rappresentano settori ad alto tasso d’innovazione all’interno dell’economia lombarda, come per esempio alcune linee di montaggio aeronautico ed elicotteristico. «Le aziende del legno e dell’arredo sono cambiate in questi anni», dice Angelo Candiani, presidente di Aslam. «Inizialmente erano nuclei familiari i cui singoli componenti lavoravano ognuno con una propria specializzazione. Ora che si sono evolute su scala industriale, ed è aumentata l’esigenza di partecipare a eventi e fiere in tutto il mondo, con la capacità di avere una visione allargata rispetto anche a ciò che in ottica contract completa il prodotto, la richiesta di profili specializzati è cresciuta di pari passo. Ma la nostra priorità è avere delle proposte da fare ai giovani», continua Candiani. «Molti ritengono che la difesa del posto di lavoro sia data dal contratto. Mentre poi si legge sui giornali che ci sono milioni di giovani che non hanno un’occupazione, o l’hanno persa. Ma io sono convinto che rispetto al mero contratto, imparare un mestiere dia una possibilità molto più efficace di trovare e mantenere un lavoro. Questa è la posizione che può aprire all’autoimprenditorialità».Evidentemente, non è questo l’obiettivo dei vertici di FederlegnoArredo. Al congresso di Rimini lo stesso Giovanni Anzani, presidente di Assarredo, aveva detto chiaramente che la campagna di reclutamento sarebbe servita per informare i giovani sulla possibilità reale di imparare un mestiere a più livelli. «Il Polo formativo permetterà di costruire un percorso articolato, fino al conseguimento di master con i quali i ragazzi diventeranno dei tecnici commerciali in grado di andare in giro per il mondo. Nel realizzare questo progetto non abbiamo intavolato un discorso da politici, abbiamo semplicemente pensato al futuro dei giovani e delle nostre imprese, che da loro dipendono. Ed è questo che dobbiamo far capire ai vari amministratori locali, visto che per ora i rallentamenti che abbiamo incontrato sono dovuti a un po’ di campanilismo e a tanta burocrazia». Anche per il presidente di FederlegnoArredo Roberto Snaidero non bisogna andare troppo per il sottile. «Il tempo non si ferma», dice a Business People, «e uno dei problemi più urgenti che dobbiamo affrontare è il passaggio generazionale. Abbiamo bisogno di giovani che ereditino il know how delle nostre maestranze, e la creazione da parte nostra di uno dei primi poli formativi di questo genere servirà a dare un segnale chiaro in questo senso».
LOMBARDY CREATIVE DISTRICT |
FederlegnoArredo è partner di Regione Lombardia nella partecipazione al bando European Creative District indetto dalla Commissione Europea lo scorso aprile. Il bando è stato indetto per distribuire fondi da investire in azioni concrete e innovative all’interno del distretto creativo proposto. L’intero comparto però è conscio che la creatività non dipende solo dalla capacità imprenditoriale, ma anche della figure professionali impiegate. Ed è per questo motivo che all’interno del bando viene data rilevanza al progetto del Polo formativo Legno arredo, proposto come esempio di iniziativa che può dare nuova linfa alle imprese del territorio, stimolando l’innovazione e creando nuovi prodotti e processi da proiettare verso l’Europa e il resto del mondo. A tutto vantaggio dell’esportazione del made in Italy. Il Polo formativo Legno arredo quindi ambisce a sostenere la coscienza europea non solo dei ragazzi ma anche delle stesse imprese del territorio. |