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Lavoro

Cuneo fiscale, le mezze misure non bastano più: serve una rivoluzione

Importante il taglio dell’Irap, ma un dipendente costa ancora il doppio dello stipendio. E se fosse proprio Gentiloni a dare una scossa?

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La pressione fiscale scende, il taglio dell’Irap ha aiutato le aziende, ma un dipendente costa ancora il doppio del suo stipendio al datore di lavoro. Lo calcola la Cgia di Mestre sottolineando il problema persistente del cuneo fiscale.

Partendo dall’analisi delle buste paga del settore metalmeccanico, gli artigiani veneti mostrano l’entità abnorme, del cuneo fiscale. A fronte di uno stipendio mensile netto di 1.350 euro per un operaio, il titolare deve costretto a sborsare 2.357 euro tra lordo e contributi. Insomma, il cuneo fiscale è di 979 euro, il 41,5% del totale. Un impiegato che guadagna 17.00 euro, invece, arriva a costare fino a 3.200 euro con una differenza di 1.503 euro, pari al 46,8%. È vero, qualcosa è stato fatto con il taglio dell’Irap sul costo del lavoro degli assunti (2015) e il bonus Renzi è stato speso per aumentare i consumi. Anche se poi 1,7 milioni di lavoratori hanno dovuto restituirlo.

Se si riempiono le buste paga gli italiani tornano a spendere, ma con un differenziale così alto tra lordo e netto è impossibile far ripartire le imprese e aiutare allo stesso tempo i consumatori. Il governo Gentiloni sembra stare studiando, finalmente, una svolta radicale sul tema del cuneo fiscale: più entrate dall’Iva (in moltissimi casi agevolata al 10%) e accelerazione sulla fatturazione elettronica (per ridurre il 30% di evasione resistente). Il tutto per ricavare fondi da destinare quasi automaticamente al calo del cuneo fiscale. Basta mezze misure, serve una rivoluzione.