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Lavoro

Contratto unico e possibilità di licenziare: sì di Fini, no dei sindacati

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La riforma del lavoro guadagna posizioni nell’agenda politica dell’Italia. Il leader di Futuro e libertà e presidente della Camera, Gianfranco Fini, sposa la proposta di Pietro Ichino: un unico contratto a tempo indeterminato, stop alla giungla dei contratti atipici e precari, ma maggior flessibilità in uscita. L’idea, riproposta in un convegno a Trapani da Fini mette al centro della riforma del lavoro i temi della stabilità dell’occupazione, della semplificazione normativa e della flessibilità in uscita. La proposta, però, non piace ai sindacati. Una questione che dai sindacati viene subito messa in relazione con l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ovvero con il divieto di licenziare senza giusta causa.

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Fini rispondendo agli studenti di Marsala, a due giorni dalla protesta dei precari che ha visto migliaia di ragazzi scendere nelle piazze, parla chiaro: “Meglio un contratto di lavoro unico per le assunzioni a tempo indeterminato, anziché questa inaccettabile flessibilità con tante tipologie contrattuali. Ma diamo la possibilità ai datori di lavoro di licenziare”. Ma la proposta non convince i sindacati e parte dell’opposizione. Infatti, secondo il segretario della Cgil, Susanna Camusso, bisogna “smettere di pensare che il problema si scarica sempre in termini di diritti delle persone. Non c’è nessuna ragione nel nostro Paese di sostenere che il problema è il licenziamento”. Sulla stessa linea il segretario confederale della Uil, Paolo Pirani: “È una vecchia idea e non mi sembra che abolire l’articolo 18 possa risolvere i problemi del precariato”. Critico anche il Pd, con il capogruppo del partito in commissione Lavoro di Montecitorio, Cesare Damiano, secondo cui “un contratto a tempo indeterminato con possibilità di licenziamento del lavoratore, non è un contratto a tempo indeterminato”. Dello stesso parere l’Idv, che giudica la proposta “inaccettabile”.

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Gianfranco Fini