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Big data, i soliti ignoti

Una ricerca nell’Ue dimostra una buona familiarità delle imprese con questo argomento. L’Italia? Interessata, ma come sempre in ritardo

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I big data, questi sconosciuti. Secondo un’indagine del 2013 della società di ricerche di mercato Idc, su 1.651 imprese dell’Ue più della metà delle aziende non ha adottato soluzioni per elaborare le informazioni non strutturate. Anzi, il 15% non “masticherebbe” proprio la materia.

C’è però anche chi ha capito il potenziale di questa immensa massa di dati grezzi: il 24% delle imprese ha acquistato un’infrastruttura per analizzare i big data, il 7% lo farà nei prossimi due anni.

A scegliere questa strada sono soprattutto aziende di telecomunicazioni e media, servizi finanziari e manifattura. Un elenco a cui si aggiungerà presto l’healthcare che ci investirà per la ricerca scientifica.

In Italia, come al solito, il ritardo è già pesante. Su appena 100 imprese coinvolte, ben 30 adoperano i big data. Ma ben 18 solo per progetti sperimentali. E tra chi non ci ha puntato, molti li ritengono poco utili o troppo costosi da gestire.

Nel Belpaese i settori coinvolti sono la finanza, i trasporti, il retail e la pubblica amministrazione (ma solo o quasi l’agenzia dell’Entrate). Crescono tuttavia gli investimenti: nel 2013 sono stati spesi 148,6 milioni di euro, nel 2018 si arriverà a 373,3 milioni in software (36%), servizi IT (24%) e storage (24%)

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