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I numeri (positivi) del mercato discografico in Italia

Migliorano i conti dell’industria delle sette note in Italia, sia in versione digitale che su supporto, oltre che dal vivo. E mentre si consuma il duello tra Siae e Meta, ci si aspetta di valutare i risultati della normalizzazione del mercato alla fine del periodo pandemico

architecture-alternativo Credits: iStockPhoto

Il recente “Siae Affair”, ovvero il mancato rinnovo dell’accordo economico con Meta per il riconoscimento dei diritti d’autore per l’utilizzo delle musiche di artisti italiani su Facebook e Instagram, ha riacceso i riflettori sullo stato del mercato discografico in Italia. Ancora una volta l’industria musicale, in tutto il mondo, si trova ad affrontare un’innovazione tecnologica che cambia e amplifica le sue potenzialità di diffusione. Era successo nella seconda metà degli anni 80 con l’arrivo del cd, a fine secolo con l’esplosione di Napster e del peer-to-peer, e poi nei primi anni Duemila con iTunes e gli altri “negozi” di musica digitale, fino all’affermarsi di Spotify (che però in Italia arriverà solo nel 2013).

L’industria musicale alle prese con l’innovazione tecnologica

Non sempre l’industria ha potuto (e saputo) trarre giovamento dal cambiamento tecnologico, basti pensare che la massima crescita il settore l’aveva toccata nel 1999, con un fatturato a livello globale di oltre 24 miliardi di dollari, ricavi ottenuti esclusivamente con il supporto fisico (soprattutto cd, ma anche vinile). Con l’arrivo di Napster e i suoi emuli, il mercato si è gradualmente contratto fino a far registrare nel 2014 “appena” 14,2 miliardi di dollari, quasi dimezzato da un gioco, il peer-to-peer, al quale le case discografiche non erano state invitate a partecipare.

Oggi, dunque, con i social network si apre un nuovo fronte, un fronte che al momento conta per una quota significativa ma piuttosto marginale sul totale dei ricavi dell’industria (in Italia circa il 5%), ma i cui sviluppi futuri sono tutt’altro che prevedibili. La Siae accusa Meta di voler imporre condizioni capestro forte della sua posizione dominante di gatekeeper, Meta replica che la Siae avrebbe chiesto un rinnovo a cifre tre volte superiori a quelle del precedente accordo, diatriba che – al momento di andare in stampa – non si è ancora risolta.

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Il mercato discografico in Italia

Proprio mentre fra Siae e Meta volano stracci, IfpiI (International Federation of the Phonographic Industry) che rappresenta oltre 8 mila case discografiche nel mondo, ha dato alle stampe l’edizione 2023 del suo Global Music Report, pamphlet annuale che riassume lo stato di salute del mercato discografico a livello globale e per ogni Paese. Fimi, la Federazione Industria Musicale Italiana, ha diffuso quindi i dati relativi al mercato locale. E sono dati notevoli. Il settore nella Penisola cresce dell’11,1% con oltre 370 milioni di fatturato, sopra la media europea (+7,5%) e globale (+9%).

Come negli anni scorsi, a trainare il mercato sono i ricavi derivati dallo streaming, il cui incremento è stato addirittura del 17,7%. Lo streaming, quindi, ora rappresenta il 66,7% dei ricavi totali dell’industria discografica. Per quanto ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi, il numero di abbonamenti premium alle piattaforme digitali è aumentato nell’ultimo anno del 13,7%. E cresce del 36,2% anche il segmento legato alla pubblicità, al cui interno troviamo pure i famosi ricavi dai social media oggetto del contendere.

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Affiancare un’intensa attività live alle vendite degli album è diventato strategico per gli artisti (Foto © iStockPhoto)

Fenomeno vinile

Nonostante l’immaterialità dei supporti stia diventando la regola un po’ ovunque nel mondo, il “fisico” da noi regge (-2,2%), e l’Italia risulta l’ottavo migliore mercato per la vendita di dischi: si vendono meno cd (-14,4%) ma sempre più vinili (+11,7%).

È interessante quanto sta accadendo proprio con i vinili, che non solo vengono “ri-scoperti” dagli appassionati adulti, ma vengono anche “scoperti” dalle nuove generazioni, oltre che come supporto per l’ascolto, come oggetto di merchandising, per soddisfare un bisogno di possesso materiale, tattile, che leghi il fan al loro artista preferito.

Cresce il mercato e crescono gli ascolti

Anche gli altri numeri del Report 2023 sono positivi per il nostro Paese: +26,5% per le “sincronizzazioni”, ovvero l’utilizzo della musica nelle produzioni audio-video (pubblicità, film, serie Tv) con oltre 13 milioni di fatturato; +15% per l’export nella sua totalità (fisico, digitale, sincronizzazioni e diritti connessi), per oltre 22 milioni di fatturato. Dunque, cresce il mercato e crescono gli ascolti. Secondo la ricerca Ifpi Engaging with Music, i consumatori italiani spendono 20 ore settimanali nell’ascolto della musica. Il 70% di loro la ascolta in streaming (free e premium).

Ma cosa ascoltano? Per il terzo anno consecutivo la top ten degli album è dominata dal repertorio italiano, dieci dischi italiani nelle prime dieci posizioni (il primo artista straniero è Harry Styles al 13esimo posto). C’è stato un ricambio generazionale molto importante, l’età media degli artisti in top ten è scesa drasticamente. E il mercato è cambiato. Nel 2022 sono stati 558 album (+79 sul 2021) a superare la soglia dei 10 milioni di streaming: riguardano 336 artisti (+34 sul 2021). Se guardiamo su un intervallo di dieci anni, nel 2012 solo 137 album (92 artisti) avevano superato l’equivalente soglia delle 10 mila copie vendute (fisico più download). E questo è anche l’effetto di importanti investimenti fatti dalle case discografiche pesino negli anni della crisi più profonda.

Il mercato discografico in Italia per i nuovi artisti

Nonostante i grandi tagli, si è continuato a investire nella ricerca di talenti. Tantissimi nuovi artisti si sono affacciati alla ribalta. Per i giovani musicisti con il digitale è più facile autoprodurre la propria musica agli inizi e, dunque, farsi notare dalle case discografiche. E per loro è meno costoso e complicato portarli sul mercato, non è più necessario produrre cd, inciderli, distribuirli nei negozi.

Lo stesso Festival di Sanremo è cambiato profondamente negli ultimi anni. Il direttore creativo Amadeus ha saputo confrontarsi con questo nuovo mercato ed è andato a scovare gli artisti che i giovani italiani ascoltano sui loro smartphone. E questi nuovi artisti hanno accettato di mettersi in gioco. Sono andati in gara i protagonisti delle classifiche, cosa che non avveniva negli anni precedenti. E il successo dell’ultima edizione del Festival è stato notevole, generando più di 60 milioni di fatturato complessivo, fra ricavi pubblicitari e ricadute dirette sulle attività del territorio (dati Banca Ifis su edizione 2022).

Marco Mengoni, vincitore dell’edizione 2023 del Festival di Sanremo. Negli ultimi anni la kermesse è cambiata profondamente: sono andati in gara i protagonisti delle classifiche, cosa che non avveniva in precedenza (foto © Getty Images)

Certo, gli artisti non guadagnano più le cifre che guadagnavano una volta. O meglio, i primi in classifica di oggi non guadagnano quanto guadagnavano i primi in classifica di ieri. Però è aumentato il numero degli artisti che “pubblicano” e quindi, grazie allo streaming, guadagnano. Si potrebbe parlare quasi di democratizzazione del mercato discografico in Italia. Certo, affiancare un’intensa attività live a questo punto è diventato strategico. E la lunga interruzione dovuta al Covid non ha aiutato. Tra marzo e maggio 2020 sono stati sospesi (rimandati o cancellati) ben 4.200 concerti nel nostro Paese. Nel 2020 e nel 2021 il settore del live ha registrato un calo del fatturato vicino al 97% rispetto al 2019, con una perdita di circa 650 milioni di euro (dati Assomusica).

L’inversione è ovviamente arrivata con la riapertura a fine emergenza: nei primi sette mesi del 2022 si sono registrati quasi 8 milioni di biglietti venduti (prevalentemente per concerti rinviati nel periodo di lockdown), per una cifra superiore del 40% rispetto allo stesso periodo del 2019. Vale quindi la pena andare a rivedere i numeri del 2019 per capire quali potrebbero essere alla fine quelli del 2022. Prima della pandemia, Assomusica stimava 10 milioni di spettatori annui (proiezione elaborata su dati Siae più Live Nation), per un totale di 700 milioni di euro di incasso per i soli biglietti, escludendo il giro d’affari dell’indotto. Più che lecito, dunque, prevedere un 2023 estremamente positivo.


Questo articolo è tratto da Business People di maggio 2023, scarica il numero o abbonati qui