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Fusioni e acquisizioni in Italia: investiti 25 miliardi di euro in 6 mesi

Attività di investimento in calo rispetto all’ultimo biennio, ma comunque ben superiore rispetto al periodo pre-pandemia. Il nostro Paese accelera sugli investimenti all’estero: cresce del 47% il valore delle operazioni di M&A annunciate da aziende italiane

architecture-alternativo Credits: gradyreese/iStockPhoto

Nel corso del primo semestre del 2023 sono stati registrati 531 deal con target in Italia, con un volume complessivamente investito – almeno per quelle operazioni dove era noto il valore dell’acquisizione – pari a circa 25 miliardi di euro. È quanto emerge dall’EY M&A Barometer, analisi sull’andamento delle fusioni e acquisizioni in Italia nel primo semestre dell’anno in corso. Il dato relativo ai primi sei mesi dell’anno esprime una contrazione del 14% in termini di numero di operazioni e del 25% a valore rispetto alle 619 transazioni per 33,6 miliardi di euro annunciate nello stesso periodo dello scorso anno. Tuttavia, precisa Marco Daviddi, Strategy & Transactions Managing Partner di EY in Italia, “l’attività di investimento nel nostro Paese rimane solida: il numero di operazioni registrato nel primo semestre del 2023 è pressoché pari al numero di operazioni mappate nel corso dell’intero 2020 e ammonta a quasi il doppio della media storica delle operazioni nel primo semestre in periodo pre-Covid (tra il 2016 e il 2019). Il confronto con il 2022 è da leggersi tenendo presente che gli ultimi due anni sono stati caratterizzati da un’attività M&A a livelli record, per effetto della consistente ripresa di investimenti e consumi e per la necessità di ripartire velocemente dopo i lockdown.

Fonte: analisi EY su dati Mergermarket

Fusioni e acquisizioni in Italia, settore per settore 

Tra i settori di maggior focus dell’attività di investimento, si confermano quelli tradizionali del Made in Italy, ossia prodotti industriali (27% delle operazioni nel 1H 2023) e beni di consumo (17%). Hanno subito un lieve calo – sempre in termini di incidenza del numero di operazioni sul totale complessivo – il comparto technology, servizi finanziari, infrastrutture e trasporti. Rimane invece costante l’interesse per il settore Business services (9%), Pharma Medical & Biotech (7%).

 

Fonte: analisi EY su dati Mergermarket

In aumento gli investimenti italiani all’estero

Nel primo semestre del 2023 le operazioni di M&A annunciate da aziende italiane su target estere sono state 111, con una riduzione del 18% rispetto al primo semestre dello scorso anno (136 operazioni). Tuttavia, il valore risulta cresciuto del 47% anche per effetto di alcuni mega-deal nei settori energia, servizi finanziari e farmaceutico. Si conferma il trend di nearshoring e friendshoring – investimento in aree geografiche con cui sono in essere prossimità culturale e relazioni consolidate e di lungo periodo – con Spagna (24 operazioni), Stati Uniti (11), Germania (9) e Paesi Bassi (8) in testa alla classifica dei Paesi target per numero di operazioni M&A da parte di aziende italiane.

L’intesa attività di investimento da parte delle aziende italiane, aggiunge Marco Daviddi, “mostra come le nostre imprese abbiano molto chiara l’importanza dell’espansione sui mercati esteri e come oggi l’attività M&A possa essere un rilevante acceleratore di questo processo”.

Il ruolo dei fondi di Private Equity

Il ruolo dei fondi di Private Equity e dei fondi infrastrutturali, soprattutto esteri, si è mantenuto su livelli elevati nel corso della prima metà del 2023: il 42% delle acquisizioni in Italia è stata realizzata da questi operatori. Il valore complessivo di acquisizione ha raggiunto i 20,7 miliardi di euro, un ammontare superiore rispetto allo stesso periodo del 2022 e alla media registrata nel periodo pre-pandemia.

“I fondi di PE consolidano la loro presenza sul mercato italiano, anche se con un atteggiamento più prudente, che si concretizza in una dimensione media dei deal più contenuta, per diluire il rischio e per la pressione sulle valutazioni, penalizzate dall’incremento dei tassi di interesse che ha reso il financing delle operazioni più oneroso. Nel primo semestre specialmente i fondi con radicata presenza in Italia hanno continuato ad alimentare il flusso di investimenti, mentre i grandi fondi globali hanno avuto un atteggiamento più prudente”, aggiunge Daviddi. “Ci aspettiamo un secondo semestre in cui questi torneranno protagonisti. I fondi sono ormai percepiti da aziende e imprenditori italiani come volano di crescita, in particolare sui mercati esteri, oltre che uno strumento per rafforzare la capacità di investimento e gestire il passaggio generazionale”.