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Con l’etica si guadagna

Basso impatto spesso significa basso rischio. E alto rendimento. Secondo l’indagine Vigeo 2011, i fondi socialmente responsabili hanno reso di più rispetto a quelli tradizionali, in ogni comparto. Tuttavia i risparmiatori italiani non sono ancora consapevoli che esiste una via alternativa alla finanza classica

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Il sistema economico-finanziario che ha generato la crisi pare aver perso da tempo le radici dell’etica. L’ipertrofia (e la deregolamentazione) della finanza, che ha favorito gli investimenti speculativi, si è dimenticata dell’economia reale, creando disoccupazione e recessione. Come uscirne? A detta di molti, solo con un cambiamento radicale che ci costringa a riaffermare l’aspetto etico di questa attività (che pur esiste), puntando su uno sviluppo socio-economico che generi ricchezza non più quantitativa ma qualitativa. È questo l’obiettivo della Finanza etica, espressione che può suonare come un ossimoro, ma ha una storia di quasi mezzo secolo negli Usa e oggi si muove a grandi passi anche in Europa. Fondata su un forte senso di responsabilità del risparmiatore, la Finanza etica esige trasparenza nelle informazioni, responsabilità sociale di impresa (Rsi) nel caso del ciclo produttivo di un’azienda, e investimenti socialmente responsabili o fondi sostenibili (Sri), quando i requisiti “etici” influenzano il rendimento di un titolo azionario. Punta a valorizzare le relazioni interpersonali, i legami con il territorio e la partecipazione diretta alle decisioni.

Oggi, anche in Italia, i maggiori gestori di fondi offrono la possibilità di investire in Sri: la prima banca a proporli fu Sanpaolo nel 1996. Dopo la crisi del 2000-2001, tutti i grandi gruppi italiani iniziarono a proporre fondi etici, fino a quando, nel febbraio 2003, ha iniziato a operare Etica Sgr, una società di gestione del risparmio, controllata da Banca Popolare Etica e dalle popolari di Milano e di Sondrio, che promuove esclusivamente fondi etici. Molti però, soprattutto nel Belpaese, ritengono che la finanza sviluppata in forma etica sia materia per filantropi e benefattori. Se siete tra questi, date un’occhiata ai dati che seguono, perché potreste ricredervi.

UN BOOM (MA NON IN ITALIA)

A livello europeo, in questi ultimi anni, si è assistito a un vero boom del settore, evidenziato anche nell’ultimo rapporto (Green, Social and Ethical Funds in Europe 2011) della Vigeo, tra i leader continentali nella valutazione sociale, ambientale e di governance delle imprese. A giugno 2011, erano 886 i fondi socialmente responsabili presenti in Europa (683 nel 2009), con un patrimonio gestito che ha raggiunto gli 84,4 miliardi di euro (75,3 nel giugno 2010; 53,3 un anno prima). Secondo l’analisi Vigeo, «dopo due anni di crescita imponente (+65%), il mercato si è consolidato nel 2011, con sette nuovi fondi». Le stesse 14 “banche etiche” aderenti al network Global Alliance for Banking on Values gestiscono risparmi che superano i 26 miliardi di dollari e servono oltre 10 milioni di clienti in 20 Paesi. In Italia, nel 2011, gli asset gestiti dai fondi etici rimangono quasi invariati a 2,2 miliardi di euro (-1%),confermando il ritardo del nostro Paese rispetto all’Europa: il patrimonio gestito dai fondi etici italiani pesa il 3% del totale europeo. Della Global Alliance fanno parte anche Banca Popolare Etica e il suo ramo finanziario, Etica Sgr. E anche qui i numeri sono in crescita: con oltre 36 mila soci, la Banca ha aumentato nel 2011 la raccolta di risparmio dell’11,7% (717 milioni di euro) rispetto al 2010, erogando 540,8 milioni (+23,9%). Mentre la clientela che si appoggia ai quattro fondi proposti da Etica Sgr ha toccato quota 21.400 sottoscrittori (nel 2008 erano poco meno di 11 mila). Ma allo-a l’investitore etico ci guadagna? Sembra di sì, soprattutto di questi tempi.

I NUMERI*

886 i fondi socialmente responsabili (Fsr) in Europa (683 nel 2009)84,4 miliardi di euro (53,3 nel 2009)il patrimonio gestito26 miliardi di dollari con oltre 10 milioni di clienti in 20 Paesi gestiti dalle banche etiche europee+11,7% (717 milioni di euro) la accolta di Banca Etica nel 2011+23,9%il credito erogato (540,8 milioni di euro)21.400 i sottoscrittori di Etica Sgr(11 mila nel 2008)2,2 miliardi di euro gli asset gestiti dai fondi etici in Italia nel 2011

Dati Vigeo 2011

ALTRO CHE PERFORMANCE SCARSE

Se Assogestioni a dicembre 2011 ha calcolato disinvestimenti per 9,5 miliardi di euro e i fondi tradizionali oggi fanno paura, quelli etici in controtendenza tengono e ci guadagnano. Gli Sri infatti sono arrivati a fine 2011 con una raccolta positiva. Più nuovi clienti e rendimenti positivi sul medio-lungo periodo. Perché? «Fermo restando che l’obiettivo è sempre quello di perseguire rendimenti soddisfacenti», afferma Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica Sgr, «i fondi etici investono i soldi dei clienti con un approccio diverso, distinguendosi per l’attenzione alle conseguenze sociali e ambientali degli emittenti. Nel 2011 il nostro fondo Bilanciato di Etica Sgr ha ottenuto per il secondo anno consecutivo il premio Alto rendimento, a conferma che accostare un’analisi di responsabilità sociale a una gestione efficiente è vincente».Ciò che, a detta di tutti, rende particolarmente convenienti gli Sri è il fattore tempo. Esiste una correlazione positiva tra la Corporate social responsibility e la performance soprattutto nel medio-lungo termine. Del resto, un portafoglio caratterizzato da titoli di imprese con un buon profilo di responsabilità socio-ambientale realizza migliori performance anche perché, a suo tempo, avrebbe escluso Enron, Parmalat, Lehman Brothers e Fortis, per citare casi storici, ma anche alcuni Paesi emergenti, perché responsabili di sistematiche violazioni dei diritti umani, civili e politici.

E la sicurezza, di questi tempi, non è un vantaggio da poco. «Ci sono numerosissimi studi che dimostrano come i rendimenti siano assolutamente in linea con quelli degli investimenti tradizionali nel medio periodo», afferma Renato Guerriero, country manager per l’Italia di Dexia Asset Management. «Uno studio degli economisti Margolis e Walsh, che ha per obiettivo di verificare il valore aggiunto dell’adozione di criteri ambientali, sociali e di governance nell’investimento finanziario, dimostra che tali criteri nel 42% dei casi non impattano negativamente sulle performance e, ancora più importante, nel 53% dei casi i rendimenti sono migliori. Accanto agli studi accademici c’è molta evidenza empirica che dimostra come nei momenti di forte crisi i rendimenti dei fondi sostenibili sono più interessanti. Non va dimenticato inoltre che le aziende meno trasparenti, escluse dai fondi sostenibili, sono poi quelle che prima o poi sorprendono il mercato con truffe o frodi». «Nei fondi etici», specifica Marcello Calabrò, global head of corporate & strategic marketing di Pioneer Investments, «registriamo sia una minore volatilità dei rendimenti, sia una minore volatilità del comportamento dei risparmiatori, che tendono a rimanere più a lungo investitori in questi prodotti».

TUTTO IL SETTORE CRESCE

Il 2011 è stato positivo per il comparto etico a livello globale. «In Italia», sostiene Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, «continuiamo a crescere a doppia cifra su tutto, raccolta, impieghi e capitale sociale, da quando siamo partiti 13 anni fa». Oggi insomma la finanza che si ispira a principi di trasparenza, solidarietà ed equità piace. «È un trend frutto del lavoro di anni», continua Biggeri, «aiutato anche dal fattore crisi che risveglia l’attenzione dei risparmiatori su come vengono impiegati i loro risparmi. La nostra recente campagna Non con i miei soldi.org è nata dalla consapevolezza sempre più diffusa che la crisi finanziaria, diventata crisi del welfare e dell’economia reale, è stata finanziata anche dai nostri soldi».Ma in cosa una banca etica è diversa dalle altre? «Semplice. Facciamo quello che dovrebbero fare le banche», spiega Biggeri, «ovvero raccogliere risparmi e fare credito, cosa che purtroppo la maggioranza del sistema bancario non fa più. Dal punto di vista degli impieghi siamo specializzati a intervenire in progetti che hanno utilità collettiva, principalmente nel terzo settore, nelle rinnovabili e nel biologico. La grande novità di Banca Etica, però, è un’altra: la trasparenza. I nostri clienti sanno dove vanno a finire i loro risparmi, con importi e nomi, e in questo siamo pressoché unici al mondo».

UNA EXIT STRATEGY PER LA CRISI

Non c’è alternativa: bisogna tornare a investire nell’economia reale. «Questa è secondo noi l’unica vera strada», dice Alessandra Viscovi, «basti pensare che secondo le ultime statistiche della Banca dei Regolamenti internazionali, a dicembre 2011 l’intero mercato dei derivati ammontava a 647 mila miliardi di dollari di valore nominale. È un numero 14 volte più grande della capitalizzazione di tutte le Borse del mondo. Con questo meccanismo di leva finanziaria, l’insieme dei mercati è arrivato a essere nove volte più grande dell’economia mondiale, vale a dire della ricchezza prodotta da industrie, agricoltura e servizi. Un sistema non sostenibile nel lungo periodo, che ha portato conseguenze negative per l’economia reale». Inoltre la gestione sostenibile «innesca di per sé un circolo virtuoso nell’economia, poiché va a braccetto con il cosiddetto attivismo e la democrazia economica», sottolinea Guerriero. E allora spazio agli “etici”. Il consiglio per approcciare l’investimento socialmente responsabile è per Guerriero anzitutto «di scegliere delle società di gestione che abbiano una lunga esperienza nel settore», ma anche di farlo a piccoli passi, destinando inizialmente solo una percentuale del proprio patrimonio. In tal senso uno strumento ancora poco utilizzato, soprattutto in queste fasi di alta volatilità dei mercati, è quello del Piano di Accumulo (Pac). «Attraverso il Pac», spiega Viscovi, «è possibile acquistare le quote di un fondo comune tramite versamenti periodici anche minimi, diluendo nel tempo l’investimento. I vantaggi sono molteplici. In primo luogo si può accedere ai vantaggi del risparmio gestito con cifre modeste, accumulando un capitale nel medio-lungo termine. In secondo luogo si riducono i rischi legati all’investimento in un’unica soluzione, come la scelta del momento più opportuno per investire».

E IN FUTURO?

In futuro, afferma Marcello Calabrò «gestori e prodotti saranno selezionati sempre più in base alla concreta e reale implementazione dei criteri Esg (environmental, social and governance) nel proprio processo di investimento». Si sta andando, dunque, verso un unico modo d’intendere l’investimento finanziario che integrerà, facendoli propri, i criteri di analisi e valutazione socialmente responsabili? «È un percorso già intrapreso», sostiene Guerriero. «Nel 2006 le Nazioni Unite hanno lanciato i Principi degli investimenti responsabili, un trattato che impegna i suoi firmatari a integrare nelle scelte d’investimento questioni ambientali, sociali e di governance. Questi principi sono stati adottati dai più grandi fondi pensione del mondo e anche da qualche fondo pensione italiano, con la conseguenza che un patrimonio di oltre 22 mila miliardi di dollari è orientato secondo queste linee guida». «Oggi sempre più», aggiunge la Viscovi, «i grandi investitori istituzionali, le fondazioni bancarie o i fondi pensione, sono attenti alle tematiche ambientali, sociali e di governance. Tanto che abbiamo in consulenza circa 7,5 miliardi di euro provenienti da questi clienti». Ma affinché tutta la finanza si possa dire in futuro etica«si deve cambiare la regolamentazione», conclude Biggeri.«Il sistema attuale considera gli investimenti di tipo finanziario classico più sicuri rispetto agli altri. Occorrerà invece fare distinzione tra banche commerciali e banche d’affari, dotandole di regole diverse. Se non passiamo da questo cambiamento, la finanza non muterà, pur essendo evidente a tutti che non funziona né crea benessere. Lo strapotere della finanza, però, potrà essere contrastato anche dall’alfabetizzazione finanziaria dei cittadini, perché oggi la crisi ha reso molte persone consapevoli del fatto che se non ti occupi di questi temi, ti travolgono. Fatevi delle domande,quindi. Vi costringerà a metterci la testa».

ANCHE ON LINE

L’Università Bocconi di Milano ha realizzato, in collaborazione con la Borsa italiana, un sito dedicato alla finanza etica. La collaborazione prevede l’intenzione di andare ad analizzare la relazione tra finanza sostenibile e mercati borsistici. Il sito vuole essere uno strumento concreto per le aziende, dove possono trovare metodologie per comportamenti “virtuosi”, come dimostrano i progetti di ricerca e case history curati dall’Università Bocconi pubblicati sul sito (www.borsaitaliana.it – notizie e finanza – finanza etica).