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Banca d’Italia, gli istituti taglino costi e lavoro

Il numero uno della Vigilanza di Via Nazionale conferma il rischio già ventilato dal premier Renzi: possibile un ridimensionamento del personale

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La scure dei tagli potrebbe calare sul personale delle banche italiane. Dopo il richiamo del premier Matteo Renzi, che ventilava un taglio di 150 mila bancari in dieci anni, arriva la dichiarazione di Carmelo Barbagallo. Ospite al forum Fisac-Cgil, il numero uno della vigilanza della Banca d’Italia ha ammesso che «non possono essere esclusi interventi sul costo del personale, in un quadro più ampio di misure volte a rivedere il modello di attività e a valorizzare e riqualificare le competenze delle risorse umane, che l’evoluzione tecnologica vuole sempre più specializzate». Barbagallo ha poi aggiunto: «La politica di contenimento dei costi, già realizzata in questi anni, dovrà proseguire anche attraverso un ripensamento della presenza sul territorio».

PROBLEMI DI REDDITIVITÀ. A spingere la Banca d’Italia a contemplare tagli sul personale, sarebbe la difficile situazione in cui versano gli istituti di credito. «Nel primo semestre 2016 il Roe dei cinque maggiori gruppi bancari italiani si è quasi dimezzato (3,7%) rispetto allo stesso periodo del 2015 (6,3%). Alla flessione del margine di interesse si è accompagnata anche quella dei ricavi da commissioni», spiega Barbagallo. A incidere sull’andamento della redditività sarebbero anche elementi peculiari del sistema italiano: tra questi, la crescita più lenta dell’economia italiana rispetto a quella Ue, nonché i ritardi sull’adeguamento della struttura di credito. Troppo elevato, infine, il numero degli sportelli.

CIFRE DA RIVEDERE. In particolare, Barbagallo ha sottolineato che il flusso dei nuovi crediti deteriorati è sceso del 3% del totale prestiti: per trovare un valore più basso bisogna risalire al 2008. Quanto al valore di 360 miliardi di euro, per Barbagallo è «formalmente corretto ma economicamente fuorviante. Esso infatti è al lordo delle cosiddette rettifiche di valore, perdite già spesate nei bilanci degli anni passati. Il valore netto era in realtà pari a circa 200 miliardi a fine 2015».