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Patto di stabilità Ue, è lotta su due fronti

Domani la Commissione presenterà il nuovo meccanismo sanzionatorio per la vigilanza sulle finanze pubbliche nazionali. L’Italia contro una svolta troppo rigorosa. Il presidente dell’Abi: “Non siamo del tutto soddisfatti”

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L’Unione europea si divide sul Patto europeo di stabilità e crescita. Tra i 27 ministri finanziari dei paesi membri manca ancora l’intesa sulla ricetta da adottare per rafforzare il controllo sulle finanze pubbliche degli Stati membri. Nonostante ci sia l’accordo sulla necessità di una maggiore attenzione sui debiti pubblici e sul rafforzamento delle sanzioni, il fronte europeo appare spaccato. Da una parte c’è un gruppo di Paesi, tra cui la Germania, che vuole imprimere una svolta di massimo rigore; dall’altra ci sono Stati, come Italia, Belgio e Francia, che temono per una stretta sui conti pericolosa per la ripresa economica. Il nuovo meccanismo sanzionatorio fa parte di un pacchetto di riforme delle regole europee per la vigilanza sulle finanze pubbliche nazionali che la Commissione presenterà domani.A sostenere la corrente più rigorosa il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, che davanti al Parlamento europeo ha sottolineato come la riforma del Patto deve soprattutto concentrarsi “sui Paesi con alti livelli di debito e perdita significativa della competitività”. Ieri Trichet ha sottolineato come alti livelli dei debiti pubblici e l’evoluzione dei deficit “possono essere fonte di instabilità finanziaria e possono contagiare gli altri membri della zona euro”. La Commissione punta quindi a punire non soli i Paesi che superano il 3% del deficit, ma anche quelli che sforano il 60% del debito pubblico e si trovano in una situazione di “squilibrio eccessivo” sul fronte della competitività. Una linea che preoccupa non poco l’Italia, anche perché il commissario europeo agli affari economici e monetari, Olli Rehn, si appresta a presentare una proposta che prevede una riduzione del debito pubblico in eccesso di un ventesimo l’anno. In un Paese come l’Italia, dove il debito ammonta a circa il 118%, vorrebbe dire un taglio di otto punti in tre anni. La Commissione punta a creare anche un deposito fruttifero in cui i Paesi che rischiano di sforare il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil dovranno versare in via cautelativa una somma pari allo 0,2% del Pil, che potrà essere detratta anche dalla quota di fondi comunitari. Somma che – una volta sforato il 3% – sarà definitivamente trattenuta. Il ministro tedesco delle finanze, Wolfgang Schauble, avanza anche un’ipotesi più drastica: la sospensione del diritto di voto per i Paesi recidivi nel violare il Patto.Secondo le anticipazioni circolate finora sarà la Commissione europea a proporre le sanzioni da applicare ai Paesi sottoposti a procedure di defict e debito eccessivi e il Consiglio potrà modificare tale decisione solo in presenza di una maggioranza qualificata, un meccanismo destinato a rafforzare il carattere semiautomatico delle sanzioni. Ma alcuni Paesi presentano perplessità su un meccanismo ritenuto troppo poco controllabile e chiedono che per bocciare la proposta della Commissione sia sufficiente la maggioranza semplice.

Il commento del presidente dell’AbiCon le dovute premesse, il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari dice “non essere del tutto soddisfatto” per il Patto Ue di stabilità e di crescita. “Apprezziamo i passi avanti che sono stati fatti e credo che questi passi avanti abbiano visto protagoniste le nostre rappresentanze a Bruxelles – spiega Mussari –. Non tutti i Paesi hanno la stessa struttura di debito, noi abbiamo un alto debito pubblico e un basso debito privato e questo nel punto più critico della crisi ci ha aiutato a venirne fuori meglio di altri. Probabilmente questo è un dato che va apprezzato più di quanto sia stato fatto”. Mussarri si dice d’accordo sul fatto che la stabilità sia un presupposto della crescita, ma “bisognerà cominciare a ragionare su come cresce l’Europa e il nostro Paese altrimenti diventa complesso ragionare sempre di riduzione”.

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Jean-Claude Trichet