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Municipalizzate e investimenti: perché soffre il sistema Italia
Mentre le multinazionali azzannano i gioielli del nostro Paese, le aziende partecipate appesantiscono con inefficienza e ingordigia il nostro settore produttivo
Il capitalismo italiano è finito? No, ma naviga in cattive acque. A rivelarlo è uno studio di Roland Berger Italia per il quotidiano Repubblica sugli investimenti nelle nostre aziende.
In un periodo vivacissimo sul fronte delle acquisizioni mondiali (1.500 miliardi di dollari solo quest’anno e ci sono movimenti anche su Mammuth come Pfizer e General Electric), le multinazionali straniere fanno incetta dei gioielli del nostro Paese: Parmalat, Ducati, Bulgari, Loro Piana, persino la pasticceria Cova fino alla recente acquisizione di Indesit da parte di Whirpool. Il nostro settore manifatturiero diventa così preda degli interessi esteri a causa della mancanza di investimenti.
Dal boom della crisi nel 2009, quelli nel settore industriale sono infatti scesi di un ulteriore 9%. Non ci sono soldi da spendere, a malapena si riesce a sostenere i debiti. Ma di chi è la colpa? Secondo il quotidiano romano che ha esaminato un campione di 590 imprese con più di 200 milioni all’anno, è in particolare delle partecipate che pesano con la loro ingordigia e inefficienza sul settore produttivo.
Quello delle municipalizzate che gestiscono servizi come acqua ed elettricità è l’unico settore “in crescita”: da 44 a 72 miliardi di euro nell’ultimo quinquennio. Dieci volte il valore del settore auto. Si tratta di risultati ottenuti grazie ad aumenti continui di tariffe che appesantiscono le altre aziende e non portano ad alcun ritorno sul tessuto produttivo.
Così mentre alcuni settori vedono una timida ripresa (alimentare, auto, meccanica), crolla ancora il tessile (-17%), Precipita soprattutto il margine operativo lordo nell’alimentare (-6%), nel farmaceutico (-10%) e nell’abbigliamento (-37%), un settore quest’ultimo che comunque non rinuncia a investire.
La difficoltà di ottenere credito insieme con i forti interessi sul debito, la burocrazia e l’altissimo costo dell’energia sono le criticità che aprono il fianco all’assalto delle multinazionali straniere ai gioielli industriali italiani. La questione non è più vendere i prodotti nel mondo, ma riuscire a guadagnarci qualcosa mentre lo si fa.
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