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Mille euro non posson bastare
L’imposizione di strumenti tracciabili per tutti gli acquisti superiori a tale cifra serve davvero per combattere l’evasione fiscale? Associazioni di categoria, esperti e persino il presidente del Consiglio pensano di no. E intanto all’estero…
Il segno di una prima inversione di tendenza è arrivato il 9 aprile scorso dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Pubblicando l’ennesimo tweet, il premier-rottamatore ha definito «macchinosa e poco utile» la legge sulla tracciabilità dei pagamenti, in vigore in Italia da oltre due anni. Si tratta, per chi non la conoscesse ancora, della norma approvata tra il 2011 e il 2012 dal governo Monti (con il Decreto Salva Italia) che vieta l’utilizzo del contante per tutte le transazioni in denaro di importo superiore a 999,99 euro. Per qualsiasi pagamento da mille euro in su, infatti, i cittadini italiani devono usare, volenti o nolenti, strumenti tracciabili come carte di credito, bancomat, bonifici o assegni. Acquisti di gioielli e di orologi, provviste di vestiti griffati o vacanze trascorse in qualche albergo di lusso: ecco alcune categorie di spese che, da oltre 24 mesi a questa parte, possono essere scovate più facilmente dal fisco, grazie alle norme sulla tracciabilità.
L’obiettivo primario della stretta contro l’uso della moneta liquida, infatti, è proprio quello di aumentare la fedeltà fiscale dei nostri concittadini, anche di quelli che non ne vogliono proprio sapere di pagare tutte le tasse fino all’ultimo centesimo e che cercano regolarmente di occultare le somme incassate. Nell’arco di due anni, però, le norme sulla tracciabilità sono finite più volte sotto processo, bersagliate di critiche da molte associazioni di categoria, ma anche da diversi osservatori super partes, che ne hanno messo in dubbio l’efficacia nella lotta all’evasione.
FUGA DI CLIENTITra gli oppositori della legge più combattivi c’è, per esempio, Giuseppe Aquilino, presidente di Federpreziosi, l’associazione di categoria delle imprese orafe, orologiaie, argentiere e gioielliere, che ha accolto con favore le parole di Renzi contro le regole troppo stringenti sulla tracciabilità. Da quando è entrato in vigore il Decreto Salva Italia, infatti, è iniziata una lunga sfilza di lamentele da parte dei venditori di beni di lusso di tutta la Penisola, costretti a chiedere l’utilizzo della credit card o degli assegni anche ai numerosi clienti che si sono presentati nei negozi con un malloppo di bigliettoni in tasca, per pagare con moneta sonante qualche prezioso acquistato.
Per non parlare poi di quanto è accaduto e accade ancora nelle zone di confine vicine alla Svizzera o al Principato di Monaco, cioè a Paesi in cui i divieti all’uso del contante non sono neppure immaginabili: dalla Liguria di Ponente alla provincia di Como, la fuga di clienti al di là della frontiera è sotto gli occhi di tutti, almeno secondo alcuni commercianti che sostengono di aver subìto un vero e proprio crollo del fatturato.
A prescindere dalle lamentele dei negozianti, però, a trascinare sul banco degli imputati le regole sulla tracciabilità sopra i mille euro sono anche le osservazioni di alcuni opinionisti autorevoli, che di lotta all’evasione e di economia sommersa s’intendono di sicuro.
È il caso di Ranieri Razzante, fondatore e presidente dell’Aira (Associazione italiana responsabili antiriciclaggio), che ha più volte definito esagerata e poco utile la norma adottata due anni fa per combattere l’infedeltà fiscale. I riciclatori di denaro e i grandi evasori, ha sottolineato infatti, non usano abitualmente il contante per eseguire le loro operazioni illecite, ma cercano di occultare totalmente i propri redditi con spese fittizie o fatture false, spesso saldate con bonifici o con assegni non trasferibili, cioè con strumenti perfettamente tracciabili. Inoltre, il divieto di usare il denaro liquido è uno strumento poco efficace anche per scovare i piccoli evasori, cioè i professionisti, gli artigiani, o i commercianti che abitualmente non emettono le fatture o non battono gli scontrini sulle compravendite o le prestazioni di poche decine e centinaia di euro. Per queste categorie di operatori economici, infatti, i pagamenti in nero di piccolo importo sono rimasti tali, anche dopo l’entrata in vigore delle norme sulla tracciabilità, che impediscono l’utilizzo del denaro liquido soltanto sopra i mille euro.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO RENZI
HA DEFINITO LA NORMA SULLA TRACCIABILITÀ
DEI PAGAMENTI «MACCHINOSA E POCO UTILE»
Non va dimenticato, infine, un altro particolare importante: le regole introdotte due anni fa dal governo Monti hanno trasformato l’Italia nel Paese industrializzato che ha il divieto più severo contro l’uso della moneta liquida. In Germania, infatti, i pagamenti in contanti sono completamente liberi, mentre nel mondo anglosassone esistono dei limiti ben più alti del nostro: 10 mila dollari per ogni transazione negli Stati Uniti e 15 mila euro circa in Gran Bretagna. La Spagna ha adottato invece delle restrizioni abbastanza severe, fissando tuttavia un tetto massimo di 2.500 euro per le singole transazioni con cartamoneta, assai più alto di quello in vigore in Italia. Stesso discorso per la Francia, dove i pagamenti in contanti sono vietati sopra i 3 mila euro. Eppure, quando si parla di lotta all’evasione, il nostro Paese sembra aver ben poco da insegnare agli stranieri.
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Per rendersene conto, basta dare un’occhiata ai dati sull’economia sommersa nelle principali nazioni industrializzate, elaborati dal gruppo di ricerca internazionale Tax Justice Network. Secondo gli analisti di questa associazione, la quota di pil prodotta in nero in Italia si aggira attorno al livello record del 27%. Tra le grandi potenze globali, soltanto la Russia (43,8%) e il Brasile (39%) fanno peggio di noi, mentre le altre nazioni industrializzate ci seguono a distanza. In Spagna, il peso dell’economia in nero è al 22,5% del pil, in Germania al 16%, in Francia al 15%, in Gran Bretagna al 12,5% e negli Stati Uniti non arriva al 9%.
LA NORMA DEL GOVERNO MONTI HA RESO
L’ITALIA IL PAESE INDUSTRIALIZZATO PIÙ SEVERO
CONTRO L’USO DELLA MONETA LIQUIDA
Dunque, le stime degli analisti rivelano una realtà indiscutibile: i Paesi in cui le regole sulla tracciabilità sono più severe, come appunto l’Italia o la Spagna, hanno paradossalmente un’incidenza più alta dell’evasione fiscale. Quelli che hanno invece minori vincoli all’uso del contante, come la Germania o la Gran Bretagna, possono vantare una quota di economia sommersa ben inferiore alla nostra. Ecco, allora, che sorge spontaneo e immediato un interrogativo: ma serve davvero vietare l’uso dei contanti per le transazioni sopra i mille euro? In molti sono pronti a rispondere in coro di no e sperano che il premier-rottamatore, dopo averne visto i deludenti risultati, sia pronto a rottamare anche le severissime, e probabilmente inutili, disposizioni sulla tracciabilità.
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