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Istat: più di un’impresa su dieci pensa a ridurre il personale
Le indicazioni raccolte dall’istituto di statistica nel suo rapporto annuale. Problemi di liquidità per un’azienda su otto
Si prospetta un autunno caldissimo sul fronte dell’occupazione e della tenuta delle imprese in Italia. Sulla base delle indicazioni raccolte dall’Istat nel suo Rapporto annuale 2020, presentato alla Camera, a metà 2020 il quadro economico e sociale del nostro Paese si presenta eccezionalmente complesso e incerto. Al rallentamento congiunturale del 2019, rileva l’istituto nazionale di statistica, si è sovrapposto l’impatto della crisi sanitaria e, nel primo trimestre, il Pil ha segnato un crollo congiunturale del 5,3%. Le previsioni Istat stimano per il 2020 un forte calo dell’attività economica, solo in parte recuperato l’anno successivo.
In questo momento il problema del reperimento della liquidità tra le imprese è molto diffuso e questo potrebbe incidere fortemente sull’operatività delle stesse “qualora l’accesso a risorse esterne non fosse agevole”. Una stima dell’impatto del lockdown sulla liquidità di circa 800 mila società di capitale italiane (che rappresentano quasi la metà dell’occupazione e il 70% del valore aggiunto del sistema produttivo) indica che all’inizio della fase di graduale riapertura delle attività, a fine aprile, quasi due terzi delle imprese (circa 510mila) avevano, verosimilmente, liquidità sufficiente a operare almeno fino a fine 2020 mentre oltre un terzo sarebbe risultato illiquido o in condizioni di liquidità precarie. L’Istat sottolinea inoltre “che il crollo del fatturato a partire dal mese di marzo 2020 ha accentuato le difficoltà finanziarie delle imprese, ponendo sfide severe anche per quelle con una solida situazione economico-finanziaria”.
Di fronte a questo scenario, inevitabile pensare a una riduzione della forza lavoro. Sulla base di quanto rilevato dall’Istat, circa il 12% delle imprese sarebbe propensa a ridurre l’input di lavoro”.
Non manca un approfondimento sul lavoro da remoto, che ha tenuto in piedi diverse aziende durante il periodo di lockdown. Secondo l’Istat questa modalità di lavoro ha una ampiezza potenziale di 8,2 milioni di occupati (il 35,7%) in professioni che lo consentirebbero. A operare in condizioni ordinarie da remoto sono soprattutto le professioni nei comparti dell’informazione e comunicazione, delle attività finanziarie e assicurative e dei servizi alle imprese (con quote tra il 60 e il 90%). Il lavoro da casa è un’opportunità ma c’è il rischio, nota l’Istat, che il confine tra tempi di lavoro e tempi di vita diventi labile.
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