Connettiti con noi

Economia

Imprese: l’Italia ne ha perse 80 mila in 5 anni

architecture-alternativo Credits: © Vectorarte/Freepik

Sempre meno imprese in Italia. In cinque anni il nostro Paese ha perso più di 80 mila realtà, un numero che potrebbe essere stato anche maggiore, se non fosse per la crescita di imprenditoria di origini straniere. Secondo i dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, elaborati da Unioncamere-InfoCamere sulla base di Movimprese, a fine 2022 le imprese con una prevalenza di soci e/o amministratori nati al di fuori dei confini nazionali sfioravano le 650 mila unità, poco più del 10% dell’intera base imprenditoriale del paese (appena sopra i 6 milioni di unità).

La crescita dell’imprenditoria straniera in Italia

Negli ultimi cinque anni, l’imprenditoria straniera ha fatto segnare una crescita cumulata del 7,6% a fronte di un calo delle società di nostri connazionali del 2,3%. In termini assoluti, queste dinamiche non riescono a compensare la scomparsa di attività italiane: dal 2018 a oggi, le imprese di stranieri sono aumentate di 45.617 unità mentre le non straniere sono diminuite di 126.013 unità, cosicché il totale complessivo della base imprenditoriale del paese si è ridotto di 80.396 imprese.

Le differenze tra imprese di stranieri e imprese di italiani

Tra i due universi (imprese di stranieri e di italiani) restano ancora profonde differenze strutturali. Tra le prime, la forma largamente prevalente resta ancora quella dell’impresa individuale (74,1%) laddove per le attività degli italiani questa quota da alcuni anni è ormai scesa stabilmente sotto la soglia del 50%. Al netto dello stop imposto dalla pandemia, l’andamento dell’ultimo quinquennio fotografa un effetto di sostituzione molto forte tra nuova imprenditoria immigrata e presenza italiana in questa che è la forma più semplice d’impresa.

La seconda modalità organizzativa preferita dalle imprese è quella della società di capitali. Sebbene la loro presenza sia decisamente più numerosa tra le iniziative di italiani (dove superano la quota del 32%) che tra quelle di stranieri (dove si ferma al 18,4%), nel caso di queste ultime i cinque anni alle nostre spalle segnalano una vitalità più che marcata di questa forma d’impresa tra quelle di origine immigrata (+39,1% contro +6,3% delle attività degli italiani nel periodo considerato).

Confronto tra settori

Il confronto settoriale tra i percorsi delle società di stranieri e di nostri connazionali nell’ultimo quinquennio mette in evidenza differenze – anche notevoli – tra quello che accade a livello dei singoli comparti produttivi. In alcuni casi, l’espansione della base imprenditoriale di origini straniere contrasta una tendenza opposta delle imprese di italiani, riuscendo non solo a compensare le perdite di quest’ultima ma – in taluni casi – anche a far crescere l’intero segmento: come avviene nelle costruzioni (dove le realtà gestite da italiani perdono quasi 12 mila unità e le straniere aumentano di oltre 19mila) o nelle altre attività di servizi (in cui le imprese di italiani si riducono di 1.411 unità mentre le straniere crescono di quasi 6.800).

In altri casi, le imprese di stranieri seguono la tendenza delle imprese di italiani registrando però – nel bene e nel male – performance quasi sempre migliori. Laddove straniere e autoctone crescono, le prime fanno sempre meglio delle seconde, con le uniche eccezioni dei servizi alle imprese e della fornitura di energia. Quando invece la base imprenditoriale si restringe, le straniere mostrano una resilienza nettamente più marcata: come nel commercio, dove la riduzione delle imprese di italiani è del -6,3%, quella delle imprese straniere del -2,5%.

In altri casi si configura lo schema “a specchio” (con le straniere che aumentano mentre quelle di italiani si riducono) in cui, tuttavia, la dinamica delle straniere non è sufficiente a compensare la contrazione delle altre. È così per l’agricoltura, che nel quinquennio perde complessivamente 28.501 imprese e vede crescere le straniere di sole 3.037 unità (con variazioni del -4,3% delle italiane e +18,2% delle straniere). Ed è così anche per le attività manifatturiere, dove le imprese di italiani perdono 39.985 unità e le straniere ne recuperano appena 1.769 (-7,7% contro +3,8% a favore delle straniere).


Immagine in apertura di Vectorarte da Freepik