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Studi di settore caput, andrà meglio con le pagelle fiscali?

Dovevano facilitare la vita, hanno solo creato polemiche: gli studi di settore vanno in pensione per lasciare spazio a 150 Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa) che permetteranno in anticipo di sapere se si è a posto col fisco

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La scuola per i ragazzi è appena partita, mentre le aziende sono già pronte alle «pagelle» fiscali. Parliamo degli Isa, gli Indicatori sintetici di affidabilità che sostituiranno progressivamente 193 studi di settore. In queste ore si stanno definendo quelli per fiorai all’ingrosso, cartolerie (sempre all’ingrosso) e venditori al dettaglio di animali domestici, poi toccherà a apparecchi elettronici all’ingrosso, manifatture, chi lavora la plastica, porte e finestre per l’edilizia e riparazione di prodotti di gomma.

Prima della pausa estiva sono stati presentati alle associazioni di categoria i primi 14 indicatori, entro la fine di settembre ne arriveranno altri 24 a ottobre altri 13 e i restanti 21 saranno validati entro il 22 novembre prossimo. Per l’anno d’imposta 2017 saranno dunque 17 le nuove «pagelle fiscali» riferite al comparto servizi. L’obiettivo è quello di mandare in soffitta i vecchi studi di settore in tre anni con la possibilità di chiudere anche prima.

STUDI DI SETTORE CAPUT: TOCCA AGLI ISA

Gli Indicatori sintetici di affidabilità consentiranno in breve tempo a circa 4 milioni di partite Iva di avere un riscontro trasparente della correttezza dei propri comportamenti fiscali, con un “voto” di affidabilità/compliance su una scala da 1 a 10. Chi otterrà una valutazione alta sarà premiato. Insomma, gli Indici sintetici di affidabilità fiscale che permetteranno di sapere subito se si è a posto con il fisco. Non più caccia ai furbi, dunque, quelli che dichiarano ricavi inferiori a quelli medi della categoria di appartenenza. Il nuovo sistema si baserà sugli incentivi a rispettare le regole: e chi sarà in linea potrà ottenere subito l’esclusione o dalla riduzione dei termini per gli accertamenti.

RIVOLUZIONE MANCATA

In sostanza gli indicatori riuniscono la plausibilità dei ricavi, del valore aggiunto e del reddito, l’affidabilità dei dati dichiarati e le cosiddette anomalie economiche. La sintesi di questi dati dal 2008 al 2015, più affidabile degli studi di settore, rappresenterà il posizionamento di ogni contribuente in termini di affidabilità dei suoi comportamenti fiscali.

Gli studi di settore, strumento nato nel 1993 per valutare il ricavo presunto di imprese, autonomi e professionisti, è stato rivisitato più volte negli anni, ma ha sempre creato polemiche. Alla base, infatti, c’era la presunzione di poter indicare quanto dovrebbe guadagnare un’azienda di certe dimensioni in un determinato luogo, senza tenere conto di contingenze e variabilità.