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Crisi Irlanda: via ai colloqui con team Ue, poi gli aiuti

Domani l’incontro a Dublino con un gruppo di esperti nelle crisi del Fondo monetario internazionale, della Commissione Ue e della Banca centrale europea. L’Europa è pronta, il governo irlandese temporeggia. Tremonti: “Prima è meglio è, altrimenti bruciamo tutti”

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L’Irlanda è pronta a chiedere ufficialmente gli aiuti all’Unione europea per far fronte alla crisi all’interno del proprio settore bancario, ma non prima di aver concluso i negoziati con il team di esperti della Banca centrale europea, della Commissione Ue e del Fondo monetario internazionale. L’incontro tra Irlanda e la “task force” anti crisi è previsto per domani anche se il primo ministro Brian Cowen ha dichiarato di non aver alcuna intenzione di “rivelare la posizione negoziale del Paese” e che non “violerà” il carattere confidenziale dei colloqui con il team di esperti, che ricalca quello inviato ad Atene nel corso della crisi greca. L’Europa, intanto, non aspetta che il via libera per sbloccare gli aiuti, ovvero il Fondo salva-Stati. Questo pomeriggio il presidente di turno dell’Ecofin, Didier Reynders, ha ribadito che l’Unione è pronta ad agire e attende solo la richiesta da parte del governo di Dublino. “Con la Grecia ci volle tempo per creare gli strumenti di intervento – ha spiegato Reynders –. Adesso gli strumenti ci sono, siamo pronti ad usarli”.

Tremonti: “Prima è meglio è”Tra chi spera in una rapida soluzione dell’operazione Irlanda è il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Per il ministro italiano è nell’interesse di tutti salvare l’Irlanda, perché “se la casa del vicino brucia, dobbiamo dargli l’estintore, altrimenti brucia anche la nostra”. Al termine della riunione dell’Ecofin, Tremonti ha sottolineato come in queste ore “stia venendo fuori la convinzione che è convenienza di tutti intervenire” a sostegno dell’Irlanda. “Avrei fatto interventi diversi – aggiunge –, la vera soluzione sarebbe stata la nazionalizzazione delle banche, invece sono state nazionalizzate le perdite, per cui ora ci troviamo con banche ricche e stati poveri”.