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Cgia, crescita scarsa. Rispetto al 2017, meno Pil, consumi e investimenti

Colpa soprattutto del calo dei consumi delle famiglie e del crollo degli investimenti pubblici e privati

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Banca d’Italia ha deciso di rivedere al ribasso le stime sulla crescita per il 2019 e la cosa ha fatto imbufalire il vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio. Ma tant’è. E la Cgia di Mestre rincara la dose. Se Bankitalia ha tagliato le previsioni sulla crescita dall’1 allo 0,6%, l’Associazione degli artigiani è più positiva, ma comunque ha stimato che per quest’anno non andremo oltre lo 0,8% di crescita. Del resto, dall’economia reale e dalle sue possibili evoluzioni arrivano non poche preoccupazioni. Nonostante la distensione sui titoli di Stato e i più rassicuranti livelli dello spread, che sono simili a quelli di settembre, non lasciano tranquilli il ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese, le prospettive di rallentamento del commercio mondiale e i dati sfavorevoli sull’attività economica osservati nell’ultima parte del 2018. Non solo. Dall’analisi della Cgia risulta che “rispetto l’anno ante-crisi (2007) dobbiamo ancora recuperare 4,2 punti percentuali di Pil e ben 19,2 punti di investimenti”. Colpa principalmente del calo dei consumi delle famiglie, che rappresentano il 60% circa dell’intera ricchezza prodotta dall’Italia ogni anno, e del crollo degli investimenti pubblici e privati.

Per la Cgia i segnali di crescita sono troppo deboli

Rispetto a 10 anni fa, una delle poche note positive è quella che riguarda l’occupazione, aumentata dell’1,7%, tanto che lo scorso anno gli occupati erano 23,3 milioni, contro i 22,9 del 2007. Bene anche l’export, cresciuto del 13,9%. Ma tutte le altre voci sono negative. Il tasso di disoccupazione è passato dal 6,1% al 10,5% del 2018 (dato ancora ufficioso). Le ore lavorate sono crollate: tra il 2007 e il 2017 il monte ore è sceso a 43,2 miliardi. In questi anni, inoltre, si è registrato un vero e proprio boom dei contratti a termine, cresciuti di un quarto nel raffronto col pre-crisi. E, ancora, le spese delle famiglie sono calate di 1,9 punti e il loro reddito disponibile di 6,8 punti. “Sebbene negli ultimi cinque anni il Pil sia tornato a crescere, il risultato è presto detto: rispetto l’anno pre-crisi siamo meno ricchi, sono franati gli investimenti, spendiamo meno e abbiamo più disoccupati” ha commentato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo. Tuttavia, per quest’anno si prevede un incremento dell’1,9% degli investimenti, dell’1,1% dei consumi delle famiglie e del 2,9% delle esportazioni.