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Caos Libia, per l’Italia in gioco 12 miliardi di euro

È la somma annuale di import ed export tra i due Paesi. Siamo il principale partner commerciale libico, non solo per il petrolio. Eni, UniCredit, Prysmian, Sirti, Ansaldo, Finmeccanica e Impregilo, quest’ultima rischia il contraccolpo più grave in Borsa…

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L’allarme sbarchi sottolineato al Tg1 dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, è solo uno dei problemi che la guerra civile in Libia solleva per l’Italia. Il nostro Paese è il principale partner commerciale di Tripoli, come sottolineato da un servizio del TgLa7 a firma di Francesca Roversi. Ogni anno tra i due Stati transitano 12 miliardi di euro tra import ed export. L’energia italiana dipende per buona parte dalla Libia dalla quale proviene circa il 24% del petrolio importato in Italia. Il Paese nordafricano esporta infatti su territorio italiano quasi esclusivamente petrolio greggio (67,3% dell’export totale verso il nostro Paese), gas naturale (18,4%) e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (12,3%). Questo fa della Libia il nono Paese fornitore dell’Italia e dell’Italia il primo cliente della Libia. Stando ai dati dell’Ice, tra gennaio ed ottobre 2010 le importazioni di greggio dalle coste libiche a quelle italiane sono ammontate in valore a 6,4 miliardi di euro, in aumento del 19% rispetto allo stesso periodo del 2009. Per quanto riguarda il gas, l’import in Italia è invece ammontato a 1,7 miliardi, in calo del 24%.

Da Eni a Impregilo, le aziende legate a doppio filo con la LibiaNell’antica Cirenaica e nella Tripolitania romana la sola Eni produce giornalmente 108 milioni di barili sui 1853 prodotti ed estrae la metà del gas libico. Ma nell’ex colonia italiana non c’è solo il colosso energetico che in Borsa ha vissuto i contraccolpi del “terremoto magrebino”. Prysmian, Sirti, Ansaldo operano in Libia, ma soprattutto Finmeccanica e l’azienda di costruzioni Impregilo che con il regime di Gheddafi è impegnata in opere infrastrutturali per circa 1 miliardo di euro grazie anche all’accordo di amicizia siglato da Berlusconi con il colonnello nel 2008. Non a caso in Borsa Impregilo ha perso oltre il 6% ed è destinata, sottolinea il servizio del TgLa7 “a essere probabilmente la realtà italiana più colpita dai sommovimenti libici”. Ma anche i libici hanno giocato e giocano le loro carte con partecipazioni importanti nelle società italiane come la Juventus, la stessa Eni e UniCredit. Qui il fondo sovrano Libyan Investment Authority e la banca centrale libica detengono insieme il 7,5% del gruppo bancario. Cosa che fece gridare la scorsa estate alla presunta scalata libica innescando l’uscita dell’amministratore delegato, Alessandro Profumo. Di proprietà libica è anche l’azienda petrolifera Tamoil che in Italia si aggiudica quasi l’8% dei consumi petroliferi e il 5% della raffinazione.