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Attualità

Più reale del reale

Si chiama AR (augmented reality) ed è la sovrapposizione di livelli informativi: realtà, elementi multimediali, informazione e interattività. Un mondo parallelo e invisibile che solo una telecamera può rivelare. Il Cyberpunk l’aveva previsto!

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Chissà che effetto fa ai moderni utenti delle tecnologie più avanzate scoprire di essere cyberpunk, o di trovarsi immersi fino al collo nel Metaverso. Non è la prima volta che la fantascienza “ci azzecca” in tempi non sospetti, o che guida addirittura la ricerca in determinate direzioni. Il termine Cyberpunk nasce all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso come sottogenere della fantascienza, tra i titoli più famosi Mirrorshades di Bruce Sterling e Neuromante di William Gibson, in cui nascono le teorie del Matrix e dei cambiamenti sociali legati all’evoluzione tecnologica e all’integrazione dell’uomo con il digitale. Il Metaverso è più recente (Neal Stephenson in Snow Crash, 1992), e indica “una realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar”, a cosa vi fa pensare? Ad esempio ai giochi di ruolo online Mmorpg e ai vari Second Life e altre applicazioni di realtà virtuale. Ma il successo della realtà simulata non è costante, secondo il teorico Jaron Lanier (che per primo ha parlato di realtà virtuale realizzando i primi esperimenti, e che l’anno scorso ha scrittoYou Are Not a Gadget, interessante analisi sulla creatività umana nell’epoca “smart”) essa ha un ciclo di popolarità che si ripete, per cui torna in auge ogni tre o quattro anni. Quello che è più interessante nel panorama odierno è il filone di ricerca sulla realtà aumentata, un avanzato sistema di grafica interattiva che integra il mondo reale con quello virtuale, in modo che la realtà come la percepiamo può essere arricchita di contenuti digitali, multimediali e interattivi. Pensiamo al videogame inventato per la PSP, Invizimals: delle semplici figurine di carta hanno dei codici stampati che sono riconoscibili dalla videocamera, e inquadrandoli ne fuoriescono magicamente dei personaggi interattivi. L’anno scorso sono stati organizzati degli eventi social che facevano ricorso all’AR (augmented reality) che hanno richiamato i possessori di iPhone in particolari quartieri delle città a caccia di “fantasmi”, invisibili all’occhio umano ma non a quello dell’iPhone. In Giappone i ragazzini “taggano” dei luoghi reali per lasciarsi dei messaggi privati, in Olanda la usano per ritrovare la macchina parcheggiata! Molti monumenti e musei in varie città del mondo sono già stati “aumentati” con informazioni culturali e turistiche su database che aspettano solo di essere consultati. Una volta esclusiva del mondo militare, medicale e della ricerca accademica, oggi l’AR è diventata di uso (potenzialmente) comune grazie all’evoluzione tecnologica.

Tutti gli smartphone di nuova generazione e i tablet che abbiamo visto al Mobile World Congress di Barcellona, ad esempio, sono veicoli di augmented reality: basta avere una videocamera, un sistema di geolocalizzazione GPS, e… una bussola! E naturalmente le applicazioni giuste.

Molto c’è ancora da fare, ad esempio creare i contenuti aggiuntivi da spargere in tutto il mondo, ma le potenzialità sono impressionanti e possono servire a mille scopi. Darà un certo sollievo agli esploratori sapere che in un’epoca in cui il Pianeta non ha più segreti, ora che tutto è stato scoperto, si può ricominciare daccapo ad esplorare il mondo col telefonino…

Ed ecco alcuni esempi di cosa si può già fare in augmented reality

Questa è un’app di traduzione… ma al momento funziona solo con testi brevi, facili e in stampatello:

Kia ha studiato una campagna in realtà aumentata visualizzabile sia sulla stampa tradizionale che in televisione, e compatibile sia con iPhone che con gli Android:

Wikitude World Browser è forse l’applicazione più completa, una delle più scaricate dall’Android Market nel 2010:

E infine la presentazione di Layar, il pioniere olandese della realtà aumentata:

La banale realtà non ci basta più, ma occhio a non perdere il lume della ragione e, come ammonisce lo stesso inventore della realtà virtuale Jaron Lanier, “a non dimenticare che la creatività individuale è sempre migliore di qualsiasi tecnologia”.