Gusto
L’Acciuga: il ristorante che porta il mare a Perugia
Così lo chef Marco Lagrimino ha conquistato la stella Michelin
Tra le sorprese più piacevoli del 2021 c’è la stella Michelin a L’Acciuga di Perugia, un ristorante di mare (ma non solo) in una città e una regione poco frequentate dall’alta critica internazionale. L’impresa ha visto protagonisti lo chef Marco Lagrimino in cucina e in sala sua moglie, Nadia Moller, e il direttore Luca Caputo, patron insieme a Simone Farinelli della catena Testone. Lagrimino è un gran viaggiatore e per ogni tappa ha raccolto materie prime e tecniche nuove, che ora è in grado di fondere in piatti gustosi e ricercati, che esaltano la tradizione di sapori umbra e italiana.
Portare il mare in città è una sfida…
Cambia il rapporto con la clientela, che qui è più scettica. È un lavoro iniziato da tempo, che stiamo completando affiancando verdura e carni tipiche del territorio. Il nostro pesce proviene sia dall’Adriatico che dal Tirreno, con approvvigionamento continuo da Terracina (Lt) e dalla Sardegna. Cerchiamo di lavorare quasi solo su pescato e introdurre novità come le vongole sarde, alcune varietà ricercate di ricci di mare e i gamberi del Trasimeno.
Gli ingredienti umbri sono sempre più importanti nella sua cucina, quali l’hanno colpita di più?
Cito la Fagiolina del Trasimeno, un fagiolo molto dolce, che cuoce in poco tempo e con poco ammollo, che ho usato come base per il Calamaro scottato. Altro ingrediente importante è il lardo di “cinturino”, razza suina autoctona di Orvieto, simile alla Cinta Senese: lo usiamo come mattonelline su risotto ai ricci di mare e finisce su un tappeto di rapi del Trasimeno estratti a crudo. Usavo anche la roveja, pisello antico scuro per niente facile da lavorare, ma di grande soddisfazione per quel suo sapore unico.
Quali sono i pesci dal gusto più inconsueto che andrebbero riscoperti?
La gallinella di mare è uno spettacolo e se è di bella taglia non bisogna per forza usarla per fondi e salse. Il cappone è un’altra specie che dà molte soddisfazioni, così come il morone o ricciola di fondale. Nel nostro menu il trancio di pescato varia in base a quello che troviamo e ogni volta cerchiamo di esaltarlo al meglio.
Una domanda per Nadia: cosa potrebbero imparare dalla nostra accoglienza all’estero e quali aspetti dovremmo invece importare in Italia?
N.M.: L’accoglienza italiana non ha eguali. L’arte di prendersi cura dell’ospite, il calore umano e la capacità di far sentire a casa il cliente è propria della nostra penisola ed è un elemento che siamo riusciti a esportare molto bene. Dall’estero dovremmo imparare tecniche e modalità operative più efficienti a livello manageriale: c’è attenzione a bilancio, investimenti ed equilibrio della proposta che a noi spesso manca.
Quali sono gli abbinamenti più riusciti con vini e cocktail?
N.M.: La carta dei vini è un lavoro in tandem tra me, esperta di vini classici, e Luca Caputo, grande gourmet in cerca di nuovi ingredienti e appassionato di vini naturali. Un abbinamento perfetto è risultato un Muscadet della Loira con Molluschi, brodetto di nocciole e lemon grass, così come una Tartare di manzo con carne frollata trenta giorni abbinata ad un Franciacorta Rosé. Tra i naturali umbri, si sono distinti alcuni rosa da sangiovese e rifermentati e vini a base trebbiano spoletino. La proposta dei cocktail è piccola, ma centrata. Ormai è diventato un classico il “Chinotto” creato nel 2016 a Firenze al Number Nine, con Amaro al rabarbaro, sweet ‘n’ sour e succo di mela, un passe-partout per tanti nostri piatti.