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Sostenibilità

Fondazione Sant’Orsola: l’unione fa la forza

Appena nata, la Fondazione Sant’Orsola ha subito dovuto affrontare l’emergenza Coronavirus. Lo ha fatto dimostrando forza e spirito d’iniziativa, grazie alla stretta collaborazione dei volontari e al loro coraggio

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Una realtà giovane, eppure già un riferimento. La Fondazione Sant’Orsola è nata nel 2019, a Bologna, e a distanza di pochi mesi si è ritrovata a fare i conti con la pandemia. Di fronte a casi di contagio da coronavirus in continuo aumento, il presidente Giacomo Faldella ha scelto di rimboccarsi subito le maniche. «Dobbiamo fare qualcosa di importante», ha riferito ai suoi collaboratori. Una spinta che è arrivata spontanea e non solo perché l’ente agisce in una delle regioni italiane più colpite nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria, l’Emilia-Romagna.

È una realtà particolare, la Sant’Orsola: è ciò che Faldella definisce una «fondazione di partecipazione». È la prima in Emilia-Romagna “alleata” di un ospedale pubblico, il Policlinico Sant’Orsola di Bologna. «Non potevamo certo stare a guardare, mentre il numero dei malati aumentava», è stata la molla che ha trasformato l’intenzione in azione. Che si è manifestata nel progetto Più forti insieme, una raccolta fondi a sostegno degli ospedali del capoluogo emiliano e degli operatori sanitari partita lo scorso marzo. Risultato immediato: in pochi giorni raccolti quasi 2 milioni di euro. Tanto da convincere Faldella a parlare di un «fiume di generosità», che ha coinvolto donatori come banche, aziende, ma anche personaggi di spicco dello spettacolo e della società italiana: tra questi Vasco Rossi, l’ex ministro Federica Guidi e l’architetto Mario Cucinella.

Oggi, a distanza di un anno, il bilancio parla di un progetto riuscito tanto negli intenti quanto nei numeri. «Il 16 marzo dello scorso anno», ricordano dalla Fondazione Sant’Orsola, «abbiamo ospitato in albergo il primo infermiere che non voleva tornare a casa per paura di contagiare i familiari, da lì non ci siamo più fermati: in tre mesi abbiamo offerto 18.478 pernottamenti gratuiti in albergo anche a dipendenti e neoassunti arrivati per aiutare a gestire l’emergenza». Una settimana dopo, con i sistemi delle catene di grande distribuzione bloccati, «abbiamo consegnato grazie ai volontari e a una rete di partner costruita per l’occasione la prima spesa a casa, a cui ne sono seguite altre 822. Durante il lockdown abbiamo anche offerto 681 voucher da mille euro per babysitter, badanti e colf, preso in affitto 15 bilocali per accogliere il personale contagiato che non poteva vivere l’isolamento a casa, garantito oltre 15 mila corse in taxi a un euro, risposto a 342 richieste di aiuto per la vita quotidiana».

L’attività della fondazione bolognese non si è concentrata, però “solo” sui servizi a sostegno di medici e infermieri: spicca l’acquisto di attrezzature sanitarie per gli ospedali – ecografi portatili, sistemi di monitoraggio e letti per le terapie intensive – con una spesa di circa un milione di euro solo nella prima fase dell’epidemia. Nella seconda, a partire da fine ottobre, la Fondazione Sant’Orsola è ripartita con servizi per il personale ospedaliero come gli alloggi gratuiti in albergo e i taxi a un euro, aggiungendone di nuovi: uno di questi è la creazione di uno spazio bimbi per accogliere i figli dei dipendenti dell’ospedale. «Per i pazienti provenienti da fuori regione», chiarisce la realtà bolognese, «abbiamo attivato un progetto di accoglienza gratuita in alberghi convenzionati e in bilocali presi in affitto per ospitare in isolamento chi, avendo fatto il tampone, deve aspettare l’esito e solo se sarà negativo potrà essere ricoverato, oppure per consentire alle persone di rimanere a Bologna prima del ricovero per visite ed esami, durante le terapie, e dopo il ricovero per i controlli necessari. Abbiamo già ospitato oltre 600 pazienti con i loro familiari». In più i volontari dell’ente – oltre 120 – da maggio 2020 hanno donato 10 mila ore per gestire i checkpoint in cui, negli atri dell’ospedale, si controlla la temperatura, si fanno igienizzare le mani e si distribuiscono mascherine.

È una solidarietà concreta, quella della Fondazione Sant’Orsola. Che nasce da un’idea condivisa anche da otto grandi aziende del territorio – dal colosso agroalimentare Granarolo alla Faac, multinazionale dei cancelli automatici, passando per Sirio, Illumia, Day, Iema, Iba Spa, Open Group cooperativa – che hanno scelto di essere parte attiva di un ente non profit, il cui legame con la struttura ospedaliera ha l’obiettivo di «innalzarne ulteriormente la qualità delle cure e dell’assistenza per il bene della comunità intera». Non solo quella locale, se si considera che il policlinico Sant’Orsola è un’eccellenza sanitaria riconosciuta a livello nazionale e internazionale.

La Fondazione è il risultato di un fare tipico emiliano-romagnolo, quella capacità di fare squadra – in questo caso attraverso il coinvolgimento di nove soggetti economici, le otto imprese e la Banca di Credito Cooperativo Felsinea – che contraddistingue tanto il tessuto economico quanto quello sociale. Ma come nascono le iniziative che vedono la Fondazione in prima linea? «Tutto parte dalla co-progettazione, cioè la condivisione e la valorizzazione di ogni esperienza». In sostanza si ascolta la voce di chi si trova nelle corsie dell’ospedale, di coloro che lì si curano o assistono familiari malati. «Questo ci permette di fare in modo che i progetti rispondano a esigenze reali e a necessità concrete» spiegano. «Un orgoglio è il fatto che il 100% delle donazioni vada a sostenere le iniziative di solidarietà». Con un funzionamento preciso: le aziende del territorio si impegnano a versare una quota annuale che finisce nel fondo di gestione «proprio per garantire che tutte le donazioni possano andare direttamente a sostegno dei progetti».

Fondazione Sant’Orsola oltre il Covid-19

Emergenza coronavirus a parte, la Fondazione Sant’Orsola è impegnata in diverse iniziative che non si sono mai fermate. Una delle più importanti riguarda lo studio di marcatori tumorali che possano predire in anticipo l’efficacia delle cure intensificando quelle potenzialmente più efficaci. Tra i progetti spiccano anche Al Sant’Orsola come a casa, ovvero un centro per il benessere dei ricoverati nel padiglione con più posti letto con servizi di barbiere, parrucchiere, estetista e podologo, e Lo spazio che cura per sostenere il reparto di oncologia più grande dell’Emilia-Romagna, quello diretto dal professore Andrea Ardizzoni in cui vengono ricoverati ogni anno oltre 900 degenti e 1.800 pazienti in day hospital. «In settembre», raccontano dalla Fondazione, «abbiamo inaugurato il day hospital oncologico ristrutturato grazie ai fondi raccolti con l’asta delle luminarie di Lucio Dalla prima della pandemia (nel 2018, in centro a Bologna, sono stati esposti i versi di L’anno che verrà, ndr)”. Per il progetto Seguimi sono stati raccolti 256 mila euro, «che permetteranno di acquistare un lettino digitale, prodotto da una multinazionale canadese, per rendere la radioterapia più efficace e sicura soprattutto per i pazienti pediatrici», mentre l’iniziativa Guarda come cresco è andata avanti anche durante il lockdown con lo spostamento online della logopedia per i bambini 0-6 anni con sindrome di Down. Da dicembre è stata lanciata una campagna di raccolta fondi per portare a Bologna un’attrezzatura sanitaria (valore 274.500 euro) capace di aumentare il numero dei trapianti cardiaci, mantenendo battente il cuore per otto ore anche dopo la donazione ed evitandone il deterioramento che oggi rende tanti organi – soprattutto di donatori anziani – non più trapiantabili (progetto Mi batte forte il tuo cuore).

E ancora: per tutti i pazienti che nel 2021 saranno ricoverati al Sant’Orsola per più di una settimana, grazie a un accordo con il Gruppo Mondadori e al sostegno di Bper e Unipol, sono state stampate 24 mila copie di tre romanzi (Martin Eden di Jack London, La casa in collina di Cesare Pavese, Emma di Jean Austen, 8 mila copie per ognuno dei tre classici): chi resterà in ospedale per oltre 7 giorni, riceverà in omaggio un libro. Diversi i progetti in corso, ma anche i modi per sostenere la Fondazione: dalla donazione classica, singola o continuativa, a quelle in memoria di una persona scomparsa o per le singole iniziative. E le aziende possono diventare “amiche” dell’ente, attraverso una raccolta fondi tra i propri dipendenti o con donazioni di beni e servizi. Perché è forte il legame con il territorio di riferimento, per un modo di fare che è apprezzato anche fuori dai confini regionali e nazionali: anche per questo tra i donatori di Più forti insieme figura Alpargatas, gruppo proprietario del brand brasiliano Havaianas. Insomma, ha meno di due anni di vita, la Fondazione Sant’Orsola, ma ha già affrontato prove importanti con una certezza: quel fiume di generosità continuerà a scorrere.

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Con l’iniziativa Più forti insieme, nel marzo 2020 sono stati raccolti in pochi giorni quasi 2 milioni di euro a sostegno degli ospedali del capoluogo emiliano e degli operatori sanitari