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Facebook consiglia: dimenticate le best practice
Viviamo in un mondo in cui continuare a sperimentare è la strada maestra per raggiungere il successo. Vale per le start up, così come per le multinazionali. Il celebre social network, che compie i suoi primi 15 anni, insegna. Il Country Director Luca Volombo: «Qui sono cambiate tante cose, ma la filosofia è rimasta la stessa e non abbiamo paura di sbagliare»
Ripensate alla primavera 2004. Digitalmente parlando, sono passate ere geologiche. Il primo iPhone, che avrebbe rivoluzionato il mercato della telefonia mobile, era solo nella mente di Steve Jobs, mentre Nokia aveva appena scalzato Motorola come leader di mercato dei cellulari. In Italia si iniziava ad acquistare online, anche se il vero e-commerce sarebbe arrivato qualche anno più tardi. È in questo scenario che viene posto un pilastro della comunità ed economia digitale che conosciamo oggi. «Cosa ricordo di quel periodo? Una cosa mi è rimasta impressa: leggevo ancora le mail soltanto da Pc, lo smartphone di allora non era così fruibile come lo è oggi». A parlare è Luca Colombo, Country Director di Facebook Itaia, divisione del social network lanciato da Mark Zuckerberg il 4 febbraio 2004 e che, 15 anni più tardi, ha superato i 2,2 miliardi di utenti nel mondo e gestisce – in maniera sempre più integrata – anche Instagram, WhatsApp e Messenger. «Inizialmente era pensato solo per l’università, quindi per una platea differente», ricorda Colombo, «ma la mission è rimasta la stessa, quella di creare un mondo sempre più aperto e connesso».
In Italia Facebook ha registrato un boom di iscrizioni nel 2008. Come lo ha trovato quando ne ha assunto la guida, nel 2010, e come lo vede oggi?In Italia eravamo una piccola realtà. Lavoravamo in un ufficio condiviso con poche persone. Oggi siamo decisamente di più e con un headquarter dedicato. Era un mondo diverso, ma anche il ruolo di Facebook è cambiato: ai tempi era considerato più un divertimento che uno strumento di business. Oggi alla piattaforma accedono 31 milioni di italiani, di cui 25 milioni ogni giorno. Le sfide che abbiamo davanti sono notevoli e non riguardano solo il far conoscere il nostro potenziale alle aziende, ci rivolgiamo anche alle istituzioni, alle persone e alle ong. In Facebook sono cambiate tante cose, ma la sua filosofia è rimasta coerente. I valori dell’azienda, quei move fast, focus on impact, be bold, piuttosto che build social value, valori facilmente interpretabili per una start up, sono applicabili anche oggi, nonostante il gruppo conti più di 30 mila persone. In 15 anni la cultura non è cambiata per niente anche grazie all’imprinting di Mark (Zuckerberg, ndr). L’azienda si muove davvero velocemente, impara moltissimo dagli errori e non ha paura di sbagliare, sebbene ci sia una maggior consapevolezza della responsabilità che Facebook ha. Stiamo scrivendo un nuovo mondo e gli errori sono inevitabili.
Di recente ha affermato che in Facebook si vive un po’ “alla giornata”.Diciamo che la nostra strategia è un mix tra il “vivere alla giornata” e una visione di lungo periodo, che va da qui a dieci anni. Grossi investimenti su alcuni macrotrend vanno fatti oggi per obiettivi dai quali non possiamo sottrarci: realtà virtuale e aumentata, intelligenza artificiale e connettività nelle zone del mondo ancora oggi non coperte da Internet. Facebook e Instagram, ma anche WhatsApp e Workplace sono invece prodotti che analizziamo nel medio termine. Viviamo alla giornata nel senso che ci affidiamo moltissimo alla sperimentazione, lanciando funzionalità e servizi rivolti a un numero ristretto di persone e ascoltando i loro feedback. E dalla continua interazione con loro nascono progetti che non avremmo pianificato. Un esempio? Le stories, i contenuti che si postano e scompaiono in 24h, sono state lanciate due anni fa su Instagram, hanno riscosso un grande successo e un anno fa sono diventate anche una fonte commerciale.
Tra i vostri obiettivi c’è quello di colmare in Italia il gap di competenze digitali.Per noi uscire dalla pura relazione con le aziende è un imperativo, perché Facebook ha un ruolo che va al di là della parte commerciale, e quello delle digital skill è un tema fondamentale. È altrettanto importante far comprendere che possedere competenze in ambito digitale non significa saper sviluppare un’app o imparare a gestire un software di analisi dei dati, ma comprendere come la tecnologia possa essere un’opportunità.
È la mission del vostro Binario F, spazio che a Roma offre gratuitamente corsi e attività per migliorare le conoscenze digitali.Si tratta di un investimento importante per noi, della durata di almeno due anni. Non dico che sia la punta dell’iceberg, ma è il risultato di una serie di iniziative portate avanti in passato: dal più recente Fed – Forum dell’economia digitale a Boost Your Business, dove abbiamo raggiunto 8 mila aziende in 14 città, fino a #SheMeansBusiness dedicato al sostegno all’imprenditoria femminile (4 mila le donne raggiunte solo nel 2018, ndr). Binario F ha una forte accezione sull’area di Roma, ma non è che un punto di partenza per le iniziative che si sviluppano sul territorio. Sarà, inoltre, il punto nevralgico al quale agganciare tutti i progetti futuri.
È stato inaugurato a ottobre, si può già fare un primo bilancio?Si rivolge a otto tipi di audience, praticamente un po’ a tutti: dalle istituzioni alle università, dal business al privato, dalle ong agli studenti. A oggi, sono stati realizzati più di 110 eventi e sono state formate 7.600 persone. E non parliamo di webinar, ma di corsi di formazione in presenza. Le categorie più coinvolte sono studenti e aziende, ma anche migranti. È chiaro che la macchina è in partenza, ma presenta già buoni risultati.
Se ne parla tanto, ma il digitale è davvero al centro delle strategie delle imprese?C’è stato un cambio di passo, c’è molta più attenzione anche ai vertici delle aziende. Una sensibilità che deriva dal fatto che ormai tutti quanti abbiamo uno smartphone, mentre prima si faceva più fatica a recepire i messaggi da chi indicava una strada diversa da intraprendere. Oggi il cellulare è nelle mani di tutti e, secondo il Censis, WhatsApp è utilizzato dalla quasi totalità di chi possiede uno smartphone. Nel momento in cui si comprende quanto la messaggistica sia pervasiva, ci si rende conto di quanto tempo si spenda sul device e quanto dipendiamo da esso. È un punto di vista importante anche per le aziende. C’è quindi più consapevolezza nello strumento, ma non sempre una conoscenza chiara su come adoperarlo. Si torna un po’ al discorso di prima: la sfida è comprendere come Internet of Things, mobile a app possano essere funzionali al mio business. Non è necessariamente detto che con un’app io possa servire meglio i miei consumatori.
Cosa avete imparato dalle aziende italiane che lavorano con voi?Ci sarebbe davvero tanto da dire! Per esempio, direi che le pmi, con una catena di comando più breve e muovendosi più velocemente di realtà più grandi, sono più foriere di idee. Sono capaci di sorprenderci utilizzando la nostra piattaforma in maniera davvero creativa, in linea con le policy ma in modalità che non avremmo immaginato. È il caso di WhatsApp for Business, servizio che permette alle imprese di avere una presenza sull’app più curata dal punto di vista dell’immagine e risposte automatizzate. Il servizio è figlio dell’esperienza di alcune aziende, che avevano iniziato a utilizzare WhatsApp per interagire con i clienti. Un secondo aspetto è che la velocità fa la differenza. Spesso ci imbattiamo in aziende che non hanno paura di sbagliare e sperimentano costantemente, sono quelle che hanno maggiore successo. Viviamo in un mondo in cui è difficile basarsi sulle best practice: quello che funziona oggi non è detto che funzionerà domani e viceversa. Continuare a sperimentare e sbagliare fa un po’ parte di questo mondo.
Da tempo su Facebook sono presenti campagne di raccolta fondi per attività non profit. Un domani le aziende potranno attivare campagne di crowdfunding?A oggi non è previsto. Invece, per il ruolo che vogliamo Facebook abbia, il donate button è fondamentale. Le aziende possono creare delle raccolte fondi a fini solidali, ma non è il crowdfunding inteso come lo conosciamo oggi. Le raccolte fondi sulla piattaforma stanno registrando numero importanti, con oltre un milione di ong che utilizzano Facebook a questo scopo e già qualche mese fa avevamo raccontato come in un solo anno i nostri strumenti di beneficienza avessero permesso di raccogliere un miliardo di dollari nel mondo.
Si parla di spot su WhatsApp, c’è chi afferma debutteranno a breve.Al momento il focus è sulla crescita degli utenti. Le funzionalità che stiamo rilasciando in questo periodo hanno l’obiettivo di rendere il servizio più fruibile e veloce. Da un punto di vista di business, ci sono sperimentazioni che vanno in direzione delle notification, cioè la possibilità di utilizzare la piattaforma per le notifiche sugli acquisti o la consegna dei pacchi. È in fase di test anche l’utilizzo dell’app come customer service per aziende e la P.A.. La pubblicità, invece, non sarà inserita nelle chat, mentre il discorso è diverso per le stories. Ma a oggi non c’è ancora niente. Anche per Instagram siamo in fase di continua ottimizzazione del prodotto esistente. L’obiettivo è far sì che l’investimento dia un ritorno sempre maggiore per le aziende.
Qualche anticipazione sul prossimo Forum dell’economia digitale organizzato con i Giovani imprenditori di Confindustria?Tornerà sicuramente tra giugno e luglio a Milano. Stiamo lavorando alla finalizzazione degli speaker e del tema generale. Il fil rouge sarà sempre quello di raccontare le opportunità digitali da aziende che non vivono in questo settore. Cercheremo di portare sul palco speaker dal mondo dell’automotive, dell’arte, dello spettacolo, del food e della politica, tutti accomunati dall’esperienza digitale.
Come vede i prossimi 15 anni?Difficile fare previsioni. Sicuramente tematiche come A.I., realtà virtuale e aumentata inizieranno ad avere effetti importanti. Cambieranno, ad esempio, il modo in cui far vivere l’esperienza in un punto vendita, ma miglioreranno anche le diagnosi in campo medico. Oggi, però, stiamo toccando solo la superficie delle possibilità, per questo non mi piace se ne parli già così tanto. Gli investimenti in questo settore vanno da qui ai prossimi dieci anni, aspettarsi un ritorno oggi… è un problema. Ragionando più a medio termine, ritengo che la messaggistica istantanea – WhatsApp o Messenger per noi, ma anche altri servizi come WeChat e Viber – sarà il nuovo punto di ingresso a Internet.
*Intervista pubblicata sul numero di Business People, aprile 2019
Credits Images:Alla guida di Facebook in Italia dall’ottobre 2010, Luca Colombo ha una laurea in Ingegneria al Politecnico di Milano e un passato in Microsoft